Nella villetta dell'orrore un massacro in silenzio

Nella villetta dell'orrore un massacro in silenzio IL RACCONTO DEL TESTIMONE DEI DUE DELITTI: IL KILLER DEL CIRCEO ERA GELIDO, SPIETATO. AGIVA COME UN AUTOMA PROGRAMMATO PER UCCIDERE Nella villetta dell'orrore un massacro in silenzio Davanti a madre e figlia non ha mai pronunciato una parola Ha preso un sacchetto e lo ha calato sulla testa della donna retroscena Francesco Grignettì inviato a CAMPOBASSO DOTTOR Jekyll e mister Hyde, ecco chi è Angelo Izzo. Affabile, cortese, persino affettato quando doveva muoversi in società. Capace di fare il baciamano alle signore. Gelido, feroce, spietato quando si trattava di uccidere. E la trasformazione, da un'Izzo all'altro, era repentina. Senza segnali premonitori. Così è accaduto giovedì scorso, quando Valentina e sua madre Maria Concetta sono entrate nella villetta di campagna dove avrebbero trovato la morte. Senza il minimo sospetto. Fiduciose. Anche il balordo che guidava la macchina. Luca Palaia, vent'anni, atteggiamento adorante verso il suo «eroe» negativo, non immaginava quanto sarebbe accaduto di lì a poco. Un particolare agghiacciante: Izzo ha ucciso due persone in modo atroce, soffocandole con un sacchetto di plastica, senza mai dire una parola. Come fosse un automa programmato per uccidere. Era l'ora di pranzo di una calda giornata di fine aprile. Madre e figlia avevano preso la corriera al mattino da Gambatesa, il paesino dove vivevano, a trenta chilometri dal capoluogo. Erano contente, poverette. Izzo aveva detto di aver trovato una soluzione allo sfratto. C'era pronta ad accoglierle una casa in campagna. Appuntamento quindi alle ore tredici davanti al «Roxy hotel», un albergo chiuso, di fronte ai giardini comunali. Lì, con qualche minuto di ritardo, è arrivata una macchina scura. A bordo. Palaia e Izzo. Un cenno di saluto e poi via tutti verso le campagne di Ferrazzano. «All'andata non s'è quasi parlato», ha poi raccontato Palaia ai giudici. Il tragitto è durato a malapena dieci minuti. Non erano nemmeno le tredici e trenta spiando hanno varcato il cancello del casolare. La villetta è dei Palladino, una famiglia bene di qui. Il paclre fa il commercialista. Il figlio, Guido, incensurato, piccolo imprenditore dell'informatica, è il terzo protagonista di questa brutta storia. La macchina e le chiavi della casa le aveva date lui a Izzo. Era bastato chiedere e Guido Palladino, «un debole di carattere» come lo definiscono i suoi avvocati Messere e Liberatore, aveva acconsentito. Non era nemmeno la prima volta, peraltro, che Izzo andava nel.a villetta a trascorre qualche ora assieme al suo amico Palaia. «Siamo entrati - ha raccontato ancora il balordo - per un breve giro. Izzo ha fatto in modo di separare le due donne. A Valentina, che era poco di più una bambina, ha detto di aspettare un attimo in salotto. Non ricordo bene che cosa ha detto. Mi pare: devo dire una cosa a tua madre. E s'è avviato con Concetta in cucina. Io gli sono andato dietro». Una porta si è chiusa. Una belva si è manifestata. «Io non potevo credere a quello che vedevo, mi sembrava di sogna- re. Sono rimasto impietrito. Non riuscivo più nemmeno a muovere una gamba o un braccio». Ora, forse il racconto di Palaia è un po' forzato. Magari ha tutto l'interesse a mostrarsi davanti agli investigatori in una veste diversa da quella che è in realtà. «Ma è pur sempre un ragazzino sbandato di ventuno anni», prova a dire il suo difensore, Giuseppe Fazio. «Pagherà per le sue azioni. Però è giusto inquadrarle nel contesto. Stiamo parlando di un giovanissimo alle prese con un cinquantenne, un ergastolano con quel passato che conosciamo, un uomo dalla personalità magnetica». Nel casolare di Ferrazzano, intanto, gli eventi galoppano. Izzo è un altro uomo da quello che si conosceva fino a quel momento a Campobasso. Senza eccedere in retorica, si può dire che è tornato improvvisamente quello di trent'anni prima. L'Angelo Izzo del Circeo. Tira fuori di tasca una pistola e la punta contro la donna. Lei è sorpresa. Il primo gesto è di difesa. E lui la colpisce con cattiveria, una gran botta alla tempia destra con la canna d'acciaio. La donna è stordita. Comincia a perdere sangue. Izzo la fa velocemente girare di spalle e da un'altra tasca tira fuori un paio di manette. Sempre senza una parola. Nessuno ha (meglio: avrebbe. Si deve pur sempre stare al racconto di Palaia) gridato. Le blocca i polsi. Poi agguanta un rotolo di scotch da pacchi. Un primo pezzo a chiuderle la Docca. Un secondo lungo pezzo tutt'attomo alla testa a serrarle pure il naso. Maria Concetta Maiorano capisce che quell'uomo la sta uccidendo. Si agita. Cade in terra. Scalcia. L'autopsia evidenzierà un largo ematoma alla coscia sinistra. Ma Angelo Izzo non è ancora contento. Prende un sacchetto di cellophan e lo cala sulla testa della povera donna. Lo sigilla con altro scotch. Sono attimi tremedi. Izzo sovrasta la donna che agonizza. Palaia è sempre lì che guarda e non parla. «Capitemi. Ero sotto choc». Sostiene il medico legale che ha partecipato all' autopsia: la donna avrà impiegato due o tre minuti per morire. E nel dirlo, sudava. Il tempo sembrava essersi fermato a Ferrazzano. E' passato un minuto, mezz'ora, un'ora da quando è cominciata la mattanza? Palaia non sa specificarlo. Lui è sempre lì imbambolato che guarda un cadavere. E quasi non si accorge che Izzo sta uscendo dalla stanza. Valentina forse era rimasta meravigliata dalla lunga attesa. Forse no. In fondo, di quell'Angelo si fidavano sia sua madre che suo padre. Le aveva aiutate in tante maniere. Forse c'è anche qualche cosa di malvitoso che li lega. Lui è un socio, un amico, un conforto. Perché diffidare? Già, perché? A questo punto parlano le prove. Parole odiose che finiscono in odiosi verbali di polizia. Ma non è colpa di chi li scrive: è colpa di chi fa certe cose. E dunque Valentina Maiorano, «persona di età inferiore agli anni quattordici, mediante minaccia, è stata costretta a subire atti sessuali». Valentina è stata trovata nuda. Ammanettata come la madre, con i polsi legati dietro la schiena. Scotch sulla bocca anche per lei, figlia innocente. Scotch sul naso. Sacchetto di plastica sigillato. Raccontavano i poliziotti che l'hanno tirata fuori dalla buca dov'era sepolta: «La ragazzina portava la maglietta rovesciata per le braccia. Prima Izzo l'ha legata, poi l'ha spogliata». E nel dirlo, sudavano. Un minuto, mezz'ora, un' ora? Quanto tempo sono rimasti nel salotto di Ferrazzano, soli, Valentina e Izzo? Palaia non lo ricorda. Per lui era come vivere dentro un incubo. E gli incubi, si sa, non rispettano l'orologio. Si è risvegliato all'improvviso soltanto quando qualcuno l'ha chiamato bruscamente. Era Izzo. Solo allora s'è reso conto che stava fissando da chissà quanto tempo il cadavere di una donna che conosceva bene e che era viva fino a qualche minuto prima. Izzo è stato sbrigativo, come d'abitudine nei loro rapporti. «Muoviti». Insieme, il vecchio assassino e il giovane balordo hanno infilato in una grossa busta di plastica il cadavere di Maria Concetta Maiorano. «La bambina no, io non l'ho vista né toccata. Ha fatto tutto lui». Hanno trascinato i corpi in giardino. Sotto un ciliegio c'era un piccolo anfratto. Izzo ha indicato una pala. «Scava». E Palaia ha scavato mezzo metro di terra. Lui, Piccolino, esile, sul metro e sessanta, capelli neri lunghi, una vaga rassomiglianza con Nino D'Angelo, a faticare. E l'altro, grande e grosso, anzi quasi obeso, alto, cupo, a sovrintendere. Alla fine, hanno tirato fuori la calce che Palaia era stato mandato a comprare il giorno prima e l'hanno sparsa in quantità tra i corpi e la terra. «Ma io non sapevo a che cosa sarebbe servita». Doveva servire a coprire i cattivi odori. Sono risaliti in macchina. «Io non ho parlato. Lui non ha parlato». Sono tornati in centro, all'associazione. Izzo ha chiuso delicatamente il cancello. Poi ha controllato l'ora: non erano ancora le quindici, non aveva sforato la pausa del pranzo. Il giorno dopo si è tagliato cortissime le unghie. La ragazzina è stata ammanettata con i polsi dietro la schiena e spogliata I cadaveri sono stati messi in un sacco sepolti nel giardino e coperti con la calce Sopra Angelo Izì o: ha confessato i due delitti Da sinistra, Maria Concetta Maiorano e la figlia Valentina