lmi-Sir, scende a sette anni la pena per Previtì

lmi-Sir, scende a sette anni la pena per Previtì QUATTRO ANNI DI SCONTO, NON BASTANO A FAR SCATTARE LA PRESCRIZIONE. RIDUZIONI ANCHE PER GLI ALTRI IMPUTATI lmi-Sir, scende a sette anni la pena per Previtì La condanna diminuita in appello, non colpevole per il Lodo Mondadori MILANO «Grazie, ma preferisco non commentare». Tono cupo ma gentile, Cesare Previti, mezz'ora dopo la sentenza della seconda corte d'appello che lo condanna a sette anni di reclusione per corruzione nella vicenda Imi-Sir e lo assolve da quella per il Lodo Mondadori, decide di affidare ogni considerazione ai suoi legali, che parlano di mancanza di coraggio della corte e di «imputazione ridimensionata». Comunque la si voglia vedere, sette anni di reclusione in appello per l'ex ministro della Difesa, per il potentissimo avvocato di Berlusconi, per l'uomo insomma che mezza Roma riveriva e temeva, non sono uno scherzo. Anche perché la sentenza, letta alle dieci del mattino dal giudice Roberto Pallini, lo riconosce colpevole di almeno due episodi di corruzione e pur mandandolo assolto dall'accusa di aver contribuito ad aggiustare il verdetto che attribuì la Mondadori alla Fininvest nel 1991, non lo consola. Anzi, divarica ancor più il suo destino giudiziario da quello del Cavaliere, come accadde nel processo Sme-Ariosto. Perché delle assoluzioni di Previti beneficiano soprattutto le prescrizioni di Silvio Berlusconi, convitato di pietra in tutti i processi del suo uomo di fiducia, e non viceversa. La riforma parziale della condanna di primo grado (11 anni) decisa ieri dalla seconda corte d'appello per Previti, con una riduzione della pena di 4 anni, non lo mette infatti al riparo da alcuna prescrizione (che nel suo caso potrebbe scattare solo nel 2008) e rischia, nel caso la Cassazione confermasse il verdetto, di spalancargli le porte del carcere. Secondo i giudici quindi, quei 67 miliardi che gli eredi del defunto Nino Rovelli versarono nel 1994 a lui, all'avvocato Attilio Pacifico (altri 7 anni) e all'avvocato Giovanni Acampora (4 anni e mezzo, perché giudicato separatamente con rito abbreviato) furono il frutto della corruzione nei confronti dell'ex giudice Vittorio Metta (6 anni) e dell'ex capo dei gip romani Renato Squillante (5 anni) per ottenere una sentenza «sicura», che attribuisse cioè agli eredi del petroliere scomparso, la vedova Primarosa Battistella (2 anni) e il fighe Felice (3 anni) un risarcimento da parte dell'Imi all'epoca di Stato, di 670 miliardi, diventati con le rivalutazioni e gh interessi mille miliardi di lire. I giudici hanno fatto comunque delle distinzioni anche in questo caso. Riconoscendo cioè la «corruzione attiva degh imputati» nei confronti dei due ex magistrati sotto accusa: 133 milioni a Squillante nel giugno del 1991 pagati sul suo conto Svizzero da un bonifico di Pacifico affinché l'ex gip mettesse in contatto Rovelli con l'avvocato Francesco Berlinguer in modo che questi avvicinasse un membro del collegio giudicante della Cassazione per avere notizie sulla causa ImiSir; e poco più di un miliardo di lire, in contanti, versati all'ex giudice Vittorio Metta tra il '90 e il '93, affinchè questi, come membro del collegio giudicante, garantisse una sentenza favorevole, scritta in tempi record secondo l'accusa addirittura sotto dettatura dei coimputati. Peri giudici d'appello insomma, non sarebbero sotto accusa tanto i 67 miliardi pagati per «il servizio» dagli eredi Roveui, quanto quelli versati ai due magistrati all'epoca in servizio presso il distretto giudiziario romano. C'era un terzo giudice, per la verità, tra gh imputati originali, quel Filippo Verde, all'epoca presidente della Corte d'Appello di Roma, assolto in primo grado e contro il quale la Procura non ha mai presentato ricorso. La Corte d'appello ha poi escluso il ruolo di Squillante come «intermediatore» presso pubbhci ufficiali non identificati, assolvendolo «per non aver commesso il fatto». Assoluzione completa, infine. sebbene con la formula dubitativa di quella che una volta era chiamata «insufficienza di prove», per la vicenda Lodo Mondadori e contestuale condanna della parte civile Cir di Carlo De Benedetti al pagamento delle spese processuali, con revoca del pagamento della provvisionale che era stata quantificata in primo grado in 380 milioni di euro. Revoca dei danni pari a un milione e 290 mila euro in favore della Presidenza del Consiglio e di 516 mila euro per l'Imi-San paolo e rimissioni deUe stesse al giudice civile. E conferma perciò delle statuizioni civili relative alla vicenda Imi-Sir. Vicenda nata 21 anni fa, scoperta dai pm della Procura nel 1996 e conclusa, salvo sorprese in terzo grado, solo ieri, la storia del processo Imi-Sir, ha visto, soprattutto nel processo di primo grado, il combattimento di battaghe asperrime sia con l'accusa che con lo stesso presidente del tribunale. Paolo Carfì, che ieri, nonostante la parziale riforma delle sue decisioni, si diceva «soddisfatto»: «Soprattutto perché fa piacere che siano state accolte le questioni processuali (competenza, rogatorie, impedimenti parlamentari) sulle quali erano state fatte tante polemiche. È stata riconosciuta la nostra correttezza». E circa le assoluzioni? «Fatto fisiologico, succede ogni giorno. L'importante è che sia finita, basta. Di questa vicenda non ne posso più». [p. col.] Un'immagine d'archivio di Cesare Previti in aula nel tribunale di Milano

Luoghi citati: Milano, Roma