Il racconto dell'autista ferito

Il racconto dell'autista ferito Il racconto dell'autista ferito documento 3uido (tuotoio ROMA IL generale Mario Marioli, vicecomandante del «Multinational Corps Iraq», è uno dei testimoni di quel drammatico 4 marzo nel quale fu ucciso dal «fuoco amico» il dirigente del Sismi, Nicola Calipari, al termine di un'operazione di intelligence perfettamente riuscita, la liberazione dell'«ostaggio» Giuliana Sgrena, giornalista de «il manifesto». Le «relazioni» del generale Marioli, del capocentro Sismi in servizio a Baghdad, B.C., e del collaboratore di Calipari, A.C., consegnando ima ricostruzione, assolutamente concordante, dei fatti. Marioli ricorda che sin dal 13 o 14 febbraio «il responsabile locale del Sismi», S.C., aveva chiesto «di assicurare posto letto e accesso alla mensa ad agenti del Sismi». Aggiunge il generale: «Trattata immediatamente la questione con i militari alleati (Capo di SM-BG James Huiggins e Capo della branca intelligence- col. Richard Ellis) ottenevo una completa collaborazione senza domande di sorta. Ritengo fosse ovvio per tutti trattarsi di attività collegate al sequestro, anche se di ciò non fu fatta parola per la specifica direttiva ricevuta». Dunque, Cahpari e il suo collaboratore atterrano a Baghdad. Scrive nel suo rapporto il capocentro del Sismi, S.C.: «Verso le ore 17,10 il dottor Cahpari e il dottor C, a bordo di una berlina Toyota Corolla grigio metalizzato con targa irachena che avevo noleggiato nei giorni precedenti a nome dell'ambasciata italiana, hanno lasciato Camp Victory, dirigendosi alla città. Per uscire dalla base militare sono stati accompagnati dal generale Marioli, dal capitano Green e dal sottoscritto, che li avrebbe attesi alle 19 al check point di accesso a Camp Victory». L'auto si dirige a Be^hdad. Scrive il collaboratore di Nicola Calipari, A.C.: «Ci siamo diretti verso il quartiere di Mansour, dove siamo giunti circa in una mezzora. In Mansour siamo rimasti a bordo dell'autovettura per più di un'ora, forse un'ora e mezzo, con le quat- ito colpi sul condi» tro frecce direzionali accese perché questo fatto doveva agevolare la nostra individuazione e la successiva presa di contatto da parte di persone che avevano assicurato al direttore Cahpari il rilascio della giornalista Giuliana Sgrena, da tempo sequestrata. Dopo altri trenta minuti circa, e quindi approssimativamente tra le 19,40 e le 19,45 è transitato nei pressi della nostra auto un camioncino verde con la cabina chiusa e il cassone aperto, senza targa. A bordo del camioncino c'erano due persone e quella che occupava il sedile del passeggero, coprendosi il viso con una mano ha pronunciato, in inglese, la frase seguimi "followme"». Cahpari e il suo collaboratore seguono il camioncino che attraversa i quartieri di Mansour e di Yamuk, con un itinerario «studiato per confondere e impedire successivamente la ricostruzione della strada percorsa». Finalmente dal camioncino indicano un rotta- me di macchina. E' li che Nicola Cahpari troverà Giuliana Sgrena. «Subito dopo le 20 - scrive il capocentro del Sismi - il dottor C. mi ha comunicato che la signora Sgrena era a bordo della loro auto e che stavano rientrando in tre verso l'aeroporto e che la signora era in possesso del suo passaporto. Ho chiesto a Marioli dì comunicare la notizia a Green, per facilitare tutte le procedure d'ingresso dei colleghi e della signora, sottolineando die avevano 1 intenzione di raggiungere l'aeroporto senza passare da Camp Victory». Conferma Marioli: «Solo allora, su consiglio di C, comunicavo al capitano Green che eravamo lì non solo per facilitare i movimenti dei nostri agenti ma anche perché era stato liberato l'ostaggio itahano che doveva proseguire verso l'Italia». Ancora il capocentro del Sismi: «Dopo qualche tempo ho ricevuto altre chiamate dal dottor C. che mi confermava il suo progressivaawidnarsi all'aeroporto. Le co. municazioni telefoniche si interrompevano spesso a causa della cattiva qualità delle linee telefoni¬ che gestite dalla compagnia americana MCI. Tutte queste comunicazioni avvenivano alla presenza di Marioli e di Green. Alle ore 20,50, il dottor C. mi riferiva di aver lasciato la superstrada per imboccare la strada verso l'aeroporto». La Toyota Corolla è arrivata al posto di blocco mobile a forte velocità? E l'autista non ha rispettato gli avvertimenti della pattuglia? L'autista è il collaboratore del dirigente del Sismi, A.C.: «Il direttore Cahpari - scrive nel suo rapporto - aveva necessità di fare alcune telefonate e per tale motivo ho acceso le luci interne dell'auto, procedura fra l'altro che aumenta la sicurezza nei movimenti favorendo evenutali controlli quando ' si è in prossimità di check point. Sono così giunto poco dopo a un sottopasso che per le piogge era Baghdad o ferito italiani"» allagato, fatto che miha costretto a ridurre di molto la velocità. Sùbito dopo il sottopasso sono giunto a un bivio dove dovevo svoltare a 90 gradi per dirigenni verso l'aeroporto. Mentre effettuavo questa curva ho ancora ridotto la velocità, mantenendomi sulla corsia di sinistra in quanto quella di destra oltre che allagata era pressoché bloccata dalla presenza di due blocchi di cemento. In quel momento la mia velocità non poteva superare i 40/45 chilometri l'ora». Siamo ormai al tragico epilogo del viaggio senza ritorno per Nicola Cahpari. Racconta A.C.: «Quando sono giunto a metà circa della curva si è accesa una forte luce, come un faro, in posizione sopraelevata sopra la mia auto a una distanza di ima decina di metri. Ho immediatamente frenato arrestando il mezzo nello spazio massimo di uno, due metri, data la mia ridotta velocità. La luce interna era sempre accesa. In quel momento, mentre frenavo, ho udito l'esplosione di numerosi colpi di arma da fuoco e percepito i colpi che attingevano il mezzo sul lato destro, notando dei colpi traccianti che mi passavano davanti al petto e sopra le gambe. I colpi di arma da fuoco sono durati per un periodo che ora ritengo non superiore ai 10/15 secondi». La sparatoria avviene in «diretta», perché A.C. è al telefono con il capocentro del Sismi, che relaziona: «Mentre conversavo mi ha detto che erano stati attaccati e potevo udire numerosi colpi di arma da fuoco. La comunicazione si è interrotta e io ho richiamato immediatamente. Il dottor'C. mi ha risposto dicendo concitatamente: "Sono ferito, sono gli americani" e l'ho sentito gridare in inglese e in itahano: "siamo italiani, siamo dell'ambasciata italiana, abbiamo con noi la donna italiana rapita". Sentivo anche deUe urla in inglese che imponevano di tacere e di non muoversi "shut up, don't move"». Nicola Cahpari è morto. Giuliana Sgrena ferita. A.C. non lo sa ancora, chiede infoimazioni a un militare americano che parlava spagnolo: «Quando è tornato, mi ha detto che l'uomo era morto mentre la donna era ferita». Marioli aveva allertato Cahpari, gli aveva detto di fare attenzione ai check point alleati: «Spiegai che ritenevo la più elevata frequenza degli incidenti dovuta al fatto che in dttà operavano i soldati appena arrivati, meno esperti e più timoi osi». «In quel momento ho udito l'esplosione di numerosi colpi sul lato destro, per 10-15 secondi» Il responsabile del Sismi a Baghdad era al telefono con l'uomo ferito «Urlava in inglese: "Siamo italiani"»

Luoghi citati: Baghdad, Camp Victory, Iraq, Italia, Roma