«Perché non ho perquisito il covo di Riina»

«Perché non ho perquisito il covo di Riina» A PALERMO DEPOSIZIONE DEL «CAPITANO ULTIMO»: AVREMMO DANNEGGIATO LE INDAGINI «Perché non ho perquisito il covo di Riina» dal corrispondente da PALERMO Il «capitano Ultimo» è nell'aula davanti ai giudici che lo processano per favoreggiamento nei confronti di Cosa nostra e ottiene un paravento. Il tenente colonnello dei carabinieri Sergio De Capilo è coperto da un telo, come quello utilizzato per la deposizione dei pentiti, e parla della mancata perquisizione alla villa in cui aveva vissuto per quasi 10 anni Tote Riina e la famiglia fino al giorno dell'arresto. Per questa vicenda De Caprio e il direttore del Sisde, Mario Mori (assente nell'udienza), sono accusati di aver favorito Cosa nostra perchè avrebbero ritardato la perquisizione. Per il «capitano Ultimo», che coordinò l'operazione che mise fine alla latitanza del corleonese il 15 gennaio '93, «era utile proseguire l'osservazione» e rinviare ogni tipo di blitz a casa di Riina, che nel frattempo era stata ripulita. E su questo «buco nero» di 19 giorni ruota l'inchiesta. I magistrati voghono sapere perché ci fu questo ritardo, alla luce anche del fatto che i mafiosi riuscirono a portare via dalla villa i familiari, i mobili e gli oggetti preziosi. E nessuno vide nulla. Come mai? L'udienza ha dato il via alle deposizione dei testi dei pm. Si è iniziato con il colonnello dei carabinieri Domenico Balsamo, che nel '93, da capitano, lavorò con De Caprio: rispondendo alle domande del pm Antonio Ingroia, ha ricostruito quei momenti, dall'arresto di Baldassare Di Maggio, a Novara, alla decisione di collaborare con la giustizia che portò all'arresto di Riina e alla decisione di non eseguire alcuna perquisizione immediata nella villa, sostenendo che sarebbero proseguiti i controlli esterni. «Con Ultimo valutammo che era opportuno - ha confermato Balsamo - non eseguire immediatamente la perquisizione, perché pensavamo che era utile proseguire con l'attività di osservazione al fine di individuare soggetti di spicco di Cosa nostra». Bàlsamo conferma anche che fu avviata un'attività di osservazione con un fiutone sistemato dinanzi al residence e che tra la sera e la notte del 14 gennaio '93 (do e il capitano De Caprio e Di Maggio passammo tutto il tempo, tante ore, forse otto, dinanzi al video ad osservare le videocassette registrate dalla telecamera piazzata dinanzi all'ingresso del residence». Di Maggio riconobbe Vincenzo Di Marco, il giardiniere di Riina, che il pomeriggio precedente venne filmato su un'auto, a bordo della quale c'erano pure la moglie del corleonese Ninetta Bagarella e i figli. «Per questo motivo - ha proseguito - l'indomani mattina fu deciso che sul furgone sarebbe andato anche Di Maggio. Per confermare in tempo reale eventuali passaggi di Riina o riconoscere la moglie del boss». Ma Balsamo ha anche detto che lui seppe della cattura del capomafia dalla comunicazione giunta dalla radio di servizio e riferitagli dall'autista. «Fino alla mattina del 15 gennaio - ha aggiunto - De Caprio sosteneva l'utilità di non effettuare perquisizioni. Una tesi che fu avallata dall'allora procuratore aggiunto Vittorio Aliquò e dal pm di turno Patronaggio». Il maresciallo Rosario Merenda, allora nella compagnia di Monreale, ricorda: «Quella mattina fili richiamato in servizio perchè dovevamo procedere alla perquisizione della villa. Ma dopo uri paio di ore quell'ordine non arrivò. Anzi cri dissero che l'operazione era stata annullata perchè sul posto c'erano ancora attività in corso». Merenda poi partecipò alla perquisizione della villa eseguita il 2 febbraio '93: «I mobili erano accatastati al centro della stanza. La casa sembrava disabitata da giorni, da settimane. Sembrava che fossero in corso lavori di ristrutturazione». De Caprio ascolta e poi chiede di parlare: «Volevo precisare che, quando capii che c'era la volontà di procedere alla perquisizione della villa, feci presente dal mio punto di vista, di investigatore, che proseguire con l'attività di osservazione sarebbe stato utile per dare un ulteriore colpo a Cosa nostra, quanto meno dal punto di vista economico, finanziario e organizzativo». [La.]

Luoghi citati: Monreale, Novara, Palermo