Ma l'Unione preferisce il Cavaliere in sella di Riccardo Barenghi

Ma l'Unione preferisce il Cavaliere in sella L'OPPOSIZIONE PUNTA A CONSERVARE L'ARMA DELL'ANTIBERLUSCÒNISfWO, PER LA QUALE PERO' SERVE CHE BERLUSCONI CONTINUI A ESISTERE. SIA PURE AZZOPPATO Ma l'Unione preferisce il Cavaliere in sella L'incubo è il governo istituzionale. La strategia, logorare il premier analisi Riccardo Barenghi ROMA OLTRE se stesso, il suo partito cioè sempre se stesso e la Lega, Berlusconi non ha al momento molti altri alleati fedeli nella sua maggioranza, solidi sostegni su cui contare per andare avanti in qualche modo e concludere alle meno peggio la legislatura. Anche nel caso ormai probabile - ma da lui per niente auspicato - di una vera e propria crisi e nascita di un Berlusconi bis, il presidente del Consiglio sa perfettamente che dovrà marciare su un percorso di guerra, rischiando di sbandare ad ogni curva, uscire di strada, precipitare quando meno se lo aspetta. Sarà per lui una via crucis che tuttavia l'uomo sembra intenzionato a percorrere fino in fondo. Spera che accada qualcosa di imprevedibile, una sorpresa che nemmeno lui sa immaginare. Come si dice al tavolo verde (quello da biliardo), tira forte e spera in Dio. Paradossalmente, oggi i suoi migliori «alleati», nel senso di quelli che fanno il tifo perché lui resista a Palazzo Chigi, stanno dall'altra parte, all'opposizione. Quando l'altro ieri Prodi si è augurato che la crisi finisca presto perché «c'è bisogno di govemo», "avrebbe voluto aggiungere il nome di Berlusconi. E infatti ieri lo ha aggiunto anche senza nominarlo, bocciando l'ipotesi di un govemo istituzionale perché gli italiani ne hanno scelto uno politico col suo primo ministro politico. E questo primo ministro si chiama proprio Berlusconi. Altrimenti, se cioè l'attuale premier non fosse in grado di formare un nuovo govemo, allora si vada alle elezioni anticipate. Questo ha detto Prodi e questo hanno ripetuto più o meno tutti i leader dell'Unione di centrosinistra. Le elezioni anticipate sono evidentemente considerate una subordinata, è Berlusconi a Palazzo Chigi la via principale. L'ultima via italiana al ssocialismo». Sia chiaro che dal punto di vista formale e sostanziale hanno perfettamente ragione. Nonostante il nostro bipolarismo sia imperfetto, l'epoca dei ribaltoni dovrebbe essere finita da un pezzo, e anche i governi istituzionali o balneari non suscitano entusiasmi nell'opinione pubblica. Tuttavia ci sono altre ragioni, chiamiamole di sua politica intema, che inducono il centrosinistra a sperare che Berlusconi resista; e sono le stesse ragioni che gli fanno temere un govemo istituzionale, insomma un govemo Casini. Se Berlusconi scompare dalla scena, il centrosinistra resta orfano. Orfano del nemico certo, ma anche del collante che lo tiene insieme, da Mastella a Bertinotti e oltre. Non sarà l'unica ragione ma l'antiberlusconismo inteso non come pseudo ideologia propagandistica ma proprio come l'essere un'altra cosa, alternativa e opposta a quel che rappresenta Berlusconi, non è una ragione secondaria. In un certo senso è diventato un valore culturale e politico, o comunque così viene vissuto dai dirigenti del centrosinistra e soprattutto dai suoi elettori. Finché al governo c'è lui, con le sue televisioni, la sua gestione aziendale del potere pubblico, le gaffes internazionali, la sua antipolitica e via dicendo, l'opposizione ha gioco facile. Sia quando deve attaccare il governo sia quando deve nascondere le sue difficoltà programmatiche. Nel caso (improbabile ma teoricamente possibile) che Berlusconi non ce la faccia e arrivi al suo posto un personaggio di tutt'altro stampo, appunto Casini o un suo omologo, anche se fosse sostenuto dall'identica maggioranza che ancora si chiama Casa delle libertà, l'Unione perderebbe di colpo il suo avversario e la sua principale identità. Si dice che il berlusconismo sia finito, forse non è del tutto vero. Ma è evidente che senza Berlusconi, anche la sua creatura ideologica perderebbe di senso e di consenso. Lascerebbe qualcosa di sé qua e là, a destra ma anche a sinistra, soprattutto in settori di società civile sparsi nel Paese. Ma non sarebbe più la corrente dominante nel Paese. Di conseguenza pure la corrente contraria dovrebbe darsi una regolata. Ma non gli sarebbe facile viste le differenze che vivono all'interno dell'attuale opposizione. Differenze di progetti, idee, programmi, che verrebbero oltretutto alimentate da un governo non berlusconiano. Quanti mastelliani, quanti petali della Margherita, quando moderati sparsi sarebbero attratti da una nuova prospettiva politica incarnata da Casini, una sorta di Democrazia cristiana del nuovo millennio? Quante fibrillazioni vivrebbe l'Unione in un anno di campagna elettorale nel quale non solo deve tentare di restare unita senza esserlo nel profondo, ma deve anche vincere le elezioni contro un avversario che non c'è più mentre l'avversario che c'è è per molti di loro un amico se non un futuro alleato? Piuttosto meglio le elezioni anticipate per Prodi (forse non per Rutelli). Ma meglio ancora un premier azzoppato che si trascina per un anno tra una crisi e l'altra e che magari ripresenta la sua immagine logorata al voto dell'anno prossimo. Il paradosso è che in questa direzione sta marciando lo stesso Berlusconi, in questo caso il compagno Berlusconi. Se il capo della Cdl cadesse, il centrosinistra perderebbe il «nemico» Ed emergerebbero le molte differenze interne A sinistra, Piero Fassino con Francesco Rutelli. Sopra, Clemente Mastella

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