Rumsfeld: non abbiamo strategie di uscita, ma di vittoria di Paolo Mastrolilli

Rumsfeld: non abbiamo strategie di uscita, ma di vittoria IL MINISTRO DELLA DIFESA USA A BAGHDAD, MENTRE BUSH PROMETTE CHE ILTERRORISMO SARA SCONFITTO Rumsfeld: non abbiamo strategie di uscita, ma di vittoria Paolo Mastrolilli NEW YORK L'abbattimento della statua di Saddam Hussein a Baghdad verrà ricordato dalla storia come la caduta del Muro di Berlino, e porterà gli stessi effetti liberatori in tutto il Medio Oriente. I soldati americani però dovranno continuare il loro sacrificio, per garantire che i terroristi subiscano questa sconfitta decisiva. Così ha parlato il presidente Bush, rivolgendosi alle truppe della base di Fort Hood, mentre il capo del Pentagono Rumsfeld visitava Baghdad per spingere i nuovi leader a formare in fretta 2 loro governo e scrivere la Costituzione entro la scadenza di agosto, spianando la strada all'appuntamento elettorale stabilito per dicembre. Il capo della Casa Bianca doveva visitare la più grande base militare Usa, a pochi chilometri dal suo ranch nel Texas, venerdì scorso, ma i funerali del Papa gli hanno fatto cambiare programma. Ieri è tornato a Fort Hood per mantenere la promessa e celebrare il secondo anniversario della caduta di Baghdad. «L'abbattimento della statua di Saddam - ha detto verrà ricordato insieme alla caduta del Muro di Berlino come uno dei grandi momenti della storia». La situazione sul terreno resta difficile, perché (d terroristi hanno fatto dell'Iraq un fronte centrale della guerra al terrorismo. Ma grazie al vostro sacrificio, li stiamo sconfiggendo dove vivono, invece di doverli combattere dove viviamo noi. Grazie a voi, la libertà sta mettendo radici nel Paese, il nostro successo renderà l'America più sicura per generazioni a venire». Il presidente ha ribadito che (din dal principio il nostro obiettivo in Iraq è stato promuovere la sua indipedenza e negli ultimi due anni la popolazione ha compiuto grandi progressi». Bush ha citato le centinaia di giornali indipendenti, partiti politici e associazioni nate dopo la caduta del regime, ricordando il voto di gennaio. ((Ho parlato col nuovo presidente Talabani. Gli ho assicurato che gli Stati Uniti continueranno a stare al fianco degli iracheni, mentre prendono controllo del proprio destino». Il New York Times ha scritto due giorni fa che il Pentagono spera di ridurre le truppe americane da 142.000 uominia 105.000 entrol'inizio del 2006, ma Bush non ha fatto accenni al ritiro: ((Abbiamo promesso che aiuteremo gli iracheni a costruire un governo rappresentativo e poi andremo via. C'è ancora molto lavoro duro da fare. Il popolo sta fronteggiando nemici determinati e brutali, ma ha la volontà per sconfiggere l'insurrezione. Infatti, per la prima volta, gli effettivi delle forze di sicurezza locali hanno superato quelli americani. E mentre si afferma, la democrazia irachena manda da Beirut a Teheran il messaggio che la libertà può essere il futuro di ogni nazione. Il successo a Baghdad sarà un elemento di svolta nella rivoluzione democratica globale». Bush ha ringraziato i militari per i risultati raggiunti negli ultimi due anni contro il terrorismo, ma ha aggiunto: «Il vostro lavoro non è finito. La libertà fronteggia ancora avversari pericolosi. I terroristi vogliono ancora attaccarci, anche se stanno perdendo». A Baghdad, nelle stesse ore, Rumsfeld ha ripetuto che «gli Stati Uniti non hanno una strategia d'uscita dall'Iraq, ma una di vittoria». Poi ha incontrato Talabani e il nuovo premier Jaafari, sollecitandoli a formare in fretta il governo senza vendette contro la minoranza sunnita, che potrebbe rilanciare la guerriglia. Quindi ha detto che non bisogna rimandare né la scrittura della Costituzione, né le elezioni di dicembre: ((Abbiamo l'opportunità di continuare a fare progressi politici ed economici. Qualunque ritardo o inconveniente che provochi turbolenza, sfiducia o corruzione, sarebbe una disgrazia». Donald Rumsfeld si fa fotografare con i soldati della terza divisione di fanteria a Baghdad