La Georgia si fa a stelle e strisce per George di Maurizio Molinari

La Georgia si fa a stelle e strisce per George DOPO LA PARENTESI DELLA FESTA IN PIAZZA ROSSA IL CAPO DELLA CASA BIANCA NEL CAUCASO RITORNA A PREDICARE LA LIBERTA' La Georgia si fa a stelle e strisce per George Il leader degli Usa promette a Saakashvili di difenderlo dalla Russia Maurizio Molinari inviato a TBILISI «Tutte le nazioni devono rispettare l'integrità territoriale della Georgia». Rivolgendosi ad almeno centomila georgiani riuniti nella Piazza della Libertà e nelle vie adiacenti il presidente americano, George W. Bush, ha pronunciato l'impegno a difendere e garantire ciò che sta più a cuore alla gente di questa repubblica ex sovietica: i propri confini. «Su questa piazza si erigeva la statua di Lenin ma voi nel 1989 l'avete abbattuta e sempre su questa piazza diciotto mesi fa avete terminato il lavoro reclamando la vostra la libertà» ha detto Busj^,,,assicurando che «l'America sarà ài vostro fianco» nella difesa della democrazia conquistata. Con alle spalle mezzo secolo di occupazione sov|etica, alle prese con i contenziosi territoriali del Caucaso e con le rivendicazioni dei ribelli speratisti delle regioni di Ossezia ed Abhkazia, i georgiani temono per le sorti della giovane repubblica ed il presidente americano ha scelto con cura le parole per rassicuarli: «Sul cammino della libertà non sarete mai soli». Poche ore prima, nel colloquio con Bush, il presidente georgiano Mikhail Saakashvii, 37 anni, aveva presentato richieste concrete. «Aspiriamo ad essere ammessi nella Nato - aveva Setto Saakashvili all'ospite - e cantiamo sul fatto che sosterrete la nostra richiesta come state facendo con l'Ucraina». «Lavoreremo con voi affinchè la Georgia potrà essere in grado di rispettare i parametri per l'adesione - è stata la risposta di Bush - perché la Nato per gli Stati Uniti è un'alleanza importante e vogliamo che voi riusciate a raggiungere questo obiettivo, rispettiamo il vostro desiderio di entrare nelle istituzioni europee». E' la prima volta che un capo della Casa Bianca si pronuncia a favore dell'entrata nella Nato di una nazione che si trova ad est della Turchia, più vicina all'Asia Centrale che ai tradizionali confini geografici dell'Europa. Durante il summit avuto sabato sera nella dacia moscovita, il leader russo Vladimir Putin aveva chiesto a Bush di non pronunciarsi pubblicamente sul contenzioso sulle basi militari che la Russia non ritira dalla Georgia ed ilpresiden ^ americano ha risolto la questione alla sua maniera ovvero rilanciando: aprendo le porte della Nato a Tbilisi ed erigendosi a garante della sua sovranità di fronte ad «ogni nazione», Russia compresa. In tale cornice il futuro smantellamento delle basi appare inevitabile. «Ne ho parlato^con Putin a casa sua, non era la prima volta che affrontavamo l'argomento si è limitato a dire Bush durante la conferenza stampa finale - abbiamo posto le basi affinché il problema venga risolto». Come se non bastasse il presidente Usa ha fatto sapere al Cremlino anche dell'altro: è disposto ad aiutare la Georgia a risolvere le dispute territoriali, ovvero a diventare un protagonista dei delicati equilibri della regione del Caucaso, ricca di giacimenti petroliferi e considerata da Mosca una sorte di cortile di casa. Ma parlando di fronte alla folla di Tbilisi Bush ha mandato anche un segnale di attenzione a Putin, facendo presente che «una vqljta conquistata la democrazia, le vere sfide sono quelle interne,, bisogna rispettare i diritti delle minoranze e garantire la libertà a tutti i cittadini», a cominciare dai russi etnici che risiedono in Georgia e la cui sorte sta molto a cuore a Mosca. Nell'ultima parte del discorso Bush ha rilanciato la sfida globale alla tirannia, lodando l'invio di soldati di Tbilisi in Afghanistan ed Iraq, chiedendo a Putin di accogliere con favore la nascita di democrazie lungo i propri confini e riconoscendo ai georgiani il merito di aver «gettato i semi della democrazia che stanno fiorendo in tutto il mondo», essendo stati loro ad innescare il domino che ha poi raggiunto Iraq, Ucraina, Libano e Kirghizistan e si avvicina ora ad altre nazioni, come la Bielorussia. «I popoli dell'Asia Centrale e del Medio Oriènte hanno Io stèsso desiderio per la libertà e sarà appagato» ha terminato Bush, lasciando, intendere il disegno strategico di estendere i confini della democrazia - e forse anche delle istituzioni transatlantiche - fino alle steppe asiatiche. LE PROSSIME RIVOLUZIONI Le «rivoluzioni colorate» finora hanno toccato solo tre repubbliche dell'ex Urss: Ucraina, Georgia e Kirghizistan. La prossima dittatura di cui viene invocata la caduta è quella della Bielorussia. Ma per Bush i popoli dell'Asia Centrale hanno «lo stesso desiderio di democrazia» e le prossime tappe della democratizzazione potrebbero toccare Paesi ai margini dell'Europa geografica, come l'Azerbajdzhan governato dalla dinastia Aliev. E anche lesatrapìe dell'Asia Centrale ex sovietica dove la democrazia non c'è mai stata né veniva considerata possibile: il Kazakhstan in mano alla famiglia Nazarbaev, il Turkmenistan del dittatóre a vita Nijàzdv, l'Uzbekistan governato dall'ex comunista Karimov, il Tagikistan dilaniato da lotte di clan con il v presidente Rakhmonov in carica fino al 2020.