Con il poeta errante Bonnefoy verso a terra promessa

Con il poeta errante Bonnefoy verso a terra promessa Con il poeta errante Bonnefo, verso a terra promessa Gabriella Sica YVES Bonnefoy, poeta affascinante e di grande maestria, probabilmente il più importante poeta francese vivente, è uno splendido ottantaduenne con un gran bel viso e una candida capigliatura, ospite oggi della Fiera del Libro a Torino. Fighe della grande tradizione poetica francese, da Baudelaire a Rimbaud e anche Valéry, oltre che di Leopardi, Bonnefoy è anche autore di un'ampia produzione in presa, appassionato estimatore della grande arte figurativa italiana, a cominciare dalle strepitose espressioni che si potevano cogliere a Rema, in quell'anno meraviglioso del barocco che è il 1630. Consiglierei a un editore italiano la pubblicazione del bellissimo libre di Bonnefoy Rome, 2630, singolarmente ancora inedito in Italia a dimostrazione del poco amore che l'Italia nutre per se stessa. Racconta Bonnefoy che il suo bisogno di scrivere prese definitivamente forma quando, scendendo dal treno, pose piede per la prima volta sul suolo italiano e vide il campanile di Santa Maria Novella ergersi verso il cielo e cominciò ad attraversare in lungo e in largo Firenze, sentendosi finalmente in una terra ideale. Ci soccorre intanto la pubblicazione di L'entroterra, mafioso e seducente libro curate da Gabriella Caramore, in cui l'autore individua nell'Italia centrale, nel cuore dell'Italia, tra la bassa Toscana, l'Umbria e l'Alto Lazio, la terra reale in cui alla magnifica arte italiana di Fiero della Francesca e alla sua sapienza si intreccia la bellezza delle colline o dei borghi medievali o di un paesaggio di rovine splendido come Bomarzo. E' quella la terra promessa, terra di stabilità e del «sentirsi» al mondo, per chi sia, come lui, poeta errante, sempre intento a una quéte senza fine, alla ricerca di un luogo, in «cellegamento» cen la città natale, Tour nella Leira o cen il paese delle vacanze, Toirac. L'eleganza ariosa, sapiente e vibrante del suo periodare consola e culla il lettore, eppure Bonnefoy, con gentilezza sovrana ma precisa, inietta un tarlo di ostilità che cresce e corrode da dentro la bellezza stessa del paesaggio e dell'arte, la fa quasi svaporare trasformandola in ombra di se stessa, nell'ennesimo miraggio, al vorticare di una sonda funerea gettata da quel malizioso e strisciante nichilismo della modernità che nasce con Baudelaire. L'ala deir«impossibile» cala sulla bellezza, in un mondo arido destinato a perire e dove si è in perpetuo esilio anche da se stessi. Difficile da tradurre il vero titolo del libro, L'Arrière-pays, più che un entroterra, lontano dal mare, un retroterra, quello che c'è dietro il paese ideale e che è destinato a rimanere «inaccessibile» e «improbabile», insomma il cuore di una chimera o il sogno di un'unità. Titolo anche indicativo della complessa poetica di Yves Bonnefoy, del suo vero «verse». Sempre splendide le sue dichiarazioni di poetica: «la poesia è memoria», la poesia è «la voce che spera», la poesia è uno squarcio sul reale, forse fugace e accecante, ma vero. Perfino il nome Bonnefoy suggerisce, almeno a chi crede al nomen omen, il suo essere uomo di «buona fede». La ristampa di Ieri Deserto regnante seguito da Pietra scritta, del '58 e del '65, voluta da Giuseppe Conte, ci fa leggere anche i versi di Bonnefoy, ritrovare gli emblemi della sua mappa araldica: l'acqua, il fuoco, la neve, il fiume, ma anche la pietra incisa, i luoghi. Tuttavia non emerge una figura vera nella trama dei versi di Bonnefoy. Questo no. Mai una vera presenza. Neanche la scamificazione dell'amate Giacometti. Più spesso apparenze e «segni». L'«assenza» o ì'aaltrove» invocati sembrane i totem mitici di una tradizione culturale tipicamente francese, tra Barthes e Blanchot. La quéte instancabile di Bonnefoy, paziente e umile, mai enfatica, insegue un'immagine, un fuoco, ma più di ogni altra cosa il «cuore-spazio», anche titolo di un suo hbro, il cuoreciotola, «comune scodella per il pasto quotidiano», che racchiude il Sante Graal, come egli stesso scrive in im'Intreduzione alle poesie del 2003. Ma il fuoco si incenerisce, l'acqua sfugge a ogni raccolta, la luce cede il posto all'oscurità e l'arrière-pays non si trova, anche spostandosi in luoghi diversi. E' poeta cauto Bonnefoy, sempre pronto a spogliare la parola che sogni il possesso, la parola prepotente. Sa di essere il poeta della poesia in crisi, il poeta di un Occidente opulento e sature di benessere, figlio di una Francia che già aveva dato tanto alla poesia e a cui lui attinge in gran copia. E allora è lì, sempre sul punto, anzi sulla «soglia», di sottrarsi a qualche misteriosa trappola, alla minaccia di un' ombra, sempre a combattere qualche tentazione, un'insidia senza contenuti, renitente air«idea» fin dal suo iniziale Anti-Platon, refrattario a un sì. Un codice ermetico, in cui non trapelano mai notizie personah, sembra sevrintendere alla poesia di Bonnefoy, poeta gnostico, come lui stesso si riconosce, di un sapere nascosto che solo fugacemente, in un elemento della natura, una foglia o un manto di neve, appare, ritrova una fede sia pure scolorita e retrattile. La sua figura ci ricorda Mario Luzi, con cui ha avuto contatti, oltre a una consonanza con Andrea Zanzotto. E nuova attenzione sembra trovare nella poesia italiana contemporanea, da Conte a Mussapi che lo leggono attraverso il mito, a Fabio Scotto che da poeta francesista ha curato nel 2003 per Crocetti un'ampia antologia, Seguendo un ./uoco. Poesie scelte (1953-200), rinnovando così un' inclinazione della poesia italiana verso la poesia francese che sembrava perduta. Grande alchimista della parola come solo sanno fare i francesi, in oltre mezzo secolo di alacre lavoro, dopo aver attraversato l'intero secondo Novecento, Bonnefoy si è affacciato a questo nuovo secolo con la sua «santa inquietudine» di sempre e il desiderio estenuato e tortuoso di portare il poeta verso la luce, fuori dal mallermeano «tunnel dell'epoca». Due raccolte del più importante poeta francese vivente sempre intento a una quéte senza fine, sempre pronto a spogliare la parola che sogni il possesso, la parola prepotente Yves Bonnefoy

Luoghi citati: Alto Lazio, Bomarzo, Francia, Italia, Torino, Toscana, Umbria