Chi trova l'amor divino, chi conquista Diderot di Mia Peluso

Chi trova l'amor divino, chi conquista Diderot Chi trova l'amor divino, chi conquista Diderot Mia Peluso DUE scrittrici dedicano in contemporanea i propri libri al valore salvifico della filosofia nelle due sue più classiche correnti: quella che si affida al potere del sentimento per forzare il razionale in un abbraccio propulsivo al divino; e quella che nega l'approccio intuitivo in favore della ricerca razionale, pensiero soggetto all'errore perché umano, seppure nella sua totalità progressivamente infinito, libero e critico nei confronti di quanto è norma codificata. Al primo filone rimanda La montagna di luce di Rosa Alberoni, ricerca indotta dall'amore a svolgersi in afflato mistico verso il divino, che nel Cristianesimo è carne e sangue di Cristo. C'è uno iato tra la scrittura scialba del quotidiano e quella ispirata dal viaggio spirituale. Suggerisce nella struttura la musica concreta di Pierre Henri e in particolare la sua versione del Libro tibetano dei morti, dove il respiro del morente che si va affievolendo è contaminato dai molesti rumori della vita: rumori stordenti che vanno scomparendo a mano a mano che lo spirito si libera, librandosi negli spazi insondabili del mistero dell'altrove, mentre l'amore diviene puro essere, vibrante germinazione. Così nel romanzo di Alberoni: la dolorosa via crucis della malattia, la fredda opacità del dolore è percorsa dall'empito della fede. Ma mentre in Henri è smarrimento del finito che si squarcia nell'immenso, in Alberoni non c'è solitudine c'è dispersione, poiché la voce divina è immanente, pur trascendendola, nella ricerca amorosa. Altro riferimento, suggerito dal titolo stesso, è La montagna delle sette balze di Thomas Merton, bonaventuriano itinerarium mentis in deum. Due amori si intrecciano, quello concreto e realizzato per Alfredo, l'uomo amato, e quello tutto spirituale per l'interlocutore Marco, che ha tratti di sensualità alla Teresa dAvila, venato com'è dall'erotismo che scaturisce da un'estasi non carnale. Squisitamente razionale, critica nei confronti della religione oltreché della sovranità regia, è invece la ricerca illuminista, protagonista attraverso d'Alembert e Condorcet e soprattutto Diderot con la monumentale FyicycZqpédie, in Donna di spade di Patrizia Carrano'. La nobile veneziana Carlotta B*** vuole essere simbolo della liberazione della donna attraverso la graduale conquista della logica del libero pensiero, capace di «pensare» l'esistente e di vagliarne criticamente le strutture come pura raison. L'eroina riceve un'educazione duplice. H padre, raffinato gaudente, la introduce all'uso francese della spada conl'esercizio della scherma; là madre, bella e tetra prussiana, la inizia alle lingue e alle lettere. Rimasta buffamente orfana del padre, soffocato da un osso di pollo, quando già lo era della madre, povera in canna. inselvatichita dal soggiorno nella campagna veneta, rifiuta la proposta di un ricco e sensibile banchiere perché infastidita dalla sua gobba. Ospite di una zia materna nella Prussia luterana di Federico II, viene introdotta al «famigerato» pensiero degli illuministi parigini. Di qui, cavalcando in abiti maschili il suo fido sauro, fugge perigliosamente a Parigi per aver ucciso in duello un volgare ufficiale di nobile sangue, grosso eli torso e corto di gambe. E nella capitale francese ha inizio la sua vera vita. La conoscenza delle lingue e la maestria nella spada le aprono infatti ogni porta, fino a condurla a Diderot in persona. Dismessi i panni maschili e indossati abiti di donna, Carlotta si accetta finalmente appieno, conquistando con le armi della conoscenza, più affilate e sottili della spada, l'amore non cercato. Un ritratto a tutto tondo che ingloba in sé, come dovrebbe essere per ognuno di noi, il maschile e il femminile, in perfetta armonia. ,f^' \i' P*: Rosa Alberoni La montagna di luce Rizzoli, pp. 261, ei4,50 Patrizia Carrano Donna di spade Rizzoli, pp. 274, Gì7 ROMANZI

Luoghi citati: Parigi, Prussia