A Pechino allarme contagio di Francesco Sisci

A Pechino allarme contagio MA LA CINA NON TEME IL LAVORIO DEGLI USA: VERREMO A PATTI A Pechino allarme contagio Nel vicino Xinjiang, indipendentisti in azione Francesco Sisci PECHINO La Cina segue con grande attenzione ma anche con tanta freddezza gb sviluppi deba situazione in Kirghizistan certa che comunque - non ci sarà «contagio democratico» neba regione cinese dello Xinjiang, dove forze indipendentiste sono attive da anni. Il rettore deb'Accademia dì ricerche sube questioni intemazionali cinesi Xu Tao sosteneva ieri sul giornale «Xinjin» che la Russia contìnua a tenere la situazione sotto controbo e che le forze che hanno rovesciato b vecchio presidente non godono di un grandissimo appoggio popolare. In particolare sube questioni dì carattere rebgioso, le divisioni fra le diverse sette e ì contrasti tra le varie tribù renderebbero la coalizione estremamente fragile. Secondo Xu, tuttavia, la situazione in Kirghizistan si stabibzzerà rapidamente, e questo porterà la nuova amministrazione aba necessità di venire a patti con la Cina. Il quotidiano di Pechino «Chenbao» ricorda che la Nato è lontana dal Kirghizistan e la Russia è molto vicina. Ciò detto fi quotidiano sottolìnea che l'I 1 settembre ha cambiato la posizione deba Russia in centro Asia e rafforzato la posizione americana neba regione. Il giornale deba provincia del Sichuan «Huaxidu shibao» nota poi l'ombra deba presenza americana nel Paese dietro U processo oggi in corso, e la diffusione deba democrazìa dì marchio statunitense appare come l'impronta degb eventi che si stanno dispiegando in Kirghizistan. Commentì dì questo tenore si succedono tutti i giorni, ma non c'è l'allarme e la preoccupazione che si avvertiva nel Paese agb inizi degb anni '90, quando la disintegrazione deb'Urss aveva fatto nascere cinque repubbbche centro Asiatiche che con la loro indipendenza e le loro istituzioni abora dichiaratamente democratiche apparivano come un grande magnete per lo Xinjiang cinese. Ben quattro dì questi stati che si erano affrancati da Mosca (Kazakhstan, Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan) avevano moltissimo in comune con lo Xinjiang: erano tutti a maggioranza di popolazione turchica, erano tutti musulmani, tutti avevano avuto da dece ni aspirazioni ab'indipendenza. Lo Xinjiang ha una popolazione musulmana turchica, gb uiguri cugini debe popolazioni vicine. Il Tajikistan era l'unico di questi stati neoindipendenti ad avere una popolazione a maggioranza di etnia persiana. Inoltre abora i rapporti con gli Stati Uniti erano molto più tesi di adesso, sì era a ridosso deba protesta di Tiananmen, l'economia cinese era meno deba metà di queba attuale e molto meno integrata di oggi con queba globale, e l'Afghanistan era una pentola in ebollizione che addestrava guerrigberi per tutto b mondo. Eppure abora non accadde niente. La Cina rapidamente stabbi buoni rapporti con i vicini, estese anche b la sua influenza e i governi che apparivano democratici presto si trasformarono in semi dittature. Oggi la posizione cinese è molto più consobdata e non appaiono timori dì pericoli di contagi ideologici o indìpendentìstìci. L'idea, ventbata dagb americani che gb eventi del Kirghizistan possano infiammare lo Xinjiang, sembra neba realtà molto remota. Così non è tanto la possìbìbtà reale dì contagio destabìbzzante che preoccupa i cinesi, ma b fatto che alcuni centri studi americani diffondano l'idea dì questo contagio che sembra dire: «desideriamo che lo Xinjiang cinese sia preso da una febbre dì rivoluzione». Questo appare un indicatore di crisi più generale con gb Stati uniti, che va ben al dì là del problema del Kirghizistan.