Nel «fortino» dell'astensione la parola d'ordine è dolcezza

Nel «fortino» dell'astensione la parola d'ordine è dolcezza LA SEDE DI «SCIENZA Ci VITA»: IN TRENTA AL LAVORO TRA VOLONTARIATO, AUTOTASSAZIONE E OTTIMISMO Nel «fortino» dell'astensione la parola d'ordine è dolcezza Niente pulp: una campagna molto calcolata e per nulla nascosta «E svantaggioso sbattere in faccia all'elettore la verità cruda» inchiesta Mattia Feltri ROMA CINQUECENTO metri quadrati, e c'era dentro una vecchietta da sola. «Non l'abbiamo fatta fuori noi: siamo per la vita dall'inizio alla fine», è la pronta ironia dei nuovi occupanti. Il palazzo, di proprietà del Vicariato, si chiamava «Spidale dei cento preti», non vi si praticavano terapie ma si conservava dolce, con gli spazi e le grandi finestre sul Tevere, la vecchiaia dei sacerdoti. La sede del «Comitato scienza 5- vita» è qui, sul Lungotevere dei Vallati, ribollente di attività e gradi centigradi, ma nessuno apre le finestre perché la frescura si paga con la brezza, che nei pressi del fiume non manca, ma fa volare via i fogli e i volantini della propaganda astensionista. L'affitto dev'essere alto, ma al comitato non se ne interessano, comunque non quantificano, si paga con l'autotassazione, le donazioni dei privati: «I soldi servono sempre, li abbiamo raccolti anche col porta a porta», dicono. Non ci sono i grandi capi, i due presidenti Paola Binetti, presidente della Società italiana pedagogia medica al campus biomedico di Roma, e Bruno Dallapiccola, ordinario di genetica alla Sapienza si vedono sempre meno, spediti in giro per l'Italia a dettagliare le ragioni del non voto al referendum sulla fecondazione. A coordinare il fervore c'è Bea Rosati, la project manager, riconoscibile dagli stivali da cow boy in una profusione di sandali. Dice che lì dentro è un andirivieni incontrollabile: a lavorarci saranno una trentina, tutti dell'associazionismo cattolico, poi arrivano e vanno ragazzi dell'università negli spazi che gli studi concedono allo slancio civile. C'è chi scansiona gli appuntamenti, chi distribuisce il materiale, chi impacchetta le videocassette con gli spot per le tv locali, chi le accumula all'ingresso in attesa del postino, dando al visitatore il senso del matto e disperatissimo affannarsi. C'è pure la cucina - dove alle tredici o giù di lì si fa bollire l'acqua per la pasta e si riscalda il sugo - a dare quel sapore immancabile dell'adattarsi nell'emergenza elettorale, quando il tempo è poco e prezioso, e mangiare all'impiedi è un programma più esistenziale che politico. Ma la facciata del1'allegro dilettantismo vien via con un fiato, quando Mimmo Delle Foglie, vicedirettore dell'Avvenire (quotidiano dei vescovi) autosospeso per darsi alla battaglia referendaria, illustra l'ingranaggio. Cosi, ecco, le migliori intenzioni non stanno su senza la tecnica. Delle Foglie avverte: «Noi siamo moderni». Hanno organizzato, all'inizio della campagna, la giornata del training televisivo. Tutti quelli deputati all'ospitata nel talk show sono stati precettati per l'infarinatura. Hanno simulato per ore il dibattito di seconda serata per vedere chi funzionava meglio, per insegnare i rudimenti dello stare in video, i piccoli segreti sul ritmo della parlata, gli ingredienti della concisione, del non abbandonarsi alla foga, del non correggere il minimo errore del compagno di barricata. Roba molto berlusconiana, molto calcolata e per nulla nascosta. E infatti chi si aspettava il ricorso al pulp, al pugno nello stomaco, alla mostruosità iconografica della genetica di pohtici corrotti e scienziati pazzi, ci aveva visto male. Al massimo fra le notizie del sito (comitatoscienzaevita.it), quella di un documentario russo sugli esperimenti di fecondazione artificiale nell'Urss degli armi Venti, quando si lavorava nei laboratori a un ibrido di uomo e scimpanzé. Per il resto si sono visti manifesti di donne dolcissime col bimbo in braccio, neonati da stringersi addosso, al massimo un feto, ma bellino pure lui. L'hanno studiata, la cosa. Lo dicono, hanno i loro focus group, han fatto le ricerche e ora sanno che prendere l'elettore per la collottola, sbattergli in faccia la verità cruda, è soprattutto svantaggioso. La logica vale in tutto. I testimonial, per esempio. Mentre di là è una sfilata che parte dal Telegatto e finisce con la fiera dei Nobel - Paolo Bonolis e Rita Levi di Montalcini, Monica Bellucci e Margherita Hack - di qua non si va televisivamente oltre un Ettore Bernabei, populisticamente oltre un un Antonio Baldassarre. Sembra una strategia di politicamente scorretto, ma molto anomala, «e in fondo la gente ce lo dice: che titolo ha Sabrina Ferilli per parlarci di queste cose?». Dunque anche adesso, promettono, non si spenderà fiato sulle parole di Papa Ratzinger, si andrà avanti con la voce dei cattedratici alla Angelo Vescovi. E non dev'essere considerata una deriva dell'ultima ora la presentazione, questa mattina, del «Comitato scienza e vita per le donne» in cui compaiono, fra le altre, l'intrattenitrice televisiva Paola Saluzzi e l'attrice Giada Nobile, nei panni di madre Teresa in un recente musical. Non è ima deriva, dicono, perché ora arrivano anche il comitato dei giuristi e quello dei medici-scienziati. E si ridacchia, qui sul Lungotevere, nel ribaltamento del politicamente scorretto. Uno dei manifesti del Comitato «Scienza S vita» per l'astensione al referendum iHii! Il professor Bruno Dallapiccola

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