Mozambico, ovvero un pezzo d'Africa lusitana

Mozambico, ovvero un pezzo d'Africa lusitana QUEST'ANNO SI FESTEGGIANO I TRENT'ANNI DELL'INDIPENDENZA: A FIANCO DI UN PAESE BANTU CE N'È UNO CREOLO Mozambico, ovvero un pezzo d'Africa lusitana Marco Moretti A Pemba, sul palco della festa del Frelimo, il partito (un tempo marxista) al potere, s'alternano le danze tribali di gruppi bantu accompagnati dai tamburi. Nel negozio dietro l'angolo mi serve però una ragazza con occhi verdi a mandorla, pelle nera, naso fine all'insù e capelli lisci corvini. Nel suo volto c'è la storia degli ultimi cinquecento anni del Mozambico, del «zuppa» razziale portoghese. Perché qui l'Africa, oltre che coi lusitani, è andata a letto con arabi, indiani e cinesi. A fianco d'un Paese bantu ce n'è uno creolo: il nerbo produttivo d'una nazione altrimenti poverissima. Quest'anno il Mozambico festeggia trent'anni d'indipendenza, è africano ma resta portoghese nel ritmo melodioso della lingua come nell'eredità mulatta. Quello di Lisbona fu tecnicamente il peggiore colonialismo: non lasciò strade né ferrovie, mezzi di produzione o sistemi educativi. Sviluppò solo i porti: per esportare le materie prime. E la foiba di Salazar che, per salvare l'impero, trasformò le colonie in province del Portogallo costò al Mozambico uno spaventoso tributo di sangue. Ma quindici anni di guerra anticoloniale non lasciarono odio razziale e rivelarono un pregio del dominio lusitano. Quando nel Cinquecento le caravelle raggiunsero Africa, India, Cina e Brasile, Alfonso de Albuquerque, creatore dell'impero commerciale portoghese, incoraggiò con un editto i matrimoni misti per saldare i vincoli coi popoli sottomessi: non fu una fuga in avanti verso una società multiculturale, ma l'unica possibihtà per un piccolo Stato di dominare gli immensi territori conquistati. In Mozambico la sua politica ha dato buoni frutti: non c'è razzismo, a differenza dei Paesi vicini dove le colonizzazioni inglesi, olandesi e tedesche la-, sciarono infrastrutture ma anche un bagaglio di odio figlio dell'apartheid. Il Mozambico ricorda il Brasile, nell'architettura di Uba de Mogambique - ex capitale e base sulla via dell'India, dichiarata patrimonio dell'umanità dalTUnesco - ma anche nell'allegria della sua gente, nell'amore perla musica, nell'anima mulatta, nel sorridere alla durezza della vita. Su coste e isole hanno aperto i primi alberghi, ma nell'interno i turisti sono una rarità. L'Africa qui conserva tradizioni e ingenuità, l'arrivo d'uno straniero m un villaggio suscita curiosità ed eccitazione: tutti vogliono essere fotografati e nessuno chiede soldi. Vivono in capanne di fango e parlano di fame ma sorridono. L'economia ufficiale è basata su strutture portuali, poche materie prime e molti aiuti intemazionali, soprattutto dall'Italia. Quella reale su pesca (vengono da qui i migliori crostacei del mondo) e su un'agricoltura di sussistenza. La sofferenza che non si coglie sui visi si manifesta nell' arte del Mozambico. Nel makonde, la scultura degli altipiani del Nord, l'intreccio di corpi magri intagliati nel nero dell'ebano: al Museo Nacional de Arte di Maputo (la capitale) si vedono le opere del noto Alberto Chissano, a fianco delle tele surrealiste (ancor più drammatiche) di Ngwenya Ma- langatana, mentre a Pemba s'incontrano gli artigiani makonde al lavoro nell'atelier davanti all'aeroporto. E di dolore sono intrisi i romanzi di scrittori di fama mondiale come Mia Couto e Paulina Chiziane. Se i libri di Couto disegnano percorsi individuali nel dramma collettivo della lunga guerra civile che seguì all'indipendenza. Il settimo giuramento di Paulina Chiziane compie un viaggio nel Mozambico magico, tra fattucchiere e guaritori, miti afrodisiaci ed erbe curative (come quelle vendute al mercato di Xipamanine a Maputo), fino al loboIo, specchio della donna nella società mozambicana, al tempo stesso piacere e sofferenza, sottomissione e potere. Una cultura lontana che può sedurre, non solo culturalmente, perché qui tutto emana sensualità. Uomini e donne amano con promiscua ingenuità. Amore e desiderio si mescolano senza forma né tabù. La libertà sessuale è così diffusa che in tutto il Nord del Paese non c'è prostituzione, ma si registra una spaventosa percentuale di ammalati di Aids. Nei villaggi le ragazze restano incinte poco più che bambine, ma si racconta - come in Terra Sonnambula di Mia Couto che i figli nascono dai termitai. Capolavori della natura, interpreti di una geografia totemica insieme ai giganteschi baobab che movimentano il paesaggio dell'interno come quello della costa. Baobab alternati a flambo¬ yant, palme e frangipani a Pemba, l'antica base commerciale appoggiata sul promontorio che chiude la terza baia del mondo per superficie. Città coloniale e villaggio africano con capanne costruite - su strutture di legno di mangrovia (indigesto alle termiti) - con fango rosso o blocchi di corallo e tetti di foghe di palma: dilagano tra colli dominati dai baobab, in riva al mare in borghi di pescatori, in un bazar colorato da tessuti, frutta e spezie. Al mercato s'incontrano artigiani e donne con abiti colorati e il viso imbiancato dal musiro: ima pasta ricavata da una radice grattata e mescolata all'acqua, protegge la pelle dal sole, usato solo dalle ragazze nubili, distingue anche le donne in cerca di marito da quelle sposate. Pemba è la base per visitare le Quirimba, arcipelago di 23 isole a un quarto d'ora di aereo sorvolando barriere coralline, lingue di sabbia e distese di palme. Si va sulle isole resort di Quilàlea e Materno, da dove s'esplorano fondali corallini popolati di tartarughe e pesci tropicali e si visita Ibo: con edifici colonnati, chiese e un forte del Seicento profuma di decadenza, era la base per il commercio degli schiavi. Ibo come liba de Mogambique, l'antica capitale coloniale. Nella sua Cidade de Pedra, davanti al Palazzo del Governatore, Vasco da Gama - immortalato nel bronzo - guarda l'oceano che dominò con le caravelle. Alle sue spalle i palazzi che furono dei nobili si mescolano a chiese, edifici pubblici e al grande Hospital de Mogambique. Situata 450 chilometri a Sud di Pemba, liba de Mogambique è legata alla terra ferma da un lungo ponte: parte dalle saline è sfocia tra le capanne del quartiere dei pescatori. Gli stessi che prendono il mare sui dhow o cuciono le reti in spiaggia all'ombra delle moschee, perché - a differenza del resto del Mozambico, a maggioranza cristiana e animista - la popolazione di llha è soprattutto musulmana. I bantu qui si sono mescolati con omaniti, persiani, pakistani e indiani: c'è anche un tempio indù. Un'altra sfaccettatura d'un Paese creolo. Quello di Lisbona fu tecnicamente il peggiore colonialismo possibile: non lasciò né strade né ferrovie, né mezzi di produzione né sistemi educativi, sviluppò soltanto i porti per esportare le materie prime. E la follia di Salazar costò uno spaventoso tributo di sangue Una donna di etnia Mussuri in posa di fronte alla sua capanna. A destra: il panorama e le capanne del villaggio di Pemba Una veduta della splendida llha di San Antonio