Iran, la repubblica islamica scopre il ballottaggio di Giuseppe Zaccaria

Iran, la repubblica islamica scopre il ballottaggio I VOTANTI SONO STATI OLTRE IL 60 PER CENTO, SOVVERTENDO, SECONDO IL MINISTERO DELL'INTERNO, LE PREVISONI DI UNA BASSA PARTECIPAZIONE Iran, la repubblica islamica scopre il ballottaggio La sfida si restringe tra Rafsanjani e l'ex sindaco di Teheran Ahmadinejacl Giuseppe Zaccaria inviato a TEHERAN Quello di una teocrazia in ballottaggio era uno spettro mai affiorato nei peggiori incubi del grande ayatollah Khomeini, eppure a ventisei anni dalla rivoluzione islamica nella Repubblica dell'Iran questo fantasma adesso si materializza. Come si era immaginato nessuno dei candidati, neppure l'eterno Rafsanjani raggiunge il cinquanta per cento dei voti, però l'imprevedibile si celava dietro altri fattori, la straordinaria affluenza alle urne e i nomi dei concorrenti. A tarda sera dopo contrastati e tumultuosi conteggi che segnalano contrasti ben più profondi lo sfidante ufficiale viene indicato in Mahmoud Ahmadinejad, 49 anni, fino a pochi mesi fa sindaco di Teheran. Rafsanjani dovrebbe aver ottenuto il 20,8 per cento dei voti, quelli di oltre ventotto milioni di persone, il suo rivale è al 19,3 per cento. Venerdì prossimo dovremmo dunque assistere a un duello fra conservatori nel quale Rafsanjani dovrà guardarsi a destra, però in qualche modo le scelte degli elettori hanno già rivoluzionato gli schemi, quel che era dato per probabile non è successo mentre figure ritenute di secondo piano emergono con prepotenza. «Stiamo registrando risultati completamente imprevedibili», ha detto ad un certo punto della giornata il portavoce del ministero degli Interni, quasi alzando le mani in segno di resa. Nelle stesse ore l'onnipresente Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione continuava a travalicare ogni competenza fornendo cifre, percentuali e anticipa¬ zioni del tutto in contrasto con le altre. A metà pomeriggio per esempio i votanti risultavano 23 milioni nei conteggi dello Stato e 32 milioni neUe fideistiche proiezioni dei tutori della legge islamica. L'affluenza al voto in ogni caso è stata massiccia, certamente superiore al 60 per cento con punte dell'BO in certe zone rurali, da una parte questa è l'orgogliosa risposta iraniana all'intervento di George W. Bu¬ sh con liquidazione preventiva del voto popolare, dall'altra rappresenta U totale fallimento della campagna per il boicottaggio sostenuta eia poche avanguardie lontanissime dagli umori del Paese. Non mancano le accuse di brogli: Mahdi Karrubi, già portavoce del Parlamento e vicino ai rifonnatori che per l'intera mattinata era stato indicato come vero competitore di Rafsanjani, ha tenuto una conferen- za stampa per accusare «alcuni centri di potere» di violare la legge «con l'intento di assegnare più voti ad una certa persona con l'aiuto del Consiglio dei Guardiani». La «certa persona» non è stata citata ma si trattava dell'ex sindaco di Teheran. Insomma se una prima impressione si può trarre da questi elementi oggi più che della vittoria di questo o quel candidato si dovrebbe parlare di un incrocio di sconfitte che comin¬ cia a distillare un composto volatile dalle componenti non del tutto chiare, che sarà comunque meglio non agitare troppo se si vogliono evitare esplosioni. Nel continuo mutare di cifre e percentuali almeno un fatto appare chiaro: Rafsanjani, Ahmadinejad, l'ex portavoce del Parlamento Mahdi Karroubi e anche se meno degli altri - il riformista Mustafa Moin hanno raccolto ognuno una messe di suffragi che si aggira intomo al venti per cento, punto più punto meno e ciò significa che la società politica è divisa in almeno quattro tendenze principali anche se unificata dalla voghe di benessere e nuovi spazi personali. Soprattutto, le impolverate strutture dello Stato teocratico cominciano a sfaldarsi nella collisione fra di gruppi di potere, movimenti populisti e spinte regionalistiche. Quello che si è avviato ieri non sarà certamente un processo rapido né indolore e due dichiarazioni di queste ore esprimono con grande chiarezza la contrapposizione di fondo. Venerdì mattina, votando a Teheran nord nella moschea intitolata a Khomejni, la Guida Suprema Seyyed Ali Khamenei ha ribadito: «Quando andiamo a votare in accordo con la Costituzione ciò significa che abbiamo votato per il sistema islamico». Il presidente uscente, il progressista Khatami, sia pure con tutta la cautela possibile dice tutt'altra cosa: «Chiunque abbia a cuore la grandezza e la prosperità dell'Iran farà in modo che la democrazia si radichi e istituzionalizzi con un processo graduale, che sarà stato frutto della rivoluzione islamica». Per i progressisti, i ceti urbani e più in generale per i giovani il processo iniziatosi ieri significa proprio questo, la rivoluzione islamica ha dato i suoi frutti ed è tempo di superarla. Khamsnej e la sua sterminata corte di Guardiani e controllori sostengono invece (e continueranno a sostenere con ogni mezzo) che questo è stato anche e soprattutto un voto per la perpetuazione della «velayat faqih», il potere politico dei religiosi. Sconfitto li candidato riformista Karrabi che denuncia brogli dei Guardiani della rivoluzione. Una vittoria della regia conservatrice dell'erede di Khomeini Una donna iraniana regge la propria carta d'identità in attesa di votare in una moschea diTeheran

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