CONCLAVE Perché il Papa cambia nome

CONCLAVE Perché il Papa cambia nome CONCLAVE Perché il Papa cambia nome retroscena Fabrizio Rondollno CinÀ DEL VATICANO NON appena il quorum per l'elezione del nuovo Pontefice è stato raggiunto, e terminate le operazioni di scrutinio e di controllo delle schede, l'ultimo per anzianità dei cardinali dell'Ordine dei Diaconi apre la porta sbarrata della Cappella Sistina e chiama il Segretario del Collegio cardinalizio e il Maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Subito dopo, il cardinale Decano (se fosse Joseph Ratzinger il nuovo Papa, il compito toccherà al primo dei cardinali per ordine e anzianità) chiede a nome dell'intero collegio il consenso dell'eletto: «Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?». Dopo l'accettazione formale dell'elezione, è di nuovo il Decano (o il cardinale che dopo di lui ha maggiore anzianità) a porre la seconda domanda di rito: «Come vuoi essere chiamato?» L'usanza di cambiare nome non appena eletto Papa risale alla fine del X secolo, e nàcque per caso o per necessità: non dunque per motivi dottrinali. L'istituzione stessa del Pontificato, è vero, nasce con un cambio di nome: Gesù, infatti, ribattezza il discepolo Simone proprio nel momento in cui gli conferisce, almeno secondo l'interpretazione cattolica, l'incarico di capo della Chiesa: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt. 16, 18). E tuttavia nei primi secoli del cristianesimo i Papi, esattamente come gli imperatori di Roma, si facevano chiamare con il loro nome proprio: Lino, Anacleto, Clemente, Evaristo, Alessandro, Sisto, Telesforo, Igino, Pio, Aniceto, Sotero, Eleuterio, Vittore, Zefirino, Callisto, Urbano, Ponziano. Antere, Fabiano, Cornelio, Lucio, Stefano, e così via fino al 532, quando fu eletto Papa un umile prete di San Clemente, Mercuriale (o Mercurio): ritenendo probabilmente troppo pagano il proprio nome, lo cambiò in Giovanni n e così venne consacrato il 2 gennaio del 533. E' possibile che, dopo di lui, abbiano anche cambiato nome Giovanni m (561-574), che forse si chiamava Catelino, e il suo successore Benedetto I (575-579), che forse si chiamava Bonesio. Il secondo a cambiare sicuramente nome fu nel 955 Giovanni XII: si chiamava in realtà Ottaviano ed era figlio di Alberico n, queir«umile principe e senatore di tutti i Romani» che regnò su Roma per molti anni. Americo, morendo, si era fatto giurare dai cardinali l'elezione a Papa del figlio: che in questo modo riunificò dopo trent'anni potere temporale e potere spirituale. Fu tuttavia soltanto nel 983 che il cambiamento del nome divenne una consuetudine mai più abbandonata: Pietro, vescovo di Pavia, ritenne inopportuno chiamarsi come il fondatore della Chiesa (nella libellistica apocalittica, tra l'altro, «Pietro n» è spesso l'ultimo Papa), e divenne Giovanni XIV. Morì avvelenato in una cella di Castel Sant'Angelo, a pochi mesi dall'elezione, quando Bonifacio VII riprese con l'aiuto di Costantinopoli il controllo di Roma (in capo a undici mesi fu assassinato dalla folla inferocita, che trascinò il suo cadavere per le strade di Roma). Nel corso del tempo il cambio del nome ha assunto naturalmente un significato simbolico, sia perché sta a significare ima sorta di rinascita all'atto dell'eie- zione, sia perché nella scelta del nome si può individuare una prima dichiarazione programmatica del neoletto, o ima sua ambizione, o un riconoscimento al Pontefice che lo aveva creato cardinale. Sembra dunque che Enea Silvio Piccolomini abbia scelto Pio n per via di Virgilio («Sum plus Aenea»), che Rodrigo Borgia si sia chiamato Alessandro VI per emulare l'imperatore macedone, e che Giuliano della Rovere abbia voluto chiamarsi Giulio II in omaggio a Cesare. Nell'ultimo secolo la scelta assume anche un carattere per dir così politico: Giovanni Paolo I, per esempio, scelse di unire i nomi dei due predecessori per segnalare la continuità conciliare. Prima di lui Angelo Roncalli, per staccarsi anche simbolicamente da un passato, costellato di molti Pio, e non tutti commendevoli, rispolverò il nome di Giovanni, che non veniva più scelto dal 1316. Esiste per la verità un altro Giovanni XXm nella storia della Chiesa: è il cardinale napoletano Baldassarre Cessa, penultimo antipapa, eletto nel 1410 nel pieno dello scisma d'Occidente, poi deposto dall'imperatore Sigismondo, e infine perdonato da papa Martino V, che lo nominò cardinale vescovo di Tuscolo. Nella scelta di prendersi il no- me di un antipapa, Roncalli non fu però l'unico, anzi: prima di lui, e proprio a segnalare l'illegittimità dell'elezione dell'omonimo, altri nove Papi si fecero chiamare come, prima di loro, si era fatto chiamare un antipapa. Per gli amanti delle statistiche, i nomi dei Papi sono in tutto una settantina, e meno della metà è stata ripetuta. Il più frequente è Giovanni, seguito da Gregorio (16), Benedetto (15), Clemente (14), Innocenzo e Leone (13). Torniamo al momento dell'accettazione. Il Maestro delle Celebrazioni, con funzione di notaio e avendo per testimoni due Cerimonieri, ne redige l'atto formale. Il Camerlengo preparerà invece, con l'aiuto dei tre cardinali assistenti, una relazione conclusiva sul Conclave che riporta l'esito di ciascuna votazione. Mentre il primo documento è pubblico, il secondo sarà consegnato al Papa e quindi chiuso in una busta sigillata prima di essere depositato presso gli archivi vaticani: non potrà essere aperta da nessuno, «se il Sommo Pontefice non l'avrà permesso esplicitamente». Le schede dell'ultimo scrutinio vengono bruciate dai Cerimonieri, che opportunamente «coloreranno» di bianco la fumata con uno speciale additivo chimico. Ora l'eletto è formalmente e a tutti gh effetti capo della Chiesa o, come specifica la Costituzione apostohea «Universi dominici gregis», «è immediatamente Vescovo della Chiesa Romana, vero Papa e Capo del Collegio Episcopale» e «acquista di fatto la piena e suprema potestà sulla Chiesa universale, e può esercitarla». Se non fosse già vescovo, verrà subito consacrato tale (accadde l'ultima volta il 5 luglio 1294, quando dopo 27 mesi di Sede vacante i cardinali elessero papa il frate Pietro Angeleri, lo sfortunato Celestino V). Portato in una sala adiacente alla Sistina, il neo-Pontefice indossa gli abiti papah («immantatio») e, subito dopo, riceve r«adoratio» dei cardinali. Il suo primo atto di governo sarà la conferma del Camerlengo, o la nomina di un nuovo Camerlengo, il quale gh infilerà al dito l'anello piscatorio. L'intera cerimonia dura di nonna meno di un'ora: dopodiché il primo dei cardinah Diaconi annuncia alla loggia estema della Basilica vaticana il nome del nuovo Pontefice con la ben nota formula: «Ànmmtio vobis gaudium magnum. Habemus papam». Infine il npovo Pontefice si affaccia alla loggia e impartisce la solenne benedizione «urbi et orbi»: usanza, quest'ultima, ripresa da Pio XI, dopo che i tre Papi che lo avevano preceduto si erano limitati ad una benedizione dalla loggia intema di San Pietro, in polemica con la proclamazione di Roma capitale. Terminata la benedizione, il Pontefice di norma si ritira: gli ultimi due Papi, però, hanno anche prommeiato un breve e tutt'altro che formale discorso alla folla (indimenticabili il «non sono mai diventato così rosso» di Giovanni Paolo I e il «se sbaglio mi corigerete» di Wojtyla). La domenica successiva all'elezione ha luogo, di norma, la cerimonia di consacrazione (o incoronazione), naturalmente in San Pietro. Un tempo la cerimonia era fastosa: il Pontefice portava in capo il triregno, procedeva tra i flabelli sulla sedia gestatoria con le sacre pantofole ai piedi e l'anello di brillanti e la croce d'oro sul petto. Per tre volte cardinah e vescovi intonavano il famoso versetto delTEcclesiaste («Vanitas vanitatum...»), mentre un batuffolo di cotone veniva bruciato a simboleggiare la fuggevolezza della gloria mondana. Conclusa la complessa cerimonia in Vaticano, un lungo, pittoresco corteo di carrozze e di cavalieri, di nobili e di vescovi e di popolani accompagnava il Papa a «prendere possesso» della Patriarcale Arcibasilica Lateranense, cioè della propria sede come vescovo di Roma. Il «possesso» di San Giovanni segue il trasferimento dei Papi dal Laterano al Vaticano, cioè dopo il ritomo da Avignone nel 1377. In precedenza il corteo si sviluppava nella direzione opposta, da San Giovanni (dove il Papa era stato eletto) a San Pietro (dove veniva incoronato), per poi rientrare in Laterano. Con Giovanni Paolo I le cose sono cambiate radicalmente, secondo lo spirito del Concilio e in ideale continuità con il funerale minimalista voluto per sé da Paolo VI: niente triregno, niente sedia gestatoria, niente guardie nobili. La sua messa di consacrazione si svolse su un altare bianco; al termine sfilarono davanti a Luciani i cardinali per la rituale «professione di fede», col bacio dell'anello e l'abbraccio. Il . «possesso» del Laterano, infine, fu assai meno solenne e sfarzoso. Wojtyla non si discosto molto da questo copione, e così è probabile che avvenga con il nuovo Papa. C'è un altro Giovanni XXIII Prima di Roncalli E' il cardinale Cossa, eletto altri nove Pontefici nel 1410 durante lo scisma fecero la stessa scelta E' il Decano a porre la domanda: «Come vuoi essere chiamato?» IL SACRO COLLEGIO La votazione del nuovo Pontefice avviene nella Cappella Sistina dal XVI secolo. L'affresco del«Giudizio Universale» è un forte monito pérch vola è depoh^ là stia scheda all'aliare LA PROCEDURA DELLE VOTAZIONI Q L'ultimo cardinale diacono sorteggia 3 Scrutatori, 3 Revisori e3 Infirmarii (per raccogliere la schede di eventualielettori malati costretti a restare nella propria stanza) 11Cerimonieri •':iit; consjgnano ai cardinali 2 o 3 schede bianche, poi sono costretti ad abbandonare la Cappella Sistina H Ogni cardinale compila la carta in assoluto segreto solvendo il nome di chi elegge O A questo punto la scheda viene portata all'altare, vicino agli Scmtatori Ai centro delia saia, su un tavolo, il grande Vangelo aperto per il giuramento dei Cardinali r B II cardinale giura «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui die, secondo Dio, ritengo debba essere eletto», quindi depone j la scheda su un piatto e la fa scivolare in un calice, usato come urna. QA fine votazione verranno mescolate le schede e trasferite in un altro calice. Se il numero di schede corrisponde agli elettori si procede allo scrutinio j Gli scrutatori al tavolo aprono ogni scheda, leggono il nome e lo trascrivono. Le schede vengono forate in corrispondenza della parola «Eligo» e legate tutte assieme ad un filo. Il Carmelengo raccoglie gli appunti e redige un verbale con il risultato. Le carte vengono poi bruciate nella stufa assieme ad un additivo che ne farà cambiare il colore della fumata HHI^S^ Ogni due scrutini le schede degli elettori vengono bruciate in una stufa. OSSESSESS^ A elezione avvenuta, dal comignolo Il fumo esce da un comignolo sul tettò, una «fumata» è prevista intorno alle 12, una alle 19. usdrà la fumata bianca, in quel momento le sei campane Se la votazione dovesse avere esito positivo già alla prima, inutile sarebbe il secondo scrutinio dì San Pietro suoneranno a festa. ::.K:;:: ì;!?ì«: -^