90 anni di Ingrao, l'uomo del no alle soluzioni facili

90 anni di Ingrao, l'uomo del no alle soluzioni facili DOMANI LA SINISTRA FESTEGGERÀ' UNO DEI SUOI GRANDI PROTAGONISTI I 90 anni di Ingrao, l'uomo del no alle soluzioni facili Lucia Annunziata FA novanta anni l'uomo definito semplicemente - «il più rappresentativo della sinistra e della democrazia italiana», Pietro Ingrao, e la sinistra si prepara a festeggiarlo, domani, con il cerimoniale delle occasioni speciali. Il sindaco Veltroni, la sinistra che lo ha amato e quella che lo ha combattuto si riuniranno nel principale foro laico della Capitale, l'Auditorium, per le celebrazioni. Fra i presenti vi saranno appunto coloro - Rossanda e Castellina, fra gli altri - che Ingrao contribuì a far espellere dal Pei, nel 1969; e si attende una impressionante presenza di tutta la classe dirigente che quel Pei prima e oggi i Ds ha animato. E tuttavia, nonostante la vicinanza delle elezioni e le necessarie esagerazioni di tutti i compleanni, in particolare se quasi secolari, è probabile che non ci troveremo davanti a una rimpatriata. Il segno di Pietro Ingrao è da anni quello di una forte malinconia - a volte ironica, a volte disperata, quasi sempre severa - che ragiona sulla politica, e soprattutto sulla sua utilità e inutili¬ tà. E' più probabile così che dalla serata la sinistra che vi si è ritrovata esca con più dubbi che certezze su se stessa - il che trasformerebbe, davvero, una autocelebrazione (sia pur estremamente onorevole) in un vero evento. Scrivo questo non per divinazione, ovviamente, ma perché in qualche modo il copione della serata c'è già, e ruota intomo a una lettera che lo stesso Ingrao scrisse nel 1992. La missiva sarà letta da Luca Zingaretti e sarà la parte centrale della serata. Costruita com'è in una piccola corrispondenza privata, fra lo stesso Ingrao e Goffredo Bettini, a lungo dirigente del partito comunista e ora dei Ds, raccolta in un volume per questa occasione. («Una lettera di Pietro Ingrao con una risposta di Goffredo Bettini», Edizioni Cadmo) La raccolta di lettere, così brevi, un pezzo di Bettini che commentava l'addio di Ingrao al Parlamento nel 1992, la risposta di Ingrao, e ima nota di oggi di Bettini - è un gesto molto autoreferenziale. Ma è valsa la pena di farlo perché vi è dentro ima sorta di percorso archeologico della sinistra: chi l'ha attraversata, o anche colo frequentata, vi ritrova il gergo e i suoi rimandi, che così tanto ancora implicano nel dibattito dei nostri, giorni dentro questa area politica. Non potrebbe essere più attuale infatti il tema che pone Ingrao al giovane Bettini: l'uso del termine (colorale». «Io ho sempre molte esitazioni ad adoperare questo termine: perché io non sono in consonanza con un certo "eticismo": il "dover essere" mi sembra che contenga una astrazione; e io credo molto in una corporeità della vita; credo nelle passioni vitali che ci scuotono e che ci segnano». Come si vede, sono ancora questi i termini dei dilemmi attuali della classe politica della sinistra - fra radicalismo autorizzato dal senso «etico» della politica, e «tatticismo» frutto di una concezione gestionale della politica. La soluzione che Ingrao ne offre tuttavia - e queste righe basterebbero a dimostrarlo - è che non esiste la differenza: se l'etica deve porsi come fatto astratto diventa «eticismo», ed è la vita invece, con i suoi bisogni obbligati a misurarsi con gli altri, a dettare il passo della realtà. Una soluzione «altra» si direbbe - per usare un termine che Ingrao stesso usa spesso. In un altro passaggio scrive infatti «a me interessa nella politica anche l'aspetto "tattico"» per affrettarsi a dire «...(mi capisci: non nel senso furbesco)» e spiegare cosa intende per tattica; «Mi interessano i passaggi "quotidiani": quante volte sono tentato di impicciarmi!». E' un Ingrao, come si diceva, senza soluzioni facili - dubitativo, incline a non formulare politica, ma politiche. Favorevole alle scelte, ma - proprio lui divenuto vate di letture iperideologiche della sinistra - senza dettami, solo con navigazione a vista. Il meglio, in altri termini, della tradizione che rappresenta. Non a caso, forse, Bettini gh risponde: «Tu non sai quanto di fronte a ciò, a questa necessità di buona politica io avverta l'insufficienza mia e delle classi dirigenti dell'oggi. Di questa marmellata a ciclo continuo di frasi fatte, di telefonini che squillano, di autocelebrazioni mediatiche, dipubbliche relazioni senza contenuto che sono tanta parte della pratica politica che ha lambito anche noi».