Vita e misteri di Zacarias il kamikaze delle «banlieues»

Vita e misteri di Zacarias il kamikaze delle «banlieues» LA FRANGA DI FRONTE ALLA CONFESStONE DEL «VENTESIMO UOMO» DELL'11 SETTEMBÌRE. PER UN ATTENTATO MAI REALIZZATO RISCHIA LA PENA DI MORTE NEGLI USA Vita e misteri di Zacarias il kamikaze delle «banlieues» Una madre decisa a rompere con l'Islam, un fratello integrato Poi Londra, le prediche degli estremisti, la «conversione» fatale personaggio Domenico Quirko 1 corrispondente da PARIGI FORSE il torto è dei giudici americani, della madre, del fratello: supporre che una vita come quella di Zacarias Moussaoui, il ventesimo uomo dell'I 1 settembre, reo confesso, a un passo dal patibolo che lo stesso Bush esige, si possa afferrare con le dita della mano, guardare di sopra e di sotto e poi decifrare. Voglionp arrivare subito all'ultimo capitolo, scoprire perché un giovane francese che adorava i jeans e sognava gh eroi dei film americani, voleva gettarsi con un aereo sulla Casa Bianca; perché, arrestato per la sua goffaggine, ha taciuto per un mese consentendo ai complici di trasformare in realtà la macchina infernale dell'11 settembre. Diventando assassino per omissione. Si sgomitola la giovinezza, madre di ferite spesso inguaribili: Mulhouse, poi Narbonne, la pigra provincia, una famiglia che arriva dal Marocco, scaglia dell'altra Erancia, quella delle banlieu che s'arrangia di fronte alla richiesta categonca di integrazione. C'è una madre, sposa forzata a 14 anni, che decide di crescere quattro figli da sola e di farli diventare «francesi» a tutti i costi. Non parla mai dell'islam, spesso davanti a loro getta in aria bestemmie scultoree su quel mondo. U più piccolo l'ha chiamato Zacarias perché affascinata dai racconti dell'Antico Testamento, a suo modo anche quello uno schiaffo al passato. La vedi: capelli crespi, più giovane dei suoi 50 anni, pantaloni, battagliera. Ha scritto invano a Cliirac, ha pianto davanti alle tv americane, per convincere che quel figlio non c'entra con al Qaeda. È poco. Forse qualcosa di più può rivelare il fratello, Abd Samad, avvinghiato alle sue certezze di integrazione riuscita, che ha scritto un libro per sfuggire ai rimorsi di aver perduto per strada quel ragazzo che «gh è sfuggito di mano»? Sì, c'è qualcosa: un 14 luglio di molti anni fa a Narbonne, Marsigliese e festa di strada, due ragazzini magrebini aggrediti da un gruppo di razzisti. Zacarias ha la faccia rossa di sangue, chiede aiuto ai poliziotti. Quelli, ghignando, cospargono . «l'arabo», di lacrimogeni. Ecco, ci siamo: la rabbia dell'esclusione, la voglia di vendetta contro i parenti della sua ragazza, francese, che non vogliono in casa il musulmano. Troppo banale. Ma dove si incrocia la vita di questo studente rassegnato a un «bac» di basso livello, con il Corano impugnato come una bomba, con Bin Laden? Forse bisogna andare nelle moschee nascoste di questo immenso Islam delle periferie, capannoni slabbrati, alloggi anonimi dove imam arrivati dal Medio Oriente ripetono parole ben diverse da quelle della religione ufficiale. Sono loro che cambiano questi ragazzi con il telefonino e le scarpe Àdidas in qualcos'altro. Per lui la moschea fatale è a Londra, a Finsburypark, dove predica il Savonarola salafita Abu Hamza. È qui che Moussauoi, venuto a «studiare l'inglese» all'inizio degli Anni '90, trova voci insinuanti: esce dalla pelle del ragazzo un po' sbandato e entra in quella dell'aspirante ka- mikaze in un minuto. Ma non è da questi prati ben pettinati per il cricket che è partito il macellaio che ha sgozzato in Afghanistan il giornalista americano Richard Pearl? Anche Zacarias, giovanotto svogliato della vita, ha un anima che è come un dischetto vuoto, chiede solo di essere programmato: la fede, cieca e assoluta, fa balenare un futuro, chi sognava soldi e belle macchine si fa sedurre da ima promessa di paradiso. Adesso ha la barba, quando toma a Narbonne rimprovera il fratello perché la nuora studia all'università: (de donne non devono andare a scuola». Nelle forsennate, febbrili confessioni rese al giudice americano avrebbe dovuto raccontarci di un amico che un giomo sparisce per andare a morire in Cecenia con il mitra in mano. O delle serate in uno squallido alloggio di Lambert Road, dove passano e ripassano giovani barbuti con passaporti sempre diversi. La loro Mecca adesso è Kabul, dove ex studenti piissimi si improvvisano boia davanti a folle da stadio. Anche Moussaoui arriva a quella Shan-grila dell'integralismo, viaggi senza tracce, campi di addestramento in luoghi senza nome. In due anni «perde» tre passaporti e ogni volta si presenta all'ambasciata francese di Londra per farseh rinnovare. L'antiterrorismo francese comincia a interessarsi a questo espatriato, a trovare il suo nome in dossier (nel 1994!) dove si affianca alla sigla terrìbile del Già, la manovalanza del terrorismo algerino. Un giudice passa la Manica in cerca di prove. Ma Moussaoui è impalpabile, il garantismo britannico lo tutela; toma indietro a mani vuote. Va in America in quel 2001, anno delle cifre sanguinose, con un regolare passaporto francese e 35 mila dollari che arrivano dalla Germania, dalla stessa fonte che ha finanziato la terribile trasferta di Mohamed Atta e dei suoi. Anche lui si iscrive a scuole di pilotaggio. Ma è malaccorto, rifiuta le lezioni di decollo e atterraggio. Fa di tutto per diventare il più grande rimorso dell'Fbi: lo arrestano per il visto scaduto, ad agosto, non decifrano gli indizi enormi che si è lasciato dietro. Lui tace. Poi, dopo il massacro, Zacarias, unico colpevole in mano agli americani, sembra esplodere, si scompone, diventa ancor più indecifrabile. Rifiuta gh avvocati che definisce «giuda e sanguisughe», si difende da solo, grida al complotto antislamico, produce centinaia di documenti scritti a mano nella cella perennemente illuminata, li spedisce al Congresso al tribunale alle ambasciate, lancia proclami antisemiti, insulta il giudice donna che vuole sottoporre a «esame psichiatrico per fobia antislamica con complesso di inferiorità sessuale». Grida, farnetica ma poi risponde alle domande in buon inglese. Pazzo ingiudicabile o accorto mistificatore? Ultimo choc, si proclama colpevole ma di un altro complotto mai messo in opera: con un 747 dovevo colpire la Casa Bianca. Non voglio suicidarmi, assicura, ma così prende «un biglietto di sola andata per il braccio della morte», come dice uno degli esterrefatti avvocati, Francois Roux: «Non si può lasciare un uomo di 36 anni da solo con da una parte la giustizia americana e dall' altra i suoi demoni». È vero: chi è Zacarias Moussaoui? Un giorno a Narbonne viene aggredito da un gruppo di razzisti Chiede aiuto ai poliziotti Ma quelli cospargono «l'arabo» di lacrimogeni Zacarias Moussaoui in un disegno durante il processo: in aula è vietato fotografare