Timor Shah, da teppista a nuovo re dei rapimenti di Giuseppe Zaccaria

Timor Shah, da teppista a nuovo re dei rapimenti UN MESÉÌ^ÉRÀ SCONÓSCIUTO, OI^A TRAÌfACblWflERNofiP iirtg Timor Shah, da teppista a nuovo re dei rapimenti Un'abile campagna promozionale fatta di richieste assurde rilanciate dai media. La domanda: che cosa ha guadagnato? personaggio Giuseppe Zaccaria AMMESSO che in un sequestro di persona si possa individuare qualche elemento positivo, quello di Clementina Cantoni, oltre ad aver sollevato il «burkha» informativo che da tre armi era calato sull'Afghanistan, insegna molte cose. Prima fra tutte, la pratica del sequestro di occidentali continua a estendersi, tocca luoghi e Paesi fino all'altro ieri immuni da simili imprese e può consentire guadagni sempre più forti e soprattutto momenti di intensa popolarità. Pensate a Timor (o Temor) Shah: fino a un mese fa era considerato un teppistello anche fra i deliquenti di Kabul, un ex bandito da strada trasferitosi nella capitale causa una serie di insuccessi per così dire professionah. Adesso di concreto avrà forse ottenuto nulla (anche se la cosa sembra tutt'altro che pacifica) però in meno di quattro settimane ha già raggiunto un risultato incredibile. Telefonando da apparecchi di ogni genere come un adolescente in cerca di amici - e questo a Kabul, dove telefonare è più difficile che vincere alla lotteria - l'ex straccione ha potuto avanzare una serie di richieste che Iharmo già fatto ricco, almeno in popolarità. Prima la scarcerazione della madre, cosa ottenuta. Poi l'abolizione di una trasmissione radiofonica «licenziosa», poi ancora il finanziamento delle scuole coraniche: un'idiozia dopo l'altra di cui però il teorico governo afghano e di conseguenza i mezzi d'informazione hanno dovuto farsi tramite, diffondendo il delirio attraverso il mondo. La sera del sequestro ci oravano permessi di sostenere che vero scopo dell'impresa era la pubblicità, comunque ottenuta: sarà un caso, ma dopo lunghe ed estenuanti trattative Clementina Cantoni è stata liberata solo dopo che l'onda delle preghiere e degli appelli si è spinta fino a Kabul, trovando spazi ripetuti nella televisione nazionale, facendo sapere a tutti attraverso le solite telefonate chi era Timor (o Temor) Khan e dando finalmente soddisfazione alle smanie di crescita tutte localistiche del soggetto, che da oggi se non di «signore della guerra» può almeno fregiarsi del titolo di signorotto dei rapimenti. La doppia grafia del nome non deve trarre in inganno. Problemi di translitterazione a parte r«afghaniyat», ovvero afjhanismo, afghanità, insomma l'essere afghano non considera doppiezza e menzogna come elementi negativi ma al contrario le esalta come doti dell'uomo avveduto, coraggioso e saggio. I passaggi di questo sequestro confermano appieno la sopravvivenza di questo spirito, dicono quanto dopo la cosiddetta «esportazione di democrazia» le antiche regole valgano ancora. Per giorni interi si è assistito a un teatrino dell'assurdo: Timor-Temor annunciava di tutto (comprese reiterate uccisioni dell'ostaggio), un portavoce di nome Jawed Ludin ribatteva «il bandito mente» e di tanto in tanto il ministro degli Esteri interveniva per puntualizzare le cose. Il ministro si chiama Abdullah Abdullah, è un alto e distinto signore con buona conoscenza dei fatti italiani che con grande eleganza si sforza di dimostrare che Kharzai e i suoi tengono le cose sotto controllo. Invece in Afghanistan le cose sono fuori dal dominio di chiunque: ecco un'altra delle lezioni del sequestro Cantoni. Se fino a qualche mese fa si usava definire il presidente Kharzai come «il sindaco di Kabul», sottolineando la limitatezza del suo potere, adesso non tanto il sequestro ma il fatto che per 26 giorni i banditi siano sfuggiti alla caccia di polizia e soldati della coalizione dimostra che neppure quel limitato potere vale più. Kabul resta una sorta di sterminata corte dei miracoli dove pochi volontatjl si muovono assistiti da pochi e sperduti soldati. Questa città e lo sterminato Paese che la circonda sono oggi del tutto dimenticati e forse costituiscono la prova più chiara della differenza che intercorre fra pohtica e immagine, realtà e virtualità, veri piani di intervento a lungo termine e semphci campagne mediaticoguerresche. Tre anni fa - fino al momento in cui non si è aperta l'inguaribile ferita irachena - il mondo dell'informazione pareva esistere solo per quelle bande di pastori armati che stazionano fino a Peshawar. Oggi ci si ricorda dell'esistenza di Kabul solo per il sequestro della Cantom. Non foss'altro che per questo, sarebbe il caso di ringraziare Clementina.

Persone citate: Abdullah Abdullah, Clementina Cantoni, Khan, Ludin, Timor Shah

Luoghi citati: Afghanistan, Kabul, Timor