Profumo di madeleine di Mirella Serri

Profumo di madeleine Profumo di madeleine Mirella Serri PALLINE di naftalina, arachidi, tavolette di cioccolata e borotalco profumate. Annusare, prego, per ricordare: questa l'esortazione delle studioso David Rubin e dei suoi collaboratori che stimolavano gli uomini e le donne-cavia e li invitavano ad attivare papille varie e mucose nasali. I soggetti designati per l'esperimento, una piccola squadra di «oderateri» speciali, erane incaricati di annotare in ima scala di valori da uno a sette quanto fosse vivo il primo ricordo sollecitato da uno di quegli odori. Gh scienziati cercavano di ricreare in labo- ratorio il «fenomeno Proust». Già proprio così: Rubin e il sue staff, tutti lettori appassionati della Recherche, tentavano di studiare in queste modo la struttura della memoria. Di far rinascere in vitro la percezione del tempo perduto, quel senso del passato che affiora incontrollato dalle magnifiche pagine proustiane. I protagonisti del singolare esperimento, dopo aver edorate e individuato l'oggetto stimolatore di memoria, dovevano indicare se si trattava di un ricordo particolarmente intenso e se si era manifestate anche in altre occasioni. Ma che delusione, per i ricercatori. Nessuna emozione in queste persene, nessun ritorno all'infanzia alla maniera in cui Proust tornava alla sua Combray tramite una madeleinette e il profumo di un infuso di tiglio. L'asettica memoria delle cavie risaliva al massime all'altro ieri. Più successo ebbe un'altra coppia di psicologi che tentava di dimostrare le suggestioni proustiane: offrirono aceto, inchiostre, sciroppo per la tosse, lavanda ad altri soggetti annusatori. Che furono parò questa volta molto stimolati. Come mai i due gruppi si comportarono in maniera così differente? Nel prime esperimento si trattava di ventenni, mentre nel secondo caso le cavie erano più agés, intomo ai settant'anni. Come spiegane gli studiosi, il ricordo funziona in maniera paradossale, si affaccia prepotente quando altre funzioni si fanno più labili. L'odorato dai vent'anni in poi regredisce drasticamente. Le originarie associazioni olfattive rimangono le più forti e non vengono disturbate da nuove sovrapposizioni. Più invecchiamo meno perce¬ piamo odori e più ricordiamo quelli passati. Scherzi della memoria, si potrebbe dire. A raccontarci la straordinaria storia della memoria, dei suoi vuoti e dei suoi pieni e di come i gran maestri del ricordo, scrittori, filosofi, artisti si siano rapportati alla sua struttura, perfino anticipando scoperte e intuizioni degli scienziati, è lo psicologo olandese Douwe Draaisma nel saggio Perché la vita accelera con l'età. Come la memoria disegna il nostro passato in uscita da Marsilio. Il monopolio della combinazione odore-memoria non spetta al solo Proust. Per Charles Dickens, per esempio, al posto della madeleine, vi era la cella. Per lui ci fu l'invasione di olfattivi ultracerpi, un afrore denso e sconvolgente: accadde quando suo padre fu imprigionato per debiti e lui fu mandato a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe. Dodicenne, trascorse quattro mesi a incollare etichette in una baracca infestata dai topi. Fortunatamente poi potè riprendere gli studi presso la Wellington House Academy, ma il fetore della colla gli si appiccicò alla memoria. Per Virginia Weelf, invece, i primi ricordi prendono la ferma di lampi e apparizioni. Nella primavera del 1939 sua sorella Vanessa le aveva dette che doveva cominciare per tempo a scrivere le sue memorie, pensando a una comune amica che si era dedicata così tardivamente alla autobiografia da riuscire ad annotare, prima della definitiva dipartita, solo una decina di pagine. La Weelf, che peraltro morirà a due anni di distanza, cominciò ad affrontare il linguaggio dei primi ricordi, ritraendosi tra «fiori ressi e viola su une sfondo nero, l'abito di mia madre, era seduta in treno e in omnibus e io ero seduta in braccio a lei». Si tratta di piccole schegge che emergono da un gran vuote. Prima niente. Un'impressione questa registrata da Vladimir Nabekov quasi alla stessa maniera: in Parla, ricordo fa risalire la sua prima memoria a una passeggiata con i genitori nella tenuta nei pressi di San Pietroburgo. Chiese la sua età e poi quella del padre e della madre. E capì per la prima volta a quattro anni, con un'acquisizione indelebile, che esisteva una profonda differenza tra sé e gli altri. Da dove ha dunque origine quella che Freud chiama «amnesia infantile», ovvero quel buio che copre il nostre primissimo passato? Scartata la spiegazione neurologica che l'attribuiva alla scarsa evoluzione dell'ippocampo, l'attuale psicologia ricorre alla maniera in cui i ricordi vengono ordinati per decifrare quel velo che copre i primi anni di vita: solo con la nascita dell'autocoscienza, di un auto-riconoscimento profon- de di sé da parte del bambine, la memoria viene ordinata e «fissata». Una spiegazione che del resto aveva anticipato Edith Wharton. Rammentando una passeggiata nel gelo newyorkese quando, coperta da un cappelline con tante di veletta, incontrò un paffuto cuginetto. Questi allungò la sua grassa manina, le sollevò il velo e le stampigliò un bacio su una guancia. Ecco il primo ricordo associato alla convinzione di non essere più «un soffice frammento dell'umanità» ma di essere Edith, ovvero «me». Se Dante Gabriele Rossetti studiava i déjà-vu e la sensazione di aver vissuto in una vita precedente, anche sir Walter Scott pensava alla sua esistenza come a un brulicante inseguirsi di ripetizioni di un lontano passato. Lo stesso faceva uno dei più geniali psicologi statunitensi, William James. Che si interrogava da cosa nascesse l'impressione che con l'avanzare dell'età gli anni scorressero più velocemente. Una demanda che formulava parecchi anni dopo, ne II libro dell' orologio a polvere, lo scrittore Emst Jùnger. La spiegazione che ci restituiva era vicina a quella dei recentissimi orientamenti psicologici. La dimensione temperale non viene solo deformata dalla soggettività e dai vari stati d'animo con cui viene vissuta ma viene affrontata diversamente anche a seconda dello state fisiologico in cui ci si trova. Se chi è avanti con gli anni rallenta tutte le sue funzioni vitali, al contempo percepisce i ritmi del mondo estemo come sempre più affrettati e convulsi. Per chi ha superato l'età più verde tutto scorre più veloce, persine il tempo. Una consapevolezza questa che non era solo di James, che parlava di «anni scavati», ma anche di Proust e di Thomas Mann. «Anni vuoti e leggeri», opposti a quelli «pieni e pesanti» della prima giovinezza, si succedevano per Hans Castorp, protagonista della Montagna incantata di Mann, ricoverato in sanatorio. Insomma per gli studiosi il ricordo procede secondo una volontà propria, non tiene conte per nulla dei nostri desiderata e dei nostri imperativi. Se vogliamo mantenere con nei un frammento di vita lo dimentichiamo e se vegliamo cancellarle ci si presenta quando meno ce lo aspettiamo, magari di notte. Il ricorde «è come un cane che va a stendersi deve gli pare», è stato detto. Gli artisti a tutt'oggi seno gli unici che hanno saputo prenderlo per la collettola. UNA STORIA DELLA MEMORIA: IL PASSATO, PER DICKENS, «SA» DI COLLA, PER VIRGINIA WOOLF E' UN LAMPO, PER NABOKOV E' UNA PASSEGGIATA CON I GENITORI Un disegno di Giovanni Fanelli dal volume «Proust, À la recherche du temps perdu», PubliEd1997

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