LA REINCARNAZIONE

LA REINCARNAZIONE LA REINCARNAZIONE Enzo Bettiza E' come se si fosse realizzato il mistero della reincarnazione nell'investitura papale che vede la chiave di Pietro, sbloccata dopo un giorno di clausura, passare dalla forte mano del polacco Giovanni Paolo II alla mano ferma e sottile del bavarese Benedetto XVI. Dico bavarese, prima ancora che tedesco, perché la Baviera, Stato meridionale con spiccata identità autonoma nel complesso federale dei Lander, costituisce la storica roccaforte cattolica nella Germania riunificata, oggi divisa fra 29 milioni di cattolici e 35 milioni di protestanti a predominante matrice luterana. Dagli Anni 90, che coincidono con le ultime guerre balcaniche e la sfida antioccidentale del fondamentalismo islamico, l'ex cardinale Joseph Ratzinger, uomo di frontiera confessionale nonché geopolitica, per il quale lo scisma antipapista di Lutero e il Kulturkampf anticattolico del prussiano Bismarck erano punti di drammatico confronto intercristiano, ha svolto il ruolo di braccio destro dottrinale e politico di un Karol Wojtyla sempre più debilitato nella carne anche se implacabile nel fervore spirituale che lo induceva a ripristinare con forza i valori tradizionali della Chiesa. Possiamo ben dire, in queste ore di coerente continuità da un pontificato all'altro, che il Ratzinger della Lettera Pastorale «Dominus Jesus», dove s'avvertivano già i prodromi di condanna della «dittatura del relativismo», era già in pectore il delfino di Wojtyla. Era già il Papa latente di una Curia ombra del Vaticano: non a caso la «Dominus Jesus», la quale rivendicava la centralità di Cristo nel corpo di una fede sottratta «ai venti e alle mode del pensiero», era stata autorevolmente controfirmata da Wojtyla. Ma sarebbe troppo facile e fuorviante vedere adesso nel Pontefice tedesco, epigono del Sant'Uffizio, soltanto un caparbio conservatore, un restauratore di dogmi medievali, un cavaliere solitario di una catechesi indiscriminatamente restrittiva e punitiva della laicità occidentale. Egli, il «Panzerkardinal», prima di criticare nel 1968 gli eccessi conciliari, era stato in gioventù un sodale del «cattolico protestante» Kùng, era stato perfino ai tempi del Vaticano II un ribelle ostile allo statu quo gerontocratico e clericale della Santa Sede. Ma anche il suo tanto discusso conservatorismo odierno non è stato esente da recenti scatti d'enfasi moralistica e purificatoria che potevano evocare perfino l'eco di qualche violenta martellata luterana. Si ricorderà che durante la Via Crucis, dove fungeva da vicario del Papa malato, il mite e apparentemente timido Ratzinger esclamò: «Quanta sporcizia nella Chiesa, quanta superbia, quanta autosufficienza!». Pure il nome dinastico di Benedetto che si è dato ha una sua importante e non ambigua ambivalenza. Benedetto XV fu il Papa che definì «inutile strage» la Grande Guerra, e fu la prima condanna esplicita lanciata CONTINUA A PAGINA 4 PRIMA COLONNA

Luoghi citati: Baviera, Germania