«Moratoria», il modello impraticabile di Rutelli di Riccardo Barenghi

«Moratoria», il modello impraticabile di Rutelli LA PROPOSTA DEL LEADER DELLA MARGHERITA DI SOSPENDERE LA DISCUSSIONE SULLA LISTA UNITARIA ; «Moratoria», il modello impraticabile di Rutelli il centrosinistra dovrebbe invece discutere e dividersi in pubblico E trasmettere l'idea che comunque ci sarà l'unità nell'alleanza analisi Riccardo Barenghi ROMA QUANDO si parla di moratoria, di solito si pensa agli armamenti nucleari oppure alla pena di morte o magari al debito dei Paesi poveri. Grandi temi insomma, questioni concrete che riguardano centinaia di milioni di persone se non tutta l'umanità. Ma se il termine moratoria viene utilizzato per sospendere una discussione politica su questo o quell'argomento, allora l'uso del termine diventa improprio e quindi sbaghato, infine controproducente. L'altro ieri è stato Francesco Rutelli, leader della Margherita, a proporre una moratoria della discussione pubblica (quella «privata» ovviamente continua eccome) a proposito del futuro della Lista unitaria cioè della Federazione dell'Ulivo cioè del partito riformista o democratico che dir si voglia. Smettiamo di parlarne altrimenti ci dividiamo, ha spiegato Rutelli al suo partito, ammettendo quindi implicitamente che lui non è particolarmente affezionato a quel progetto prodiano. Anzi, ne è decisamente avversario e - in pubblico o in privato che sia - farà di tutto per svuotarlo di senso. Come è stato scritto da questo e da altri giornali, come si dice ormai da giorni nei corridoi della politica, non è un mistero che il progetto rutelliano (e di gran parte della Margherita) sia un altro: un parti- to autonomo e più forte, capace di catalizzare elettori moderati provenienti dall'altra sponda. E che quindi non si sciolga dentro un nuovo contenitore presieduto da Prodi ma diretto dai Ds. Si tratta di due progetti evidentemente alternativi, entrambi legittimi ma eie prevedono scenari strategico-politici sensibilmente diversi. Se prevale l'uno o l'altro, cioè, non è la stessa cosa per un'Unione che si candida con buone probabilità di successo a vincere le prossime elezioni e a governare il paese. Che facciamo, fìnta di niente? Non ne parliamo sennò litighiamo? Se fosse questo il criterio, non basterebbe una moratoria e neanche tre: fino alle prossime elezioni il centrosinistra dovrebbe autocostringersi a tacere per non dividersi su almeno una decina di grandi que¬ stioni politiche. Per dirne una, libero mercato o intervento pubblico nell'economia, oppure un po' e un po'. Per dirne un'altra: lavoro flessibile (e dunque precario) o posto fisso e garantito. E ancora: sì o no una tassa patrimoniale sulle rendite finanziarie e magari anche sui patrimoni più cospicui, sì o no all'abrogazione totale della legge Bossi-Fini sugli immigrati clandestini; ripudio della guerra sempre e comunque oppure si vedrà caso per caso; matrimoni per i gay o solo unioni di fatto o nemmeno queste; fecondazione monogama (legge attuale) o eterologa. E' evidente che, moltiplicata per dieci, l'idea di Rutelli non funziona. Difficile immaginare i dirigenti del centrosinistra che per uh anno non discutono sui giornali, in tele¬ visione, nei congressi e nei convegni di quel iene vorranno fare una volta al governo. E che invece si chiudono in convento e improvvisamente, voile, escono con un bel programma che va bene per tutti o forse per nessuno. Ma non funzionerebbe, quell'idea, neanche se fosse limitata nel tempo (fino all'estate) e a un solo argomento, appunto il Partito prodiano. E' sbaghata perché impraticabile (l'informazione a sua volta dovrebbe partecipare alla moratoria e parlar d'altro, chissà di cosa), ma anche in quanto filosofia politica e della sua comunicazione. Il contrario, il centrosinistra dovrebbe fare esattamente il contrario di quel che propone Rutelli. Discutere e dividersi, unirsi o scontrarsi ma rigorosamente in pubblico. di fronte ai microfoni, alle telecamere, ai taccuini. Rutelli non vuole il Partito di Prodi? Lo dica apertamente e Prodi gli risponda altrettanto apertamente. Bertinotti vuole la patrimoniale e Fassino no? Lo facciano sapere ai loro elettóri, divulghino il loro dissenso. I Verdi vogliono il matrimonio tra gay ma la Margherita neanche impiccata? Spieghino i loro punti di vista. E alla fine facciano delle scelte che siano naturalmente il più possibile condivise ma che scontino anche assensi e dissensi. Un anno di tempo non è poco, considerata anche la situazione in cui nasce il Berlusconi bis e che presumibilmente ne condizionerà la sua esistenza. Un governo profondamente diviso e quindi fragile, con un programma che vuole tenere insieme tutto e tutti senza che questo sia politicamente ed economicamente possibile, dovrebbe indurre l'opposizione a mettersi in piazza, cioè in gioco. Comportandosi in modo del tutto diverso, opposto. Esponendosi anche al rischio di mostrarsi divisa ma trasmettendo contemporaneamente l'idea che comunque un'unità ci sarà perché qualcuno vincerà su un punto e qualcuno su un altro ma nessuno metterà in discussione l'alleanza. Le condizioni perché questo avvenga sono due. La prima è che alla fine nasca un programma, o addirittura un progetto di Paese, che abbia un senso e non sia semplicemente una sommatoria di spinte diverse e magari contrapposte. La seconda è che questo processo avvenga alla luce del sole, senza moratorie di sorta. Un progetto di Paese che non sia semplicemente una sommatoria di spinte diverse e contrapposte Francesco Rutelli parla alla Camera Il leader dell'Unione Romano Prodi

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