I giovani narratori ignorati dai premi di Renato Barilli

I giovani narratori ignorati dai premi I giovani narratori ignorati dai premi Renato Barilli NEL mondo delle nostre patrie lettere esìste un fenomeno sconcertante dì cui non è facile capire le ragioni. Dagh inizi degh Anni 90 è comparsa in scena una schiera di giovani narratori in numero smisurato. Un'antologia uscita proprio allo scadere del decennio, nel 2000, ma ahimè presso un piccolo editore subito dopo scomparso. Testo Sr immagine, ne raccogheva, sotto il titolo stimolante dì Narrative invaders, ben 32, ma il calcolo era inesatto per difetto, diciamo che siamo attorno alle 40 unità, dì presenze niente affatto effimere, sono giovani che pubblicano al ritmo di un volume ogni due anni, e presso Case tra le più importanti, Einaudi, Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli, Bompiani. Eppure, la categoria dei critici letterari ufficiali, trascinandosi dietro l'opinione pubblica, giunge magari a vedere e apprezzare un singolo albero, ma non ammette che ci sìa dietro un florido e copioso bosco. Il fatto più sconcertante è che questa brillantissima schiera non ha accesso alle varie cinquine delie miriadi dì premi letterari di cui, come è ben noto, il Bel Paese appare costellato. Ci sì sente ripetere che c'è poco dibuono in giro, che ì tempi sono dì decadenza, ma nessuno si sogna di attingere a questa intatta compagine, tutt'al più qualcuno tra questi nomi fa una timida comparsa in una rosa di premiandi, ma per essere subito dopo falcidiato. Un altro dato incoraggiante è che questa ondata ha visto da subito in pole position i colletti rosa, le scrittrici, infatti il primissimo successo, proprio all'aprirsi dei '90, è stato conseguito da Silvia Ballestra, allora poco più che ventenne, con La guerra degli Anto, approdato subito dopo agh Oscar Mondadori e divenuto un libro dì culto. Ad appena una lunghezza dì distanza è venuta Rossana Campo, ma al dì là dell'ordine d'arrivo conta che questi vari apporti sì consolidino tra loro, contribuendo a stendere un fitto rapporto sociologico su fatti, traumi, desideri, angosce dei giorni nostri che non si potrebbe chiedere più preciso. La Ballestra parla dei disagi dei giovani del medio Adriatico venuti a frequentare lUniversità a Bologna, per poi dì là spiccare il volo su Milano, o verso la Germania. La Campo narra dì una catena di delocazioni, dalle nostre regioni del Sud, tradizionalmente diseredate, sottoposte ad ogni penuria, perfino linguìstica, con il miraggio dì andare a soffrire a Nord, conoscendo discriminazioni degne degh extra-comunitari; poi, da lì, verso una Parigi intellettuale e sottoproletaria allo stesso tempo. Nel condurre questi pellegrinaggi le autrici si portano dietro una piena coscienza linguistica che sì adatta plasticamente al mutare dì gerghi, di parlate, pubbliche e private. Ma è della partita anche la discriminazione sessuale, per cui le donne della Campo si concedono lunghe chiacchiere su fortune e sfortune dei loro amori. Non finisce qui, l'apporto dei colletti rosa, perché a metà del decennio è intervenuta Isabella Santacroce, dapprima in veste dì dark lady, o dì amazzone del sesso e della droga estremi, per poi adottare uno stimolante «puntinismo» psichico e comportamentale, ma pur sempre rivolto a narrare i drammi odierni della condizione femminile. E poi è subentrata Simona Vinci, con ì suoi circostanziati rapporti sullo stato psicosomatico della donna, tra attrazione verso il cibo e il sesso, al punto da abbuffate enormi, seguite da disgusti, rifiuti, nausee, fino a immaginare dì trasformare l'orbano genitale in ima trappola fatale per l'intraprendenza del maschio. Passando alla falange dei colletti azzurri, senza dubbio più nutrita, ecco ì disperati reportages dal Sud dì Ferrandino e di Peppe Lanzetta, nel segno di un disperato bisogno dì «vivre sa vie», dì accedere al mondo avanzato del consumismo, ma dovendo fare i conti con il sottosviluppo del Meridione, e il conseguente feroce controllo esercitato su tutti dalla criminalità organizzata/ Nel '96 è sembrato che questi nuovi autori raggiungessero un'ora dì popolarità grazie a un'antologia confezionata, per Einaudi stile libero, dal duo Cesari-Repetti, attorno all'etichetta dì «gioventù cannibale», che senza dubbio fece colpo, ma stendendo sul fenomeno un'impronta dì maledettismo non sempre giustificata. O meglio, gli episodi estremi dì morte e violenza vengono trattati pur sempre sul filo dell'attualità, della cronaca, come ce la snocciolano i televisori, e tutto lo straripante messaggio pubblicitario che ne promana. Aldo Nove immagina un'infanzia divenuta per intero vìttima degh slogan, fino a uccìdere ì genitori solo per adempiere a qualche frase fatta. La punta d'attacco del fronte cannibale divenne ben presto Nicolò Ammaniti, giunto a immaginare le vicen¬ de dì uno studente vìttima della delinquenza comune, che però continua allegramente la sua esistenza universitaria allo stato di zombie. E chi meglio di lui ha concepito i mille drammi feroci che sì nutrono in un condominio, fino a una catastrofe finale? Grazie anche ai passaggi cinematografici. Ammaniti è divenuto «albero», si ammette che ì suoi vari «Ti prendo e ti porto vìa» o «Non ho paura» facciano testo, se ne debba prendere nota in senso ufficiale. Ma è ributtato nel fango Tiziano Scarpa che osa stabilire, nel suo «Kamikaze occidentale», una sorta dì diritto all'orgasmo, di cui studia le mille varianti provocate in fortuiti incontri femminili da un professionista del sesso. . Contro i «cannibali» sì pretese dì erigere il caso «bianco», buonìsta di Giulio Mozzi, i cui personaggi, dì estrazione veneta, non disdegnano dì frequentare la parrocchia e provengono da famiglie di provincia, ai lìmiti tra borghesia e proletariato, addetti essi stessi a piccoli lavori mal pagati. Eppure, anche in quello sfondo mediocre, le nevrosi sono in agguato, sconvolgono le deboli e smarrite esistenze, portando per esempio una madre a uccidere il figlio a a conservarlo in un armadio, o a escogitare ima messa a morte col timer per un marito divenuto insopportabile; se poi il figlioletto è profondamente amato, non se ne accetta la morte ma si continua a vivere come se fosse ancora vivo, peifino con la paura dì schiacciarlo nel letto die la madre condivìde col fantasma. Mozzi, splendido talent scout, si porta dietro, sempre dal veneto, Vitaliano Trevisan, le cui dimesse esistenze, manìache per esempio nel contare i passi che compiono per le piccole bisogne quotidiane, nascondono in realtà nell'armadio gli scheletri di genitori e fratelh. E non è certo finìtt qui, se sì pensa che un altro «albero» riconosciuto, fino a disputare quest'anno il Viareggio a sua maestà La Capria, è il triestino Mauro Covacich, anche lui pronto a condurre reportages implacabili su tutti i luoghi dell'orrore quotidiano, si tratti dei massacri in Bosnia o delle trame nere di Una Bomber; e del resto casi più a misura normale non sono meno crudi e bisognosi d'indagine, come per esempio i patemi dell'adozione dì qualche orfanello da Paesi del Terzo Mondo. A Torino Giuseppe Culicchia effettua una geniale «conta» sul nostro destino, infatti in uno dei suoi ultimi prodotti c'è un giustiziere della notte che fa Ambarabà su un vasto numero di esistenze bruciate, dando loro una spinta redentrice che le farà finire sotto il convoglio avanzante della metropolitana. A Reggio Emilia Giuseppe Caliceti stende l'epica delle discoteche, queste cattedrah laiche dei nostri giorni, mentre Dario Voltolini si affatica attorno a un ospedale, che sembrerebbe super-efficiente, ma forse troppo, dato che ì pazienti vi vengono ammassati come una popolazione informe dì gianchetti, a costituire un orrido carnaio dì sostanza organica. E dunque, che dire in conclusione? Cari giurati, fatevi forza, attingente a questa fonte salutifera i nominativi giusti per i vostri premi epremietti. Dalla Ballestra alla Campo, da Aldo Nove a Nicolò Ammaniti, una quarantina di voci nuove: pubblicano presso le più importanti case editrici, ma sfuggono ai critici letterari ufficiali Il fatto più sconcertante è che questa brillantissima schiera non ha accesso alle cinquine delle miriadi di premi letterari

Luoghi citati: Bologna, Germania, Milano, Parigi, Reggio Emilia, Torino