ASIA CENTRALE Tra Islam e Democrazia

ASIA CENTRALE Tra Islam e Democrazia IL 10 LUGLIO I KIRGHIZI DOVRANNO VOTARE IN ELEZIONI LIBERE UN NUOVO PRESIDENTE ASIA CENTRALE Tra Islam e Democrazia Aarontera cè unanconei metallo coperto da ima tettoia su cui scaricano la loro roba, ma si direbbe più per ripararsi dalla pioggia e riposarsi che per offrirla aU'esame dei doganieri, che non controbano. Vengono a venderla qui in Kirghizistan per ritornare poi la sera con merci che da questa parte costano meno. Ma rifiutano di raccontare cosa è successo durante la notte quando le truppe uzbeke hanno ripreso controllo della parte della cittadina al di là del fiume Sbabriban Sai. In seguito alla carneficina di Andizban, dove i soldati del dittatore uzbeko Karimov avevano sparato su ima foUa inerme facendo oltre 500 morti, la popolazione di Kara Su si era radunata per protestare ed ha finito per incendiare la locale stazione di polizia e l'ufficio delle tasse. Doganieri, pobziotti e molti funzionari locab avevano abbandonato la città nebe mani dei rivoltosi rendendo la cittadina l'unica parte del territorio uzbeko al di fuori del controllo del governo. Ma il sogno è durato 24 ore. Ieri si poteva traversare il ponte liberamente ed esplorare la parte uzbeka della città. Stamattina vedo daU'altra parte del ponte tre soldati uzbeki che ostentando calma e sicurezza controbano i documenti. Provo lo stesso a passare il ponte lungo una trentina di metri, ma quando esibisco il mio passaporto mi impongono di tornare indietro. Cerco di parlare con loro, ma molto professionalmente alle mie domande reagiscono con il silenzio, come se non mi sentissero, come se fossero comandati a non capire. Quanto è successo in Uzbekistan, il più crudele episodio di violenza da parte di soldati contro una foUa disarmata, può essere stato influenzato dai più recenti sviluppi in Kirghizistan. E abora vale la pena di parlare con i protagonisti di questa rivolta, la prima di una serie che potrebbe contagiare gb altri Paesi dell'Asia Centrale. Perché l'altro fronte è qui. In questo triangolo che è la valle Fergana, fra l'insanguinato Uzbekistan, il ribobente Kirghizistan e il misterioso Tagikistan, c'è tutto per far nascere il nuovo mostro che ci ferirà. C'è il petrobo, la miseria, l'Islam radicale, la violenza truculenta delle dittature nate dalle macerie deU'URSS, e la più alta densità di popolazione deb'Asia Centrale. Il primo fronte, certo, è contro Bin Laden e Al Qaeda, ma non si sa bene dove sia, il secondo è qui, ma non si sa che esiste. La sommossa è partita proprio da qui, dal Sud del Paese, per protestare contro i brogb elettorab abe elezioni parlamentari del 13 marzo orditi dal presidente in carica Askar Akaev e dal clan dei suoi protetti. Anche se questa è stata solo la scintilla di un malumore diffuso dovuto più aba fame, aba disoccupazione e abo sfacciato accaparramento di ricchezze deba «famiglia regnante» di Akaev. Il Kirghizistan è la terza repubbbca ex sovietica, dopo la Georgia e l'Ucraina, a essere scossa da proteste motivate da elezioni truccate. La rivolta è poi arrivata aba capitale Bisbkek, con saccheggi a negozi e super market. Il presidente Akaev preso dal panico è fuggito a Mosca, cosa che in una cultura maschibsta ha compromesso la sua immagine più del malgoverno. Dalla rivolta sono emersi come espressione deb'opposizione due personaggi che hanno avuto ruob di ribevo nel regime deposto: Kurmanbek Bakiev, già capo del governo con Akaev, ora nominato presidente e primo ministro, e Feliks Kulov, imprigionato da Akaev nel 2001 perché concorrente pericoloso, e liberato dai rivoltosi. Dovevano scontrarsi nebe prossime elezioni presidenziab fissate per il 10 lugbo, poi si sono messi d'accordo per assumere fi primo la presidenza ed il secondo la guida del gover¬ no. Essendo Kulov del Nord del paese, più sviluppato e russofilo, l'altro del Sud, povero e a maggioranza mussulmana, questo insobto ticket, dato per sicuro vincente, contribuirà, se non altro, ad accostare le due parti del Paese, divise da una possente catena di montagne e da culture diverse. Kurmanbek Bakiev, giovanile e disinvolto, mi riceve neba «Casa Bianca» che in comune con queba di Washington ha solo il colore: una pesante costruzione misto stile so\,rietico e asiatico,che potrebbe piacere sia a satrapi orientali che a Stalin. «Le elezioni saranno trasparenti e nel rispetto della legge», mi dice, «compatibili con gli standards intemazionali, senza quella corruzione, quel mercato di voti cosi diffuso nebe precedenti consultazioni. Le prospettive sono buone, la situazione pobtica stabile, continuiamo sulla strada di una democrazia sempre più concreta e neba lotta alla corruzione». Gb ricordo che poco più di 2 anni fa ero nella stessa grande sala col grande tavolo ovale da 40 persone, seduto sulla stessa sedia, ma al posto suo c'era il suo predecessore, il presidente Askar Akaev che mi raccontava esattamente le stesse cose, gli stessi impegni, lo stesso programma politico. Perché ora bisognerebbe credere a lui dopo che Akaev aveva tanto promesso e poco realizzato? «La situazione era diversa, c'era un altissimo livello di corruzione e i capi dei diversi clan e gli affaristi vicini al presidente non erano interessati al progresso economico e gli hanno impedito di realizzare i suoi programmi. E poi allora parlavano tanto di popolo, di difendere i suoi interessi, ma vivevano nel loro piccolo mondo, tagliati fuori da quel popolo, come dei marziani.» Ma anche lui faceva parte di quel mondo. Come mai qui, come anche in Ucraina e in Georgia, i leaders deb'opposizione, quelb che hanno abbattuto i vecchi sistemi e ora sono al potere, è tutta gente che apparteneva a quel mondo, che ha cobaborato con i governanti ora deposti? «Io e molti altri abbiamo lavorato con Akaev, ma grazie a queba esperienza oggi possiamo governare, altrimenti non avrei potuto fare il lavoro che svolgo oggi.» I drammatici fatti dell'Uzbekistan potranno influire sugli sviluppi nel suo Paese? «Sono situazioni diverse. Ogni Paese si sviluppa seguendo ima propria strada, ma nel rispetto di principi che sono aba base deb'ordine intemazionale. La vera storia deb'Uzbekistan è ancora tutta da raccontare, non conosciamo molti dettagli, ci sono versioni contrastanti. Noi dobbiamo prenderci cura di oltre 500 rifugiati che hanno attraversato il nostro confine, lo stiamo facendo con grandi sacrifici.» Feliks Kulov, lo incontro poche ore dopo che ha concluso l'accordo con Bakiev per questa anomala spartizione di incarichi. E' considerato un duro con scarse credenziali democratiche. Come vice ministro dell'Interno negli ultimi giorni dell'URSS ha comandato truppe che hanno ammazzato decine di contestatori. «Il conflitto tra di noi (con Bakiev) sarà inevitabile», mi dice, «ma sarà un conflitto stimolante, creativo, d'altra parte siamo troppo diversi.» Il presidente Akaev potrà tornare nel suo Paese? «Io sarei favorevole, dobbiamo fare vedere al mondo che siamo civbi e tolleranti. Il suo principale errore è stato scappare, senza informarne nemmeno i suoi cobaboratori più stretti, ha avuto paura, non rischiava niente, aveva amici al potere nel governo, nessuno gb avrebbe fatto nulla.» Domando anche a lui come mai, avendo collaborato con il precedente regime di Akaev, ora si presenta come suo oppositore. «Per me è stato utile lavorare vicino al leader, vedere cosa faceva giusto o sbagliato. Io ho lasciato Akaev cinque anni fa. Aveva cominciato a provare piacere ad essere il numero 1, gli ha dato alla testa, colpa anche dei suoi protetti che lo adulavano. L'ho lasciato perché aveva cominciato a perseguitare la gente per motivi personali, a fare delle privatizzazioni corrotte, ad allontanarsi dalla democrazia.» Che opinione si è fatta su quanto è successo in Uzbekistan? «E' una situazione pericolosa non solo per l'Uzbekistan, ma per tutta l'Asia centrale. Non è vero, come molti ritengono, che sia stata solo colpa del fattore islamico. Io avevo grande stima di Karimov, perché era l'unico che combatteva contro gli estremisti islamici, ma i metodi che ha adottato non sono giustificabili, ha superato la soglia dell'accettabile, ha ordinato di sparare contro il suo popolo, adesso ci potrà essere solo un'ulteriore escalation. O ne uscirà distrutto Karimov o la democrazia.» Ora compito di Bakiev e Kulov è assicurare elezioni trasparenti il 10 luglio e ridare forza alle istituzioni dello Stato corrotte da Akaev. Speriamo di non assistere ad un ritorno al vecchio sistema solo con facce nuove, e che sia vero quanto mi ha detto la graziosa ministro degli Esteri Roza Otunbaeva: «Le rivoluzioni in Georgia e in Ucraina sono state un'ispirazione per noi, noi lo saremo per altri». Jgawronski@europarl.eu.int Fra il misterioso Tagikistan l'insanguinato Uzbekistan e il ribollente Kirghizistan potrebbe nascere una nuova minaccia dagli ultra religiosi Nel triangolo di Fergana c'è il petrolio, la miseria l'islamismo radicale la violenza truculenta delle dittature nate dalle macerie dell'Urss , P^ ^^ ^ 7 IK y Profughi uzbeki scappati dall'esercito , del presidente Karimov attendono di P^ sapere la loro sorte in un campo rifugiati a Kara Darya, in Kirghizistan Credenti uzbeki pregano nella moschea di Kara Su, città kirghiza al confine con l'Uzbekistan teatro recentemente di scontri violenti