Damasco, la vera rivale del paradiso

Damasco, la vera rivale del paradiso UNA LUNGA PASSEGGIATA TRA LE MURA DELLA CITTÀ VECCHIA NE RIVELA UN FASCINO INTRAMONTABILE Damasco, la vera rivale del paradiso Caria Diamanti DAMASCO supera in bellezza ogni utra città e nessuna descrizione, per quanto comileta, può rendere giustizia al suo ascino». Era il 9 di Ramadan del 726" anno dell'Egira (9 agosto 1326) e Ibn Battuta, partito da Tangerì alla volta di Mecca, entrava nella capitale siriana, rimanendo folgorato dalla sua bellezza, tanto da descriverne poi le attività quotidiane, l'abbondanza delle mercanzie, la cultura, la generosità della gente, la grandiosità dei palazzi. Il racconto del grande viaggiatore medievale dipinge una città che si riconosce ancora nei vicoli dei mercati, nei cesti di petali di rosa secchi, nelle voci dei venditori di tamarindo e nei profumi che pervadono le vie che seguono ancora l'antico tracciato degli Aramei, di oltre quattromila anni fa. D cuore della città batte attorno alla Grande Moschea degli Omayyadi ((da più magnifica al mondo, la più pregevole per costruzione e la più nobile per bellezza, grazia e perfezione; nessun'altra vi può competere e non ha eguali», scriveva Ibn Battuta) ed è cinto dalle possenti mura romane, con ben otto porte, che racchiudono antiche madrase, dimore patrizie, vicoli, botteghe, caravanserragli, bagni turchi e chiese, la Cittadella selgiuchide, oggi in disuso, e il quartiere cristiano. La via privilegiata per accedere al cuore di Damasco è il suq al Hamidiyah, il mercato più conosciuto della città, voluto nel 1863 dal sultano ottomano Abdul Hamid, da cui prese il nome. Per enfatizzarne l'importanza, venne sacrificatala porta di Bab al Nasr, ma oltrepassando l'arteria che separa la città moderna dal centro storico per addentrarsi nel suq, sembra comunque di varcare una sorta di invisibile soglia temporale. Sotto le sue voi te si trovano centinaia di botteghe straripanti di tessuti, abiti, borse e oggetti di ogni genere, nonché le vetrine di Baqdash, la frequentatissima gelateria artigianale dove la fredda crema bianca decorata con pistacchi è preparata e servita al momento. Dalla via che culmina con le colonne del Tempio di Giove e si apre "sulla Grande Moschea, un incessante viavai di gente si incanala nei vicoli laterali, dove le botteghe diventano minuscole e le merci quasi si toccano da un lato e dall'altro della strada. Un corridoio a metà di Hamidiyeh porta verso l'antico Bimaristan al Nuri, un ospedale costruito nel 1154, sede della prima e più famosa università di medicina d'Oriente. Oggi accoglie un condensato della sapienza araba, in due sezioni dedicate all'astronomia, alla matematica e alle scienze precìse, alla medicina e alla farmacologia. Strumenti e documenti raccontano scoperte e invenzioni, come gh ane- statici che gh Arabi per primi sperimentarono. Nelle stradine alle spalle del museo si dipana il suq della seta, e poi quello dei sarti, del 1553, il quale a sua volta immette in quello dell'oro e dehe spezie, in un continuo susseguirsi di colori, di inviti ad assaggiare mandorle e pistacchi, a toccare le ricche stoffe di broccato, ad ammirare gh intagliatori ricurvi su scatole, comici, sedie o cassapanche intarsiate di madreperla. Il dedalo di viuzze culmina attorno alla Grande Moschea degh Omayyadi, il capolavoro dei califfi che elessero Damasco a propria capitale. Nel vasto cortile, attorno a Bab al Barid, la porta riservata ai fedeli, resta una parte degh splendidi mosaici che prima lo decoravano interamente. Tessere multicolori su uno sfondo dorato riproducono in oltre trenta tonalità di verde una straordinaria varietà di piante, lungo corsi d'acqua in pietre turchese e acquamarina: è Damasco circondata dall'oasi di Ghutah e attraversata dal fiume Barada. In questo luogo, considerato divino fin da epoche remote, tremila anni fa sorgeva il tempio di Hadad, dio delle tempeste, amphato e consacrato a Giove nel n secolo e poi, duecento anni dopo, trasformato in cattedrale dedicata a San Giovanni. La sua testa è custodita nel mausoleo all'interno della grande sala di preghiera, interamente rivestita di tappeti, sovrastata dalla cupola dell'Aquila e impreziosita da un pulpito di marmo che ricorda un merletto. Su di essa svettano tre minareti, uno dei quali è detto della sposa, al 'Arus, per la delicatezza e per la raffinatezza delle decorazkmi. L'accesso ai visitatori è consentito da Bab al Amarah, dove staziona un venditore ambulante di spremute di arancia, more o tamarindo, fresche e gradevoli soprattutto nelle calde giornate estive. I vicoli riprendono subito alle spalle della moschea, per condurre al palazzo Azem, antica sede del governatore ottomano. Le innumerevoli stanze si aprono sul cortile centrale, com'è uso di tutte le abitazioni tradizionali siriane. Gh abitanti della casa si ritrovavano in questa sorta di oasi, al fresco delle fontane e delle fronde, cullati dal cinguettio degh uccelli e dal rumore dell'acqua che sgorgava per proteggere discretamente le conversazioni. Poco distante, la madrasa Azem, un'antica scuola coranica trasformata in centro artigianale, custodisce uno dei più antichi telai ancora in uso a Damasco, mentre dietro l'angolo un bagno turco del XH secolo invita a una sosta rigenerante. Siamo nel suq al-Bzouriyah, dove si acquistano spezie, frutta secca e saponi di Aleppo, che dopo pochi metri incrocia il suq Midhat Pasha, l'antico Decumano romano sepolto da sei metri di accumuli storici e divenuto la Via Retta. Seguendola, si ripercorrono i passi di San Paolo, che vi passò entrando a Damasco. Delimita il quartiere cristiano e raggiunge Bab Sharqi, la porta orientale della città, vicina alla cappella di Sant'Anania, dove Saulo venne nascosto, curato e battezzato. Una scalinata nel piccolo cortile scende nella grotta che era la casa di Anania, colui che restituì la vista a San Paolo. Da Bab Sharqi e Bab Tuma, la porta di Tommaso, si passeggia tra botteghe di antiquari e chioschi di venditori di shawrma, i migliori della città, preparati con carne cotta sullo spiedo verticale e avvolta in sottili sfoghe di pane con yogurt. Dopo l'incanto del giorno, quando le attività si interrompono, la aera vagala un altro volto alla città. I vicoli del suq, fino a qualche ora prima brulicanti di gente, risuonanti del vociare delle donne, dei richiami dei venditori di tamarindo o di biglietti della lotteria, pullulanti di mercanti, stoffe, libri, candele colorate, dolciumi e sacchi colmi di spezie e frutta secca, si trasformano. Tutto sembra essersi dissolto nel nulla, inghiottito dietro le porte delle minuscole botteghe. Al termine dell'ormai silente budello del suq, lo spettacolo della Grande Moschea illuminata mozza il fiato. Il primo minareto appare come un diamante sfaccettato colpito da un raggio di luce, mentre i mosaici di Bab al Barid sembrano prendere vita. Poco lontano, seduti ai tavoh degh antichi caffè, i damasceni continuano da secoli a fumare narghilè sorseggiando bollenti tè alla menta. Nel loro sguardo brilla l'orgoglio della storia, la disponibilità all'accoglienza e alla tolleranza, maturata in millenni di contatti culturali, commerciali e religiosi. E' il momento di concedersi una pausa e di sedersi tra la gente, di respirare il profumo di gelsomino e ascoltare i richiami della preghiera della sera, che rimbalzano da un minareto ah'altrodeUa città. : .' - ;sv:: Tre immagini affascinanti della Siria e di Damasco in particolare. Sopra: la Moschea degli Omayyadi. A destra: Apamea, il colonnato Sotto: le pendici dell'Antilibano presso Maalula

Persone citate: Abdul Hamid, Aleppo, Anania, Dalla, Hadad, Mecca, Nasr, Pasha, Tuma