L'ambasciatrice Laura scende in campo per la libertà nell'Islam di Maurizio Molinari

L'ambasciatrice Laura scende in campo per la libertà nell'Islam A GERUSALEMME CONTESTATA DAGLI ULTRA' ARABI E ISRAELIANI L'ambasciatrice Laura scende in campo per la libertà nell'Islam Di fronte alle provocazioni non ha mostrato nervosismo e ha indicato il proprio velo nero per fare risaltare il suo rispetto per i luoghi sacri Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK «Sì è vero, posso essere la messaggera di mio marito». Con il sorriso da casalinga del SudOvest che llia resa tanto popolare in patria. Laura Bush ha confessato dagli schermi di «AlArabya» che la missione di quattro giorni in Medio Oriente è il debutto per affiancare George W. nell'intento di promuovere le riforme democratiche e combattere la tirannia nell'Islam, anche al prezzo di sentirsi gridare da gruppi di arabi «Morte all'America» sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme. Quando sposò Bush nel 1977 la bibliotecaria Laura Welsh lo fece in cambio della promessa che non avrebbe mai dovuto pronunciare un discorso in suo favore ma l'elezione del marito a governatore del Texas nel 1994 la portò a parlare in pubblico - dì educazione, suo tema preferito - e dopo gli attacchi dell'11 settembre diventò, nell' autunno del 2001, la prima First Lady a leggere il settimanale discorso radiofonico del presidente, scegliendo come tema i diritti delle donne violati dai taleban. Da quel momento in poi Laura aveva scelto di tornare al basso profilo, interpretando se stessa, moglie e madre custode dei valori dell' America con uno stile opposto all'aggressività pubblica di Hillary Clinton. Ù successo di popolarità registrato durante la campagna elettorale ha però convinto il team della Casa Bianca che lo stile di Laura potesse essere una carta da giocare per aiutare a risollevare l'immagine del Presidente di fronte alle platee a lui più ostili. Se era riuscita a fare breccia fra le donne liberal, zoccolo duro del partito democratico, poteva essere spesa anche altrove. Da qui la scelta di affidarle il molo di punta nella serata annuale con i corrispon- denti della Casa Bianca - mai teneri con George W. - quando rompendo ogni schema è stata lei a intervenire sul palco, rimproverando al marito di raccontare una barzelletta vecchia, per svelare di sentirsi in realtà una «casalinga disperata» poiché «Mr Excitement va a letto ogni sera alle nove in punto». L'exploit mediatico ebbe un successo che sorprese lo stesso Dan Bartlett, consigliere per la comunicazione alla Casa Bianca, e trovò conferma a inizio maggio a Mosca quando Vladimir Putin accolse Bush proprio con una battuta divertita sul sarcasmo della First Lady. In tale cornice si è fatta largo l'idea del viaggio per rilanciare l'immagine dell'America lì dove è più indebolita a seguito della guerra in Iraq: in Medio Oriente. Un progetto partorito da Liz Cheney, la figlia del vicepresidente designata nel Bush II responsabile al Dipartimento di Stato del dossier della «diffusione della democrazia». Prima in Giordania, poi a Gerusalemme, Gerico e quindi al Cairo il suo messaggio è incentrato sullo sviluppo della società civile: dal diritto delle donne «a pari dignità» come garantito dalla nuova Costituzione afghana e nell'Iraq del dopo-Saddam a quello dei bambini ad avere ovunque r«educazione migliore possibile» al prezzo di qualsiasi sacrificio. Per descrivere l'America a chi non la ama la First Lady ha scelto di presentai j la sua nazione come «rehgiosa e tollerante» ma tutt'altro che perfetta «perché abbiamo avuto bisogno di cento anni per abolire la schiavitù ed il voto alle donne lo abbiamo garantito solo all'inizio del Novecento». Trovatasi in prima linea nel- la settimana delle proteste arabe contro i presunti oltraggi al Corano nel carcere di Guantanamo, la First Lady non poteva evitare la politica e, da texana doc, di fronte all'emergenza non sì è tirata indietro, ha rilanciato. Così ieri quando, dopo aver pregato per la pace al Muro del Pianto, è salita sulla Spianata delle Moschee ed una donna musulmana le ha gridato «Corano, Corano» mentre altri le dicevano «vattene da qui. non sei la benvenuta, voi trattate male i musulmani, morte all'America», lei non ha tradito alcun nervosismo, mostrando il velo nero posto sui capelli puntando a trasmettere un'immagine di rispetto all'intero Islam. Poco prima, sulla Spianata antistante il Muro del Pianto, decine di israeliani le avevano urlato di «liberare Jonathan Pollard», un cittadino americano condannato all'ergastolo per spionaggio a favore dì Israele. Infine quando i giornalisti l'hanno assediata sui temi caldi si è destreggiata con abilità, dicendo che «Newsweek ha sbagliato a pubblicare la falsa notizia sul Corano dissacrato» ma anche «non si uccide per un articolo sbagliato», che in Egitto «c'è bisogno dì riforme» pur se «Mubarak resta popolare», che il ritiro israeliano da Gaza «è un passo verso la pace» sebbene «entrambe le parti ne debbano fare molti altn». Laura Bush si aggiusta il velo: ieri ha pregato per la pace al Muro del Pianto, quindi è salita sulla Spianata delle Moschee