Curdi senza patria «Aiutateci o sarà la guerra»

Curdi senza patria «Aiutateci o sarà la guerra» '.OAtmu&Qiimi EDIORIEN Curdi senza patria «Aiutateci o sarà la guerra» Ad Hakkari, al confine iracheno, dove perla prima volta si è celebrato egalmente il Newroz, il capodanno tradizionale, c'è tanta rabbia Si spera nell'Europa ma è pronto un esercito di diecimila combattenti reportage Carla Reschia inviata ad HAKKARI Nello scalcagnato campo di calcio di Hakkari, a due ore di auto dall'Iraq e dalle sue guerre, donne, uomini e bambini in costume tradizionale danzano in tondo tenendosi per mano al ritmo ossessivo della musica curda. Sul palco gh oratori inneggiano al Newroz, il «nuovo giorno». Per i curdi la data rievoca la remota rivolta popolare guidata dal fabbro Kawa contro Dehaq, il re assiro che li opprimeva, ma è anche il capodanno zoroastriano, festa testardamente sopravvissuta alla conversione all'Islam. Nella città per la prima volta dopo anni di repressione si può celebrarlo quasi liberamente, a patto di ignorare le decine di poliziotti armati di mitra che sorvegliano l'area e le minuziose perquisizioni all'ingresso. Quando arriva uno degli avvocati di Abdullah Ocalan, il leader curdo condannato prima alla pena di morte e poi all'ergastolo dal governo turco, lo accoglie un coro di «Bjgj Apo», Viva Apo (il suo nome di battaglia n. d. r.), e uno sventoho di bandiere con i colori curdi e di ritratti del fondatore dell'ex Pkk, il partito dei lavoratori kurdi. Azioni fonnalmente semi-proibite, come il saluto con le dita a V, che pure tutti ostentano malgrado nella confusione sia difficile distinguere fra telecamere «amiche» e «nemiche» e siano in tanti a riprendere, con un'insistente predilezione per i primi piani. Scene che si ripetono in Turchia in tutti i centri a presenza curda nei giorni del Newroz: un invito a nozze per la tv statale che al tg mostra foto, dita e slogan didascalicamente evidenziati con un circoletto rosso e accostati a ragazzini che infieriscono su una bandiera turca, mentre i giornali titolano sui «terroristi». Il curdo non è più una lingua proibita (ma non si può scriverla, solo parlarla) e Ankara, desiderosa di adeguarsi agli standard imposti dall'Unione Europea, fa del suo megho per mostrare un volto toherante e benigno. Eppure nella provincia virtuale del Kurdistan spira aria di ribellione e in privato i capi del Dehap, il Partito democratico del popolo, erede del Pkk ma legale perché ha abolito dalla sigla l'aborrito «curdo», adombrano la fine della tregua unilaterale proclamata a suo tempo da Ocalan e ribadita nel 2002. Ammettendo che un numero crescente di giovani sceghe di «andare in montagna)). Un eufemismo per indicare il salto di qualità da disoccupato - ad Hakkari lo è il 7507o della popolazione - a guerrigliero a tempo pieno. Un «lavoro» adatto anche alle donne, determinate, presenti e attive sulla scena politica curda, ufficiale e non. Tra i monti si nasconderebbe un «esercito parallelo» pronto a prendere le armi stimato in diecimila combattenti, che in questo momento trova nel Kurdistan iracheno un luogo amico. A Qùkurga, villaggio da capre sul confine con l'Iraq dove la polizìa preferisce non esibire la propria forza e il Newroz è una colorata festa campestre attorno al «fuoco sacro» acceso con solennità su un braciere, tutti hanno almeno un congiunto «in montagna» e un altro nel Paese confinante. Il doppio passaporto, che permette un transito facile attraverso un confine pieno di «buchi» per quanto presidiato, è comune. Le passate persecuzioni, sull'uno come sull altro versante, l'affinità etnica e culturale hanno creato campì profughi che col tempo hanno dato vita a estesi clan turco-iracheni. Mohammed, abiti tradizionah, viso affilato, viene da Mosul ed è qui per festeggiare con i parenti ((turchi)). In Iraq ora si sta bene, dice, e sì possono aiutare i vicini. Aiuti alimentari, indispensabili alla povera popolazione dei vihaggi, ma anche denaro e «assistenza logistica». «Siamo tutti curdi e il nostro obiettivo è avere un'unica patria».''.'*. Il «Grande Kurdistan» non è all'ordine del giorno nelle agende politiche, che anzi lo negano, ma è più che mai presente nei cuori: ((Andare in montagna per noi in questo momento è l'unica scelta possibile, l'Europa non ci aiuta, il mondo ci ignora. Dobbiamo sbrigarcela da sóli». «Qui puoi fare due cose - spiega in un inglese elementare un ragazzino - andare in montagna o diventare delatore. Ti ricattano e cercano di convincerti a tradire. Se non lo fai avvelenano le greggi e distruggono le case». A (Jukurga le case diroccate sono più di una ma non è facile capirne la ragione: oltre all'esercito sull'edilizia locale si accaniscono il maltempo, i terremoti (l'ultimo il 6 marzo) e la mancanza di manutenzione dovuta a povertà endemica. In un'area dove le risorse naturali sono scarse, l'agricoltura è di sussistenza e i centri abitati fungaie degradate e slabbrate che sembrano uscite da un incubo del socialismo reale - litigano con il sontuoso panorama di vette innevate, i ricchi sono pochi e sospetti: per lo più contrabbandieri di droga (un commercio spesso di fatto tollerato dalle autorità) o delatori professionah. Perché in quanto alla fratellanza, sono gh stessi curdi a metterti in guardia dai «connazionali)). Il sistema di premiare il tradimento e ì famigerati ((protettori del villaggio» hanno funzionato eccome, sommandosi alle divisioni interne di un popolo che su questo si è giocato nei secoli svariate occasioni. Così è arduo collocare politicamente ed «eticamente» chi ti confida dì sperare nell'ingresso della Turchia nell'Ue, perché allora ì curdi avranno un interlocutore e potranno far valere le proprie ragioni pacìficamente. Mestatori, anime belle, moderati? Di certo minoranza. Da Imràli, l'isola-prigione nel mar di Marinara dove è detenuto, Ocalan riesce, non sì sa come, a far pervenire con cadenza quasi settimanale messaggi pohtici ai suoi sostenitori e dicono che la decisione di interrompere il cessate il fuoco arrivi proprio da lì. «Non guerra, ma autodifesa», precisano alcuni, contro un governo che, malgrado aperture di circostanza, non sente ragioni e che il rifiorire della guerriglia metterebbe in difficoltà davanti al mondo. Un governo che rende i curdi estranei a se stessi, affidati a centri culturali - tollerati purché non si definiscano «curdi» dove non si possono nemmeno organizzare corsi di lingua. Primo perché sempre in meno la conoscono tanto da insegnarla; secondo perché ufficialmente sono vietati; terzo perché se anche venissero organizzati in segreto, «qualcuno ci denuncerebbe». «Dite all'Europa che esistiamo, raccontate di noi)), ripete il sindaco di Hakkari che, come tanti altri, , sembra considerare ogni stranierounapotenziale autorità. Forse è un appello da ascoltare. Quando arriva uno degli avvocati di Abdullah Ocalan lo accoglie un coro di «Bjgj Apo», Viva Apo e uno sventolio di bandiere con i colori curdi e di ritratti del leader dell'ex Pkk Sono sempre di più i giovani che scelgono di «andare in montagna» Un eufemismo per indicare il salto di qualità da disoccupato adHakkariloèil7507o della popolazione - a guerrigliero a tempo pieno Un gruppo di 9iovani curdi in costume tradizio"a|ea'za ie dita a v nei saiuto vietato dai governo turco GEORGIA lìARMIÉNtA Mar CaspioAZERBAIJAN Nella zona evidenziata in grigio l'area abitata dai curdi che si estende principalmente in quattro Stati: Turchia, Siria, Iraq e Iran Mar Mediterraneo DIYARBAKIR ^uiomqA KURDISTAN HAKKARI SIRIA IWOSUL IRAQ IRAN/; KlRKUK KURDISTAN, IL PAESE CHE NON CE Il Kurdistan (paese dei kurdi) occupa una superficie di circa 500 mila kmq divisa tra Turchini Iran; Iraq e Sìria. 1! territorio è in gran parte montuoso, con cime che raggiungono i 5000 metri. Una stima esatta della popolazione è difficile sia per l'emigrazione dell'ultimo decennio sia perché gli stati in cui sono presentì i curdi tendono a negarne la specificità etnica. Si parla di venti milioni di persone, compresi i curdi che vivono neirexUnìone Sovietica e la forte; ! comunità tedesca (circa un milione). In Italia i curdi sono circa S.000. In maggioranza musulmani sunniti - con minoranze sciite e cristiane - sono fortemente influenzati dall'antico culto di Zoroastro a cui risale la festa del Newroz, il capodanno persiano che celebra l'inizio della primavera. La lingua curda appartiene al gruppo linguistico iraniano ed è divisa in quattro dialetti. La società tradizionale si basa su una struttura gerarchica feudale patriarcale. Una bambina al Newroz di ^ukur^a

Persone citate: Abdullah Ocalan, Carla Reschia, Ocalan