Quando l'amorosa era una preda

Quando l'amorosa era una preda Quando l'amorosa era una preda GIAMBATTISTA Della Porta fu una strana e geniale figura di scienziato, forse inventore della camera oscura e del telescopio, ma anche importante per il teatro italiano, almeno per quello comico, quasi quanto Shakespeare (nato trent'anni dopo di lui ma morto quasi contemporaneamente) lo fu per quello inglese. Autore di un trattato su Plauto, nella ventina di testi che gli si conoscono, all'allestimento di molti dei quali probabilmente collaborò, combina i meccanismi ereditati dalla classicità con un umorismo nuovo, barocco, fatto soprattutto di eloquenza. I suoi personaggi si esprimono con un brio spesso irresistibile, talvolta contaminando più dialetti o, se preferite, lingue; lo stesso facevano gli specialisti della contemporanea Commedia dell'Arte, le cui tirate però non erano mandate a memoria bensì improvvisate, sia pure su cliché del repertorio. Oggi Della Porta si esegue di rado, data la scarsa notorietà del nome, la necessità di impiegare molti attori, e anche la crescente diffidenza del nostro teatro nei confronti del puro piacere della parola. La proposta di un suo lavoro è pertanto un avvenimento, tanto più se fatta col garbo e con l'allegria con cui Renato Carpentieri ha allestito La Tabernaria a coronamento di una stagione in cui il Mercadante ha recuperato altre gemme dell'antico teatro partenopeo. Certo, il regista ha adattato e ridotto, ma con lo spirito rispettoso con cui sempre si deve operare sui testi concepiti in un contesto così lontano ; vale a dire, mantenendo ben chiaro il punto che di un'epoca «altra» si tratta. Niente attualiz- zazioni alla tedesca, dunque, ma coloriti costumi di Anna Maria Morelli e scenografia fissa di Bruno Garofalo coi fatidici luoghi deputati, nonché musiche per archi di Rosario Del Duca, eseguite a vista da Marco Di Palo. La vicenda si rifa a quelle che tenevano la scena un paio di millenni prima, con la rivalità di due giovani per una fanciulla controllata da un tutore ma aiutata da una nutrice; campeggia lo stratagemma escogitato dal servo di uno dei due, di approfittare dell'assenza del genitore di costui per trasformare la casa in taverna e ospitarvi la fanciulla condotta in città. Segue la seduzione della medesima, e, dopo vari intrighi, la scoperta sia del vero genitore di costei, sia del fatto che l'altro pretendente era in realtà suo fratello; tra i personaggi non mancano un pedante sentenzioso, uno spaccone spagnolesco, un «parassito». Nel risaputo meccanismo la vivacità è data dall'eloquenza dei vari personaggi, e questa è spesso impagabile, vedi il vocabolario napoletano del padre, i sogni di cibarie del famelico Lardone, i doppisensi osceni della balia Lima, unico carattere femminile dotato di personalità (come in tutto il teatro grecoromano parlano solo le serve, la prima amorosa essendo solo una preda; qui Lima canta, anche, versi del cavalier Marino), eco,, ecc, porti con contagiosa allegria da una compagnia impeccabile, di cui lo spazio mi costringe a ricordare solo Lucio Allocca, Francesco Procopio, Enzo Salomone, Antonella Morea. Tre atti, due intervalli, in tutto 165' di ininterrotta piacevolezza. A Napoli fino all'8 maggio. Carpentieri allestisce «La Tabernaria» di Della Porta quasi sconosciuto autore dei tempi di Shakespeare TEATRO&TEATRO Masollno d'Amico

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