Bimba morta: a confronto madre e convivente
Bimba morta: a confronto madre e convivente LEI: L'HO LASCIATA CON ANTONIO POCHI MINUTI, STAVA BENE. LUI: L'HO VISTA CON SUA MAMMA IN BAGNO Bimba morta: a confronto madre e convivente Roberta Martini VERCELLI «Matilda ha vomitato, io l'ho lasciata con Antonio per lavare e stendere le lenzuola: cinque-dieci minuti, stava bene. Quando sono rientrata non respirava più». «Dormivo, ho visto Matilda che stava male in bagno con la sua mamma». Cinque ore dì interrogatorio, un breve confronto, due posizioni che non cambiano. E a sera gli indagati per la morte, a ventìdue mesi, di Matilda Borin sono due, e con un'ipotesi d'accusa pesantissima: omicidio volontario. Non coincìdono le dichiarazioni della madre. Elena Romani, 31 anni, di Legnano, un passato dì assistente di volo, un giro in cui dopo la nascita di Matilda cercava di rientrare. Non coincidono le dichiarazioni del fidanzato, Antonio Cangialosì, 35 anni, operaio e bodyguard, una casa nella frazione Curavecchìa di Roasìo, nel Vercellese, dove sì è trasferito dopo la morte della moglie, Graziella D'Agostino, uccisa nel 2000 dall'amico che l'ha poi vegliata per mesi. Un ricordo che continua a pesargli come un macigno. Elena e Antonio arrivano in procura poco dopo mezzogiorno, mano nella mano, lei alta e forte, nei pantaloni chiari e maglia azzurra, luì che la strìnge quasi a farle scudo. Se ne vanno nel tardo pomerìggio su due auto diverse: divisi, come le versioni che lì separano. «Sono innocente», dice lei, gli occhiali scurì a nascondere il pianto. Ed è pronta ad aggiungere, all'insistenza dei cronisti: «Parlo per me». «Non ho visto nulla. E se è davvero è successo qualcosa, non sono stato io», risponde a distanza il fidanzato, quel pugno dì mesi di affetto e conoscenza che sì trasfpnnano in un muro invalicabile. Per il secondo giorno la procura interroga senza sosta e lavora per ricostruire la morte di Matilda Borin, che il primo referto ha classificato come crisi cardiocircolatoria e che l'autopsia invece ha riscrìtto. Bisogna capire che cosa ha provocato, il pomerìggio del 2 luglio, nella casa di Roasìo dove Matilda e la mamma sì sono trasferite da pochi giorni, i lividi alla schiena, il grave trauma al¬ l'addome, che ha lesionato organi interni; un calcio violento, un corpo contundente? A pensare ad una manovra sbagliata nei soccorsi, ad una caduta, forse sono ormai rimasti soltanto i parenti. Quando se ne va da palazzo dì giustìzia, il procuratore Gian Giacomo Sandrelli conferma l'indispensabile: «Sono emersi alcuni elementi nuovi». Dà per scontato, da lunedì sera, che quella di Matilda non è ima morte naturale. Ha ascoltato, con i due sostituti, Antonella Barbera e Muriel Ferrari, prima Antonio Cangialosì: un interrogatorio più breve, ma più pressante di quello di lunedì, quando era soltanto una persona informata sui fatti. Ieri gli sono stati accanto anche gli avvocati Marco Graziola e Sandro Del Mastro. «Non c'entro nulla», è la sua tesi. Poi entra Elena Romani, che pure ha incontrato da poco i suoi nuovi legali. «Non mi rendo ancora conto di come possa essere successo», dice all'avvocato Roberto Scheda. La difesa si prepara a nominare un consulente dì parte, per esaminare a fondo l'autopsia. Ed è cautìssìma: «Ci sono versioni contrastanti - conferma Scheda - ma la mia assistita si ritiene estranea a questo incredibile ed increscioso fatto». Non sì rende conto neppure Riccardo Borin, fratello di Simone, il padre di Matilda. Ha lasciato Busto Arsìzio per venire a Vercelli: «Ho sentito Elena questa mattina. Mi ha detto: "E' tutto assurdo. Non capisco quel che sta succedendo"». E toma al 2 luglio, quando gh è arrivata la telefonata concitata di Elena: «Ero anch'io a Roasìo. E non c'era nulla che facesse pensare ad un omicidio: io ho visto Matilda sul letto, con il vestitino rosa, non c'erano segni di lesioni. Io l'ho caricata sul carro funebre». La famiglia Borin ha conservato un buon rapporto con l'ex compagna di Simone: «No, non sapevamo dì questa nuova relazione. Ma Matilda era una bambina gioiosa, felice, che con la mamma non aveva problemi». Lo zio pensa ad una manovra sbagliata dei soccorsi, a nuli'altro: «Non ci credo, non cedo che sia stata Elena, anche se mi dicessero che ha confessato». Oggi in procura sarà una nuova giornata di lavoro. Vercelli: entrambi indagati per omicidio volontario In tribunale arrivano mano nella mano. Poi se ne vanno su auto diverse Antonio Cangialosì
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