Una «rivoluzione» che si tinge di verde

Una «rivoluzione» che si tinge di verde LA SPIETATA DITTATURA LAICA DEL PRESIDENTE EX COMUNISTA SPINGE LE OPPOSIZIONI VERSO L'ESTREMISMO Una «rivoluzione» che si tinge di verde La protesta islamica rischia di propagarsi al resto dell'Asia Centrale analisi AnnaMesova UNA rivoluzione «colorata» oppure una rivolta islamista? L'improvviso scoppio dell'Uzbekistan prende alla sprovvista gh analisti che facevano le scommesse sugli ex pezzi dell'Urss pronti a farsi travolgere dall'effetto dominò che sta rimescolando alleanze e interessi nello spazio postsovietico. Ma la satrapia di Islam Karimov che governa con pugno di ferro l'Uzbekistan dalla fine degh anni '80, da quando era ancora membro del Pohtburò del Pcus, sembrava quella meno vulnerabile e il contagio del Kirghizistan - che nel marzo scorso, dopo moti di piazza simili a quelh deUe ultime 24 ore ad Andizhan ha deposto in una rivolta salutata come «democratica» il presidente Askar Akaev - non pareva avere la virulenza necessaria a propagarsi in altro repubbliche dell'Asia Centrale. Sia la «rivoluzione dei tulipani» kfrghiza che quell'insurrezione senza ancora un nome nata ad Andizhan sono partite dalla valle di Fergana, il cuore dell'Asia Centrale, la sua aria più popolata (12 mihoni di abitanti) che le pressioni etniche, demografiche e religiose trasformano in una polveriera. In questa oasi verde stretta tra deserti e montagne la carenza dell'acqua e di territori coltivabili, e il meltìng pot mai riuscito tra uzbeki, kii"ghizi, turchi e altre etnie tranciate da confini tracciati dalla matita di Stalin hanno creato un bacino di miseria che ha trovato nell'estremismo islamico la sua promessa di riscatto. E ' nella valle di Fergana che si era trincerato il Movimento islamico uzbeko che aveva tentato nel 2000 un'offensiva contro il regime Karimov, ed è da qui che vengono gh esponenti uzbeki di Hizbi Tahrir, U movimento islamista originario del Medio Oriente al cui braccio locale, Akromiya, appartenevano i 23 detenuti di Andizhan che la folla di insorti ha liberato ieri dal carcere. L'islamismo è stato considerato negh ultimi anni la minaccia principale che viene dall'Uzbekistan, un Paese che dall'Urss ha ereditato povertà e arretratezza e che perfino all'epoca comunista veniva governato da clan familiari corrotti e dominato da costumi e pregiudizi medievali. E l'islamismo è stato uno degh strumenti che ha permesso a Islam Karimov di rimanere in equilibrio per anni tra Mosca e Washington, proponendosi come baluardo contro la pressione degh estremisti. Una posizione che gh ha permesso di bandire movimenti di opposizione, torturare militanti pohtici ostili a lui, far sparire nel nulla giornalisti scomodi: un dittatore, senz'altro, ma in un Paese che democratico non è mai stato, né prevedeva di diventarlo, avere un uomo forte dichiaratamente laico appariva una garanzia di sicurezza che valeva molto più dei diritti umani di lontani e ignoranti uzbeki. La concessione, nel 2001, di territori per basi militari agh Usa, che si sono rivelate cruciali neh'attacco contro l'Afghanistan dei taleban, era sembrata il salvacondotto definitivo per quello che la Casa Bianca definiva un «alleato prezioso». Il khan uzbeko, che dopo una vita nel partito comunista aveva dichiarato di considerare suo modello il conquistatore Tamerlano, aveva cominciato a preparare la successione al trono di sua figlia Gulnara, una diplomatica in carriera che posa volentieri per copertine di riviste glamour e, a quanto si dice, controlla anche un cospicuo pezzo dell'economia nazionale. Ma gh aiuti inviati da Washington si sono gradualmente ridotti e le critiche deh'autoritarismo di Tashkent diventate sempre più dure. Nemmeno gh attacchi kamikaze dell'estate del 2004 contro le ambasciate degh Usa e di Israele a Tashkent, rivendicati da una cellula di affiliati locali di al Qaeda, sono sei-viti a far risalire le quotazioni del dittatore uzbeko. E hanno cominciato ad avverarsi i pronostici di quegh esperti che già negh anni '90 avvertivano; la feroce repressione di ogni forma di dissenso da parte di Karimov porterà inevitabilmente a una radicahzzazione deh'opposizione, che nella terra di antiche glorie musulmane come Samarcanda e Bukhara troverà più facilmente ispirazione nel Corano perdendo la patina di laicità ereditata dal comunismo. E' quello che fa paura oggi a uno di questi analisti, Arkadij Dubnov del quotidiano moscovita Vremja Novostej: «Situazione molto pericolosa, ulteriori violenze in Uzbekistan potrebbero dar luogo a una reazione a catena in tutta la regione». Per Dubnov la rivolta uzbeka non è affatto una «rivoluzione colorata», anche perché Karimov non ha mai permesso l'espressione di una società civile e di un'opposizione legale e moderata. Per quanto la maggioranza degh esperti concorda che Karimov tiene il potere abbastanza saldamente in pugno per non crollare sotto la pressione popolare come il suo coUega khghizo, proteste come quella di ieri potrebbero espandersi. E far sì che l'unico colore disponibile per la «rivoluzione» in Uzbekistan - un Paese nel cuore dell'Asia Centrale che confina anche con l'Afghanistan - rimanga il verde dell'Islam. Mare di Ara! KAZAKISTAN Nukus ^ , Urgench TASHKENT TURKMENISTAN ^ UZBEKISTAN Samarcanda* ^vOKarshi^ TAGIKISTAN L'Uzbekistan, conquistato dall'impero russo alla fine delI'SOO, è diventato Stato indipendente con la caduta dell'Urss alla fine del 1991. Da allora a governare i suoi 27 milioni di abitanti c'è ininterrottamente Islam Karimov, leader comunista piazzato a Tashkent da Gorbaciov che poi ha abbandonato l'ideologia rimanente però abbastanza f eaele a Mosca. La povertà è una piaga del Paese la cui economia nell'epoca sovietica era stato convertita quasi esclusivamente alla coltivazione del cotone. Ricco di risorse comeoro, petrolio, uranio, metano, l'Uzbekistan è però un Paese prevalentemente agricolo con una scarsità drammatica di terreni coltivabili e irrigati (appena l'11 per cento, il resto del territorio è arido). L'abuso di pesticidi e ambiziosi progetti di irrigazione dettati all'epoca sovietica dalla necessità di coltivare più cotone hanno portato a un disastro ecologico: il prosciugamento graduale del grande lago salato Arai e di numerosi fiumi che aggrava ulteriormente le condizioni economiche della popolazione. A causa della terra avvelenata da enormi quantità di pesticidi numerosi uzbeki soffrono di problemi di salute.

Persone citate: Askar Akaev, Gorbaciov, Islam Karimov, Karimov, Stalin