Terremoto in Indonesia, sì temono duemila morti

Terremoto in Indonesia, sì temono duemila morti RIENTRATO L'INCUBO TSUNAMI, MA L'IMPRATICABILITÀ DI STRADE E AEROPORTI RENDE DIFFICILI I SOCCORSI. LE VITTIME ACCERTATE SONO FINORA 430 Terremoto in Indonesia, si temono duemila morti Ferito grave un missionario italiano che si trovava a Nias, zona dell'epicentro Claudia Ferrerò Non c'è stata la temuta onda anomala, ma la scossa di terremoto di magnitudo 8,7 della scala Richter che ha portato di nuovo morti e distruzione nel Sud-Est asiatico ha fatto riafforare in tutta la sua forza l'incubo maremoto del 26 dicembre scorso. Le popolazioni coinvolte lo descrivono come un «secondo tsunami», «ci sentiamo colpiti come già accadde tre mesi fa», raccontano, e parlano di ima paura che si nutre di nuove continue scosse. IL PRIMO BILANCIO La zona più colpita è stata l'isola indonesiana di Nias, epicentro del sisma, paradiso dei surfisti al largo di Sumatra. Qui sono almeno mille le persone morte secondo quanto stima la Croce rossa indonesiana: «Un terzo della città di Gunung Sitoli, il capoluogo di Nias, ha subito distruzioni gravissime; si scava tra la macerie per recuperare i cadaveri». Per i responsabih locali, i morti accertati sarebbero 430, di cui 330 a Nias e 100 nella vicina Simeulue. All'appello mancano tre cittadini francesi e due svedesi. Foche ore dopo il sisma il vicepresidente indonesiano Yusuf Ralla aveva dichiarato che potrebbero esserci fino a 2.000 morti. LA CITTA' PIÙ' DEVASTATA Un cumulo di macerie; così si presenta Gunung Sitoli, jl capoluogo dell'isola di Nias, nel racconto di padre Raymond Laia, missionario cappuccino di origine indonesiana. «Davanti ai miei occhi si è aperto imo scenario devastante - ha raccontato all'agenzia Misna - le case più grandi sono crollate, gli edifici a due o tre piani sono tutti venuti giù, e anche le casette tipiche sono ridotte ad un cumulo di macerie». Padre Laia ha sollecitato l'arrivo degli aiuti, ma la pista dell'aeroporto è andata distrutta, causando gravi ritardi nei soccorsi. «La terra ha tremato a lungo - ha raccontato uno dei residenti - e la gente ha usato moto e auto per fuggire sulle colline». I cadaveri sono stati portati davanti alla moschea della città, mentre i feriti soccorsi in un campo di calcio. Al momento mancano corrente e acqua. SOCCORSi DIFFICILI Non ci sono dispersi tra gli italiani in Indonesia. Alberto Vidano un cooperante dell'Ong «Sjamo» di Albenga, dato in un primo momento per scomparso, è stato poi rintracciato: aveva solo lasciato il cellulare a casa. Nell'isola di Nias lavorano inoltre due missionari: il sacerdote Federico Vettori, conosciuto come Padre Anselmo, e il fiate cappuccino amministratore apostolico della diocesi di Sibolga, Bamabas Winkler. Il fiate, 66 anni, di origine altoatesina, è rimasto ferito in modo grave anche se, secondo fonti diplomatiche, non è in pericolo di vita. Il cappuccino, che nella zona è anche punto di riferimento periprogetti della «Caritas»dell'Al- to Adige, al momento del sisma stava dormendo al terzo piano della sua abitazione, che è crollata. E' rimasto ferito alla testa e a una gamba, ma vista l'impraticabilità delle strade potrà essere trasferito solo oggi all'ospedale di Sumatra. TSUNAMI SI', MA MINIMO Poteva essere devastante come quello del 26 dicembre 2004, ma non lo è stato perché la scossa sismica decisiva si è avuta a una profondità maggiore: tra i 25-30 chilometri contro i 10 di tre mesi fa. Solo questo ha evitato che si ripetesse la devastazione registrata a Santo Stefano. Lo tsunami infatti c'è stato anche questa volta, si è originato nel mare indonesiano, ma non con la stessa potenza: è stato 20 volte inferiore. E questa la spiegazione che arriva dagli esperti italiani dell'Istituto nazionale di geologia e vulcanologia. «Un minitsunami dell'ordine di alcuni decimetri», come è stato rilevato dalle centrali di monitoraggio nell'Oceano Indiano e nello Sri Lanka. L'ALLARME RIENTRATO Dopo Thailandia, Sri Lanka (dove le autorità avevano imposto alla popolazione di allontanarsi di 2 Km. dalla costa) e India (tanta paura, ma nessun danno) ieri l'allarme tsunami è stato revocato anche in Australia, Malaysia e a Mauritius. In particolare l'allerta è rientrata per le coste occidentali dell'Australia: si era temuto che potessero essere coinvolte dopo che due piccoli tsunami, l'uno alto 25 centtmetri el'altro quasi una trentina, aerano registrati nell'arco di poche ore alle Cocos, arcipelogo sotto la sovanità di Canberra, situato in pieno Oceano Indiano. LA RETE D'EMERGENZA Il nuovo terremoto ha dimostrato che gh Stati dell'Oceano Indiano sono ora più attrezzati per fionteggiare l'emergenza rispetto a tre mesi fa. Il centro di allarme-tsunami delle Hawaii ha immediatamente allertato la regione, anche se manca ancora quel sistema integrato preannunciato da dicembre. Radio e tv, ma anche soldati e poliziotti con i megafoni e le campane dei templi hanno avvertito le popolazioni del rischio di un maremoto che per fortuna non si è verificato. Solamente nel Myanmar la popolazioùe è stata avvertita ben 5 ore in ritardo. In molti luoghi poi la gente ha fatto da sé: a Banda Aceh, epicentro del precedente terremoto, dopo la scossa migliaia di persone si sono riversate per le strade in preda al panico. Scene di terrore anche lungo le coste dello Sri Lanka, dove in migliaia si sono diretti verso l'interno. In Thailandia l'allarme è stato lanciato 35 minuti dopo il sisma. A Phi Phi Island, il paradiso turistico duramente colpito tre mesi fa, la gente ha cercato riparo sulle alture. Per il futuro la Thailandia ha progettato anche la costruzione di torri lungo le coste per avvertire tempestivamente la popolazione e i bagnanti. Una ragazzina indiana torna a casa a Madras dopo la fuga provocata dall'allarme tsunami

Persone citate: Alberto Vidano, Banda Aceh, Federico Vettori, Laia, Padre Anselmo, Raymond Laia, Richter, Winkler, Yusuf Ralla