Il primo pomeriggio nella Torre della Fame di Mattia Feltri

Il primo pomeriggio nella Torre della Fame L'EX LEADER DI LC ALL'ATENEO DOVE AVEVA STUDIATO Il primo pomeriggio nella Torre della Fame Gli amici: l'abbiamo convinto a fare la richiesta, lui temeva nuove polemiche reportage Mattia Feltri inviato a PISA A ben vedere, anche il posto dove ieri Adriano Sofri ha trascorso il suo primo pomeriggio al lavoro era un carcere: la torre nella quale, si dice, venne rinchiuso il conte Ugolino a morir di fame. Ora ospita la sezione non aperta al pubblico della biblioteca della Scuola Normale Superiore nella sublime piazza dei Cavalieri a Pisa. Sofri ci è andato ieri nel primo pomeriggio, e ne è riuscito la sera intomo alle 19,20. Ma non può parlare coi giornalisti. Ha sceso le scale della scuola, e ci si è potuti salutare da lontano, alzando un braccio. Sofri aveva una polo blu, pantaloni grigi, sacca sulle spalle e una discreta fretta: deve rientrare nel penitenziario Don Bosco alle 19,30. Se gli capitasse un minuto di ritardo, diventerebbe tecnicamente un evaso. Stamane tornerà di buon'ora in biblioteca, dove ha ricevuto l'incarico di riordinare l'opera di Sebastiano Timpanaro, studioso dell'Umanesimo italiano (fra i massimi conoscitori di Giacomo Leopardi) dalla fama non proporzionata ai meriti, sostengono qui a Pisa quelli del ramo. Timpanaro - che Sofri ha conosciuto e apprezzato ha lasciato numerosi scritti alla Normale, ma non sono catalogati e quindi nemmeno pubblicabili. Lo saranno quando Sofri concluderà il lavoro cominciato in questa giornata di caldo opprimente, anche nelle ore tarde, quando il più celebre detenuto di questa città universitaria (cinquantacinquemila iscritti in un comune di ottantanovemila residenti) ha dissuaso con cenni decisi chi lo aspettava di fuori e si è incamminato veloce verso la residenza notturna, senza che il suo transito provocasse stupori o curiosità. I ragazzi seduti sui gradini della Scuola hanno continuato a scambiarsi fotocopie e a pianificare la serata. Qualcuno s'è girato sgranando gli occhi, come a ricercare nella memoria quel volto |pà visto. Nient'altro. Qui a Pisa i suoi amici dicono che la decisione era nell'aria da un po'. Sofri è sempre stato riluttante davanti alla prospettiva di accede- re ai benefici di legge, un po' per il dolore di un uomo condannato per omicidio e che non ha mai rinunciato a dichiararsi con forza innocente. Un po' per le polemiche che si sollevano ogni volta che un permesso gli concede di uscire per qualche ora. Temeva (e probabilmente teme ancora) che la notizia di un suo impiego fuori dalla cella sarà la ragione (o il pretesto) di altre questioni furiosamente solle¬ vate attorno al suo nome. Le cose, dicono ancora gli amici, sono cambiate quando la scorsa primavera la Curia di Milano, e dunque Dionigi Tettamanzi, ha invitato Sofri a leggere in pubblico un testo di Oscar Wilde. Poi Sofri rinunciò per l'immancabile scandalo provocato dalla notizia. «Ma fra di noi - spiega uno degli amici abbiano cominciato a ragionare sulla svolta che comunque c'era stata». Insomma, c'era di mezze l'invite di un cardinale indicato come uno dei più probabili successori di Papa Giovanni Paolo II, c'era di mezzo Milano, la città in cui nel maggio del 1972 fu assassinato il commissario Luigi Calabresi, assassinio per il quale Sofri è stato giudicate il mandante e condannato a ventidue anni di reclusione. «Insomma, ci era parso che il tabù fosse caduto. Ne abbiamo parlato con Adriano. Lui non era per niente convinto. Poi, col tempo, si è persuaso che era una cosa giusta. Ha fatto la domanda di accesso al lavoro estemo ed è stata accolta. E' una cosa bella. Siamo contenti. Anche lui sembra esserlo». Il fighe. Luca, è al mare con la famiglia. Conta di venire presto a Pisa, sebbene nemmeno a lui sia consentito di incontrare il padre fuori dagli orari di visita stabiliti dalla prigione e dal ministero. Risponde al telefono, ma non si addentra nella vicenda: ((Anche perché non mi viene da dire nulla che non sia particolarmente scemo o particolarmente banale». Tempo fa, a chi gh augurò che tutto potesse presto finire bene, rispose: «No, è già tutto finito male». Ma a giudicare dalla faccia di suo padre, dal suo passo di ritorno al Don Bosco, vien da pensare che qualcosa di buono, dietro l'angolo, ci possa sempre essere. «Tutto è cambiato dopo che il cardinale Tettamanzi lo invitò a leggere in pubblico un testo di Wilde Capimmo allora che era caduto un tabù» I ragazzi seduti sui gradini della Scuola hanno continuato a scambiarsi fotocopie Qualcuno s'è girato come a cercare quel volto nella memoria La storica sede della scuola Normale di Pisa centro di eccellenza della cultura italiana

Luoghi citati: Milano, Pisa