Bìrìndellì: «lo, gli inglesi e i golpisti italiani»

Bìrìndellì: «lo, gli inglesi e i golpisti italiani» LO SFOGO PELLfANZfANO AMMIRAGLIO. «EROE PI GIBILTERRA», MEDAGLIA D'ORO, EX COMANDANTE DELLE FORZE NATO NEL MEDITERRANEO, EX PRESIDENTE DEL MSI Bìrìndellì: «lo, gli inglesi e i golpisti italiani» Racconta la sua vita in un film per la Bbc e polemizza con «questa destra» intervista Chiara Berla di Argentine ROMA SONO mosci, mosci». L'anziano ammiraglio, l'unico ancora in vita della squadriglia di temerari uomini che, durante la seconda guerra mondiale, su piccoli sommergibili - i famosi maiali - andavano all'assalto delle navi inglesi, fa una smorfia solo a sentir nominare gli eredi del Msi ora al potere. Confessa deluso; «Ho amato in maniera spaventosa la patria, ma oggi provo una grande rabbia. Dopo più di 50 anni di governi amorfi dei partiti del cosiddetto arco costituzionale - solo il Msi era davvero all'opposizione - ho creduto che finalmente come in Inghilterra, Paese ben organizzato, avremmo avuto il bipartitismo. L'alternanza tra una destra liberista e i socialisti. Ma questa destra si è rivelata moscissima. Non é seria, ha idee confuse, non mi piace». Gino Birindelli, l'eroe di Gibilterra decorato con una medaglia d'oro e una d'argento, ex comandante deUe forze navali Nato nel Mediterraneo, ex presidente del Msi, a 94 anni non ha perso la grinta. «Sono sempre stato un rompiscatole dellaforzadi 100 cavalli», ride. «Nessuno di An mi ha mai cercato», cambia il tono e l'umore. In compenso a Napoli, il 10 giugno, il decano dei sommozzatori della Marina ha visto decorare dal presidente Ciampi il gruppo subacqueo degh incursori intitolato a «Teseo Tese», il maggiore del genio navale che inventò quei mezzi d'assalto. «Grazie alla sua genialità riuscivamo a stare sott'acqua 3 ore. Eravamo uomini-pesce». Ma c'è di più. Dagli antichi nemici, gli inglesi (fu lui, nel 1940, a guidare la pnma missione, nel porto (fi Gibilterra) riceve onori, attenzioni. AlTEden Camp, il museo dei sommergibili inaugurato dal duca d'Edimburgo là dove c'era un campo di prigionia, la baracca con la stona dei maiali porta D suo nome; e ora, Robert Hobson Jr, autore di «Chariots of the war», il romanzo su questa pagina alla James Bond della stona navale vuole fare un filmi Protagonista, Birindelli da giovane. Alla Bbc interessa, alla Rai non si sa. Lei, personaggio mitico della destra che cantava la patria. non trova oggi attenzione? Come lo spiega? «Sono sempre stato solo un soldato, entrai nel Msi su richiesta di Giorgio Almirante. Era il 1972, presi 300 mila voti di preferenza. Fu anno record per il Msi: 3 milioni di voti, 56 deputati. Due anni dopo 35 deputati e 16 senatori mi chiesero di fare un nuovo gruppo. Non sono un politico di professione, me ne sono andato». Insomma, loro si sono scordati di lei; gh inglesi no. «E' così. Sono stato un loro fiero nemico, speravo di batterli e, al tempo stesso, ammiravo la loro forza. Anche negli anni in cui sono stato prigioniero in Inghilterra, come rappresentante del campo, non mi sono mai arreso. Volevo rispetto per noi italiani. Dopo il 1944 hanno voluto mandare i loro uomini - non che fossero degh sprovveduti - a Taranto, a scuola da noi. C'era anche un ufficiale di nome Robert Hobson sr. Alla sua morte, il fighe ha scoperto, da suoi documenti top secret, che era un frogman. Prima il libro e ora il film: che faimess! In Itaha ci si dimentica delle vicende e delle persone che non sgomitano. Rare le eccezioni. Cito, per esempio, una puntata di "La storia siamo noi" di Giovanni Minoli su Luigi Durand De La Penne ad Alessandria e su di me a Gibilterra. Dei 30, 40 uomini del nostro gruppo - dal 1939 ci addestravamo in segreto alla foce del Serchio - mi addolora che non si ricordi mai Antonio Marceglia, un capitano triestino. Ad Alessandria fece un'azione da manuale». Perché, nel '72, entrò in pohtica? «Comandavo le forze navali alleate nel Mediterraneo. A quei tempi il Mediterraneo era un lago russo. Le loro navi erano ovunque ma, in Italia, non si poteva dirlo. Il comandante supremo, generale Andrew Goopaster, approvò la mia idea: volevo issare a bandiera Nato su tutte le nostre navi. Quindici giorni dopo fili bloccato dal veto di un solo governo, quello italiano di centrosinistra. Doppiezza: a parole dicevano "Viva la Nato", nei fatti la sabotavano. Ero furente, volevo che tutti sapessero. Giovanni Malagodi mi orni il posto di capolista, ma scelsi il Msi: erano meno cortesi dei liberali ma con più grinta». Quinta legislatura, tempo dei governi Leone, Rumor, Colombo, Andreotti. Con nessun lea¬ der de andava d'accordo? «Non ero pane per i loro denti, e loro lo sapevano. Per quattro anni, da direttore generale del personale della Marina, non ho mai riferito nulla a un ministro della Difesa... Sì, era Giulio Andreotti. Ora, quando ho da baccagliare, gli scrivo per conoscenza. Lamento che non abbiamo avuto come in Germania una democrazia cristiana ma cattolica. Anche An non è liberista ma nazional-cattolica. L'Udo? E' cattolica e basta. Io, al referendum, ho votato quattro sì». Andreotti le risponde? «Certo. Mi scrive: La ringrazio per quello che mi fa sapere"». Eccellente, da vero politico! E Giorgio Almirante? Perché ruppe anche con il Msi? «Lui era un patriota, un uomo molto in gamba. Però sapeva di avere un pallino nell'ala. Era stato repubblichino e non poteva - anche se lo meritava e ci aspirava - andare al potere. E così, per usare il linguaggio andreottiano, pescava da tanti forni. Dagli ex fascisti, dai servitori dello Stato...». Unnome: Giovanni De Lorenzo. Il generale che era stato accusato di aver tentato, nel 1964, di organizzare un golpe. Ricorda? «Quando entrai nel partito lui c'era già. L'ho compatito molto. Almirante amava esibire queste figure, lui si sentiva sfruttato». Stellette e rumor di sciabole. Il principe Junio Valerio Borghe¬ se e De Lorenzo. In verità, ammiraglio, rischiammo un colpo distato? «Con Borghese no, con De Lorenzo sì. Ma De Lorenzo intendeva agire secondo le prescrizioni dell'allora presidente della Repubblica (Antonio Segni, ndr). All'epoca ero comandante della prima divisione navale, venne a bordo il capo di stato maggiore per dire: "Guardate che forse...". Tutti gli ufficiali gli risposero no». Anni drammatici, tanti episodi mai chiariti. Ambiguità, compromissioni. «Io non mi faccio strumentalizzare. Quando a Milano due giovinastri uccìsero l'agente Marino, fui l'unico ad andare ai funerali. Fifoni! In segreteria del partito dissi che non si poteva fare i bur^i in Parlamento e coprire certi figuri. Discutemmo tre giorni. Alla fine ho abbandonato la politica: non era quella la destra europea che mi aveva promesso Aimirante». Come è finito il soldato, l'eroe di guerra, nellaloggia di un personaggio affatto valoroso, Licìo Ceffi? «Celli? Perdoni la volgarità: lui è una cacchina di bimbo. Ero presidente del Msi, volle conoscermi. "Le piace il castagnaccio?", mi chiese. Si sapeva che ne ero pazzo. "Se passa da Arezzo", aggiunse, "venga ad assaggiare quello di mia moglie. E' ottimo". Poi, aggiunse: "Lei che ha tante conoscenze perché non lascia il Msi e fa una scissione?". Anche lui! Accettai però, una volta congedato, dlscrivermi alla massoneria. Fui ordinato in un appartamento in via Condotti. Mi diedero anche il grembiulino; tornando a casa, lo buttai da ponte Milvio nel Tevere. Due anni prima dello scandalo mi ero già messo in sormo: non era la massoneria deUe buone azioni. Tutto marcio». Grande marinaio, lei ha navigato male in altre acque. Rimorsi? «Mi sono dimesso da tutto, da anni non vado più da nessuna parte. Alle mie tre mogli - l'ultima, Janka, è polacca - ho sempre detto che non avrei dovuto sposarmi. Avevo già la Marina, la mia vera fonte di soddisfazione, una mamma. Alla cerimonia di Napoh non potevo però mancare. Forse, signori miei, sarà l'ultima», «Con De Lorenzo rischiammo «All'epoca venne a bordo un colpo di Stato. Lui intendeva il capo di stato maggiore agire secondo le prescrizioni per dire: "Guardate che forse. del Capo dello Stato di allora» Tutti gli ufficiali risposero no» L'ammiraglio Gino Birindelli con Giorgio Almirante