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Sacchi CHAMPIONS MERCOLEDÌ SERA A ISTANBUL LA FINALE CONTRO IL LIVERPOOL Sacchi «Il Milan è sgonfio ma decide Kakà» intervista Roberto Beccantini ARRIGO, con questa sono sette: sette finali da quando Berlusconi cambiò tutto. Ma senza la nebbia di Belgrado... «La Stella Rossa stava vincendo 1-0, gol di Savicevic, e noi eravamo in dieci, espulso Virdis. Stagione 1988-89, ottavi, andata 1-1. La sera, in albergo, presi da parte la squadra: ragazzi, al mio paese dicono che ci vuole occhio, pazienza, memoria e "bus de cui". L'ultimo, l'abbiamo già speso. Ce ne restano tre. Regolatevi. Ricordo che Rijkaard andava in giro per la hall ripetendo la frase in un romagnolo da fumetto. II giorno dopo, giocammo alla grande e i rigori fecero giustizia». C'è un filo conduttore fra il tuo Milan e questo? «Il progetto. La ricerca di una manovra che leghi le individualità alla manovra collettiva, in maniera da non dover dipendere dagli episodi; o comunque, in modo da crearne più degli avversari. La forza e la lungimiranza della società». Milan-Liverpool che razza di partita sarà? «Le finali sono sempre difficili da tradurre. A questi ritmi, è già tanto che ci siano arrivate... Parlo dei calendari, troppo fitti, e dell'aspetto politico che ormai li governa. Non capisco le Federazioni: sarebbe nel loro interesse offrire un prodotto gradevole, specialmente in coincidenza con gli appuntamenti più prestigiosi. Possibile che nessuno si renda conto che più partite significano più giocatori e più giocatori, più spese?» Insomma, non è aria... «Di solito, in casi del genere, non vince il più forte, come sarebbe giusto, ma il più fresco. Detto ciò, il Milan ha più esperienza e più qualità. Il Liverpool, più gamba». E allora? «Immagino un tamburello mol¬ to tattico e poco spettacolare. Una roba tipo Muan-Benfica del '90, a Vienna. Avevamo perso la Coppa Italia e il campionato in un modo che ancor mi offende (monetina di Alemao, fatai Verona), eravamo a terra. Ci ricaricarono i tifosi l'ultima giomata, 4-0 al Bari sul neutro di Bergamo, applausi e caroselli come se lo scudetto lo avessimo vinto noi. Recuperammo appena in tempo, e al Prater fini 1-0, cioccolatino di Van Basten, gol di Rijkaard». Con Ancelotti siamo li... «La doppietta è un miraggio che logora. In cinque giomi, lo Sporting Lisbona ha perso scudetto e Coppa Uefa. Il Milan ha pagato lo stress di Eindhoven. Il problema è il serbatoio, atletico e psicologico. Ripeto: in autunno o in inverno, non avrei avuto dubbi. Oggi, ne ho molti». La Juve italiana, il Milan europeo: perché? «Forse perché il calcio della Juve è più fisico e quello del Milan più tecnico. L'una, privilegia tradizionalmente le corse a tappe. L'altra, le classiche. Deve esserci qualcosa di diver- so nei rispettivi Dna... Come il Milan, la Juve sa scegliere i giocatori. Li vuole campioni, li esige vincenti: nello spirito, nella vita privata, in tutto. Penso a Capello, al capolavoro che ha realizzato. Contro molti, tifosi compresi. Ritornando al tema, Juve italiana, Milan europeo, posso aggiungere una cosa. Da noi, c'era premio doppio per la coppa, non per lo scudetto. Da loro, non so». Giocando all'italiana, il Cska Mosca si è preso l'Uefa, mentre il Liverpool ha eliminato Juve e Chelsea. Cosa succede? «Semplice: ci sono formazioni più prudenti e altre meno. Dipende dalle esigenze, non solo dai gusti. I russi sì, mi hanno deluso: catenaccio e contropiede. Il Liverpool, invece, ha un timbro diverso. Conosco Rafa Benitez, è un uomo di mondo, ma se con la Juve gli manca mezza squadra, mica può andare allo sbaraglio». Il grande Liverpool: che ricordi hai? «Splendidi. C'era la stoffa dei singoli, c'era un livello orchestrale d'alto spessore, c'era un'emorme disponibibtà al sacrifìcio. Keegan, Souness, Dalglish, Neal. E Bob Paisley, il loro Rocco. Mi piaceva come occupavano il campo, e come lo usavano. Non a caso, vinsero quattro Coppe dei Campioni». Ancelotti e Tassotti allenano ìl Milan. Rijkaard ti ha soffiato la Liga con il Barcellona. Van Basten è et dell'Olanda, Donadoni a Livorno, Gullit al Feyenoord. Qual è il segreto? «Le idee rivoluzionarie di Berlusconi, il lavoro di gruppo: Galliani, Braida, Ramaccioni. Un senso di appartenenza fuori del comune. Anche prima, però, c'erano stati fior di Milan e fior di tecnici. Il mio nacque dall'incrocio fra una base fortemente italiana e i tre migliori olandesi dopo Cruyff. Da una parte, la nostra mentalità sparagnina; dall'altra, la loro spavalderia. Il massimo. Ebbi la fortuna di capitare nel momento giusto. Per dirti il clima che si respirava. Gullit, che aveva appena vinto il Pallone d'oro, confessò a Van Basten: "Quando corro parte, riesco persino a divertirmi". Capito?» , Chi potrebbe decidere, mercoledì sera? «In chiave milanista, la velocità di Kakà, lo sviluppo del gioco che può garantire Pirlo, la solidità della difesa. E, naturalmente, il fiuto di Shevchenko, uno che di rado sbaglia le partite che contano. Ma soprattutto Kakà. Se c'è una cosa che ultimamente manca al Milan, è proprio il cambio di passo, il colpo di acceleratore, che sapeva fornire il brasiliano». E in chiave Liverpool? «Tatticamente, non ti regala nulla. Occhio a Cissé: se gli dai due metri, tranquillo che diventano quattro. Hanno patito un sacco di infortuni: Xabi Alonso, lo stesso Cissé, Gerrard. Quello che è stato un handicap non lieve potrebbe trasformarsi in un vantaggio: e non da poco. Fra parentesi, Benitez ha avuto una splendida intuizione: Carragher, un ex terzino, spalla di Hyypia al centro della diga. Si integrano splendidamente: Carragher, rapido ed essenziale; il finnico, grande, grosso, magari un po' lento, ma con il radar nella testa». Ancelotti ha già deciso: due punte. «Ottima scelta. A certi livelli, l'atteggiamento diventa fondamentale. Una punta sola presuppone centrocampisti che si sgancino e vadano al tiro: ma per sganciarsi e fiondarsi in area, bisogna essere al top della forma, eventualità che, calendario alla mano, mi sento di escludere. Con due punte, il Liverpool dovrà stare perennemente sul chi va là. Con una, potrebbe farsi venire strane idee». Ottimista o pessimista? «La coppa, la porta a casa chi saprà soffrire di più. Mi fermo qui. Di solito, non ci azzecco mai». La settima finale «Rossoneri più esperti e più forti, il Liverpoo ha invece più gamba Calendari pazzeschi bisogna cambiarli»