Follini: bene Fassino ma nel centrosinistra mi sembra isolato di Marco Follini

Follini: bene Fassino ma nel centrosinistra mi sembra isolato IL VICEPREMIER DI RITORNO DAL VERTICE DELLA LEGA ARABA AD ALGERI Follini: bene Fassino ma nel centrosinistra mi sembra isolato Il leader dell'Udc: sull'Europa la sinistra, a volte, ha una visione troppo statica che alla fine si traduce in un freno alla sua crescita intervista Ugo Magri ROMA QUALCHE giorno fa, sulla «Stampa», Pier Ferdinando Casini aveva esortato la sinistra a mostrarsi meno timida nell'affrontare il tema della democrazia e della libertà. Piero Fassino ha riconosciuto che, sì, in fondo l'America non ha tutti i torti nel battersi contro le dittature. Capitolo chiuso, onorevole Follini? «Non direi proprio. Ha fatto bene Casini a proporre il tema e ha fatto bene Fassino a cominciare a svolgerlo. Ovviamente, dallo svolgimento alla conclusione il processo è ancora lungo». Come giudica la risposta del segretario Ds? «E' una risposta corajggiosa. Ma resta una domanda in sospeso. Mi chiedo quanta parte del suo schieramento condivida fino in fondo questo parere, e fino a che punto i comportamenti parlamentari dei Ds terranno dietro alle opinioni del loro segretario». Fausto Bertinotti si è subito dichiarato contrario a esportare la democrazia con i carri armati. «Nemmeno io penso che i dittatori vadano tutti affrontati con le armi in pugno. E sono tra quanti hanno contestato l'idea di guerra preventiva. La democrazia, è chiaro, non si può imporre. Ma dobbiamo anche sapere che, se nella prossima generazione non si aprirà la strada al compimento di una profezia democratica in tutti quei paesi che la cercano, pace e stabilità saranno messe a rischio». Il vero pacifismo dev'essere interventista? «Diciamo che in futuro chi vuole la pace dovrà legarla sempre più a un disegno di libertà non solo pernoioccidentah, ma per tutti». Eppure lo stesso governo italiano sta prendendo sul tema guerra un atteggiamento più flessibile... «In Iraq non siamo andati per vocazione militaresca o in difesa di interessi petroliferi, e non abbiamo l'idea dì piantarvi radici. Siamo lì con una missione ben definita. Man mano che quella missione si compirà, si porranno le condizioni per un progressivo ritiro. Ma è ovvio che quella decisione non appartiene solo a noi». A chi altro? «Al governo iracheno innanzitutto. Alle organizzazioni della comunità intemazionale. Agh alleati... Il nostro modello non è un ritiro repentino e unilaterale alla Zapatero. Se voghamo gettare il seme della democrazia, non possiamo limitarci a tenere le braccia incrociate. E sinceramente mi sembra che su tutti questi temi la sinistra abbia pagato un prezzo alla sua pigrizia». Pijgra? «Diciamo troppo rassegnata all'idea che i regimi politici siano figli della loro terra, e quindi noi ci si possa chiamare fuori. Di questi tempi, la democrazia in una sola parte del mondo secondo me è un'idea debole». Gli Usa sono gh unici garanti del modello democratico? «Ovvio che no. Concordo con Benjamin Barber, lo studioso americano che propone di ragionare sulle democrazie al plurale invece che su una democrazia con la carta carbone. Ma sitiamo attenti anche a non esagerare con il relativismo. Il valore della democrazia è plurale ma non è relativo». In che senso? «Alcuni valori, alcuni diritti, alcune libertà sono universali. O ci sono, o non ci sono. Questo straordinario risveglio di coscienza civile, di opinione pubblica che sta avvenendo in una parte cospicua del mondo arabo dovrebbe dirci qualcosa in proposito...». Secondo Galli della Loggia, la sinistra italiana non ha colto l'opportunità rappresentata dalla pacifica rivoluzione in Libano. «Diciamo che spesso è scesa in piazza contro gh Stati Uniti, ma non ha dedicato la stessa mobilitazione a tante altre buone cause. Negh anni scorsi c'è stato forse, non solo a sinistra, un eccesso di remissività, di compiacenza, di .realpolitik kissingeriana. Tutti quanti ci siamo adattati un po' troppo all'idea che nel mondo a certi figuri sia consentito brutalizzare i rispettivi popoli, sottovalutando la minaccia che costituisce per l'equilibrio e la pace. Ora c'è bisogno di trovare un nuovo equilibrio tra l'esigenza di stabilità e l'ansia della libertà». Non pensa che possa essere rischioso rovesciare i parametri della diplomazia mondiale? «Non propongo di rinunciare a Mettemich. Dico però che non ci possiamo fermare lì. Dobbiamo calcare di più l'attenzione sui diritti per metterci più in. sintonia col nostro tempo». Un altro politologo. Angelo Panebianco, ritiene che la sinistra italiana abbia bisogno di un'opera pedagogica sistematica Condivide? «L'accelerazione delle novità in atto non consente di arrivare troppo tardi. Se c'è davvero neh'opposizione un ripensamento, non vale in questo caso la regola dei vent'anni per tirare le somme. Fassino, ripeto, ha illustrato tesi apprezzabili. Però da quelle parti molte scorie vanno bruciate in fretta». Basta slogan anti-Usa nei cortei? «L'opposizione, ancora qualche giorno fa, ha votato contro il rifinanziamento della missione in Iraq. Mi permetto di dire, senza troppa polemica, che quel voto secondo me fa attrito sia con l'elogio degh "elettori resistenti", sia con il riconoscimento deh'America di Bush. Nonostante Fassino, c'è ancora a sinistra una certa dose di conservatorismo». Dove, per esempio? «Sul tema europeo». Parla del Patto di stabilità? «Anche. H governo itahano, non da solo, ha posto il problema di un suo aggiornamento. Poiché il mondo cammina e qualche volta corre (America e Cina ci danno l'esempio), l'Europa non può sfuggire a questa sfida. Ripensare le regole del Patto mi sembra sia stato una forma di lungimiranza». A costo di entrare in conflitto con Bruxelles? «Io rifiuto l'idea che ci possa essere una "vertenza" tra Italia ed Europa. Da parte mia non ci sarà mai alcuna indulgenza verso l'euro-scetticismo. Non concederemo al centrosinistra il vantaggip di vestire loro i panni di araldi dell'Europa, mettendoci noi stessi nella condizione di inseguire... Però, qualche volta, una visione troppo statica dell'Europa così com'è diventa una forma dì rinuncia a immaginare l'Europa come potrebbe diventare. Un freno a farla crescere laddove bisogna scommettere sul dinamismo e sull'innovazione». Esiste o no un pensiero unico europeo? «No, l'Europa oggi è un cantiere, un mondo che si va trasformando. Guai a intendere le istituzioni comunitarie come una sorta di monumento a se stesse. Il centrodestra deve essere più convinto nel sostenerle, ma la sinistra non può arroccarsi in un euro-immobilismo troppo ortodosso e un tantino retorico. In contrasto con le esigenze di cambiamento che ogni giorno l'Europa pone a se stessa per riprendere il cammino verso la crescita». 0 verso la finanza allegra? «Per me resta ferma un'esigenza di rigore nei conti pubbhci. Fa parte dei doveri di un paese che, nei decenni scorsi, ha accumulato un debito pubbhco gigantesco. Ne sente il peso sulla coscienza collettiva, e tanto più ha un dovere verso le prossime generazioni». Qualcuno, nella maggioranza, vuole meno vincoli per tagliare dipiùle tasse... «Cercheremo di fare un uso non elettoralistico delle nuove regole». Nell'ultimo anno di legislatura, tutti i governi sono indotti in tentazione... «Penso che daremo una prova di serietà se, lungo questo cammino, staremo diversi passi indietro. Indietro dalla tentazione, intendo dire». Vari esponenti della maggioranza accusano Prodi di complottare contro gh interessi del paese. Lo crede anche lei? ((Al centrosinistra rivolgo una obiezione pohtica. Non do la caccia ai fantasmi e non vedo complotti contro la patria. C'è un'idea diversa, questo sì». ljjC|(C L'opposizione "" ha votato contro il rifinanziamento della missione e questo va in conflitto con l'elogio degli "elettori resistenti" e con il riconoscimento dell'America d&A di Bush yy Il segretario dell'Udc Marco Follini