La piazza di Tbilisi: «Bush, aiutaci» di M. Me

La piazza di Tbilisi: «Bush, aiutaci» La piazza di Tbilisi: «Bush, aiutaci» 150 mila fans applaudono ogni parola dell'ospite americano dall'Inviato a TBILISI Stampate su bandiere e manifesti, costruite con piramidi di carta ed esposte sui balconi dei salazzi del viale Rustaveli sono e rose della Georgia che accolgono George W. Bush quando arriva di fronte al tappeto umano della Piazza delle Libertà. Da qui nel novembre del 2003 la non violenta «rivoluzione delle Rose» dette inizio al il dominò democratico nell'ex Urss che ha raggiunto Ucraina e Kirghizistan e preme ora alle porte di Bielorussia e Moldavia. «Due anni fa venivamo qui tutti i giorni - racconta George, un ragazzo di appena 16 anni - poi entrammo nel Parlamento portando le rose, ognuno di noi ne aveva una, fu così che il presidente Eduard Shevardnadze cadde, ci sentimmo tutti dei patrioti». George è arrivato sulla Piazza della Libertà per ascoltare Bush assieme agh amici con cui partecipò alla rivoluzione: Beka, Sofi ed Elissa. «Siamo tutti qui dice Beka, di un anno più piccolo - aspettavamo Bush da tempo, è un nostro amico, quando abbiamo avuto bisogno del mondo ima sola nazione ci ha aiutato, l'America». E' vistosa la presenza di giovani sulla piazza gremita e circondata da rose di carta con i petali dei colori delle bandiere dei due Paesi. Sono i giovani che scandiscono il nome del presidente americano, innalzano qualsiasi cosa sia a stalle e strisce e ritmano i passi dei danzatori del Caucaso. E' la fusione fra patriottismo georgiano e sostegno per l'America che porta decine di migliaia di cittadini a riempire in omaggio a Bush la piazza centrale della nazione che diede i natali a Josif Stalin. «Abbiamo un passato terribile, la Russia ci ha fatto molto male spiega Leila, 32 anni, docente universitaria di arabistica - abbia¬ mo bisogno di democrazia e libertà, per questo ho detto agli studenti che era giusto venire». Per consentire alla capitale di accogliere Bush con il massimo degh onori, le autorità hanno fatto di tutto: le strade di accesso alla piazza sono state ripavimentate, gh uffici pubblici ieri sono stati chiusi, le tv hanno trasmesso spot per invitare alla partecipazione e quando lunedì sera il presidente Usa è arrivato, è stato accolto nella città vecchia da danze continuate tutta la notte (anche se i ballerini hanno dovuto rinunciare a indossare pugnah e scimitarre per ragioni di sicurezza). Abbracciati dal folklore, George W. e la First Lady Laura hanno accennato passi di danza, visitato i bagni turchi, applaudito a scena aperta e cenato in un ristorante tipico, confessando di «avere la pancia piena per quanto di buono abbiamo mangiato». A Mavra e Jejena - due donne settantenni, vestite di nero e provenienti da un villaggio questi gesti sono piaciuti. «Bush è un uomo caldo, buono, trasmette amicizia» osserva Jejena, tradendo un sorriso. I volti della Piazza della Libertà sono quelli che distinguono la Via della Seta. Se nel 2003 Bush si rivolse da Vilnius ai baltici e da Bucarest ai balcanici, se nello scorso febbraio da Bratislava parlò agh slavi, adesso il pubbhco è un popolo i cui tratti, abiti e nomi sono al confine fra Europa ed Asia, fra cristianesimo ed Islam. «E' la nostra terra, siamo stati occupati per troppo tempo dalla Russia racconta Wactan, 77 anni, indosso una divisa dell'Armata Rossa che ha modificato, aggiungendo i gradi georgiani e le insegne dei Marines - abbiamo bisogno di democrazia e libertà, solo l'America può aiutarci». I capelh di Wactan sono bianchi come quelli di Mavrol, arrivato tenendo per mano il nipote di 9 anni che porta il suo stesso nome. «Abbiamo fatto la fila per tre ore, è giusto che mio nipote sia qui - dice il nonno - perché il futuro gh appartiene e di fronte non deve avere altro che libertà e democrazia, so quel che dico, è da qui che venne Stalin». Sul selciato ci sono almeno 100 mila persone - per le autorità locali arrivano a 150 mila - si tratta della maggiore manifestazione avvenuta in Georgia dalla rivoluzione come pure della folla più grande che sia mai andata ad ascoltare Bush. Ma anche qui, come a Vilnius, Bucarest e Bratislava, ciò che unisce il pubbhco non è solo lo slancio per la libertà ma anche l'avversione per la Russia. Elissa, 22 anni, lo spiega in inglese: «Non c'è nulla di cui sorprendersi, qualunque georgiano sa che i russi non ci amano, lo sentiamo sulla pelle, entravano nelle case ed uccidevano, portavano via le persone, solo i russi che vivono qui sono diversi, forse...». Quando il presidente finisce di parlare, la piazza Io saluta ritmando il grido «Bush hero» (Bush l'eroe) prima di ascoltare in religioso silenzio l'inno americano e di cantare a squarciagola quello nazionale. [m. me]