Jumblatt: in Libano ci vuole unità Ok al rientro di Aoun di Giuseppe Zaccaria

Jumblatt: in Libano ci vuole unità Ok al rientro di Aoun MENTRE DAMASCO FA SAPERE: IL RITIRO ENTRO IL 31 MAGGIO Jumblatt: in Libano ci vuole unità Ok al rientro di Aoun Il leader druse è pronto ad accettare anche il ritorno del vecchio generale maronita. «Il presidente Lahoud può restare fino al voto» Giuseppe Zaccaria inviato a BEIRUT Nel castello di Muqtara, sulle montagne dello Chouff, per Walid Jumblatt, segretario e padrone del «Partito socialista progressista» la domenica è giorno di ricevimento. Una teoria di postulanti si affolla dalla gradinata fino al grande «diwan», la sala in cui sotto un ritratto equestre del generale Zhukov, difensore di Stalingrado, Walid Beg ascolta i suoi drusi per uno, due minuti al massimo. Poi annuisce spedendoli con un gesto dai suoi segretari oppure scuote il capo per un diniego senza appello. Adesso per esempio sta gridando a un anziano montanaro: «No, tuo figlio l'abbiamo fatto laureare noi e dunque il lavoro se lo cerca da solo». Il fisico è ancora asciutto, gh occhi un po' più in fuori, i capelli più radi e soprattutto le posizioni politiche sempre più inafferrabili e scivolose. Appena ieri dichiarava a giornali e agenzie di mezzo mondo che condizione irrinunciabile perchè si tengano elezioni era che il presidente Emile Lahoud si dimettesse, adesso dice che no, si può aspettare. Un tempo considerava il generale Michel Aoun, esiliato in Francia, un nemico dello Stato da tenere lontano fino alla morte adesso non vede ostacoli al suo rientro in patria e dice che non si opporrebbe neppure ad una sua candidatura presidenziale. Insomma, col progredire dell'età e l'evolversi delle condizioni politiche l'inaffidabilità dell'uomo si è amplificata: anti e filo siriano, anti e filoisraeliano, oggi antiamericano e domani chissà, Jumblatt si appresta a incontrare al Cairo il presidente egiziano Mubarak che potrebbe suggerirgli nuovi mutamenti di strategia. Allora, Walid Beg, la sua richiesta di dimissioni del presidente Lahoud blocca ogni iniziativa politica mentre le auto bomba cominciano a a moltiplicarsi. Cosa pensa di fare? «La mia richiesta di dimissioni resta ferma, nel senso che non l'ho ritirata però gli altri partiti dell'opposizione sono dell'avviso che bisognerebbe agire più in fretta, quindi penso proprio che Lahoud resterà in carica fin dopo le elezioni di maggio, e dopo si penserà a chi nominare al suo posto». A questo proposito si sentono circolare i nomi più incredibili, perfino quello del generale Aoun, l'ex presidente di estrema destra esiliato in Francia da quattordici anni. «I nomi sono numerosi e tutti prematuri, comunque nei riguardi di Aoun non ho preclusioni. Adesso bisogna ritrovare unità politica in un governo di emergenza, dopo si vedrà». Nel frattempo, l'ambasciatore siriano a Londra dice che il ritiro deUe truppe di Damasco sarà completato entro il 31 dì maggio. «Aspettiamo di vederlo ma soprattutto di verificare fino a che punto il Libano sarà desirianizzato. Non dimentichi che la Siria si fonda su un regime baathista, i nostri vicini hanno occupato e inquinato ogni angolo del settore pubbli¬ co, istruzione, sanità, istituzioni economiche...». Sta predicando un intervento di pulizia in tutti i settori deUo Stato? «Sto dicendo che ripulire il Libano dalle incrostazioni siriane sarà più difficile che vedere l'armata di Damasco fuori dalle nostre frontiere. Guardi solo a cosa sta succedendo nei servizi di sicurezza: questi burattini di Assad hanno consentito che in pieno giorni si piantasse nel centro di Beirut una carica espolosiva tale a distruggere interi palazzi, e adesso invece di andarsene sfidano il Paese. Dopo le elezioni non sarà più possibile accettare simili comportamenti». Però lei accetta i comportamenti del partito HezboUah, che non manifesta la minima intenzione dì disarmare le sue schiere. «HezboUah ha difeso il Sud di questo Paese dall'invasione israeliana e dunque ha molti meriti da fare valere, ma soprattutto non può prendere decisioni così delicate sulla spinta della pressione americana sull'Onu. Gh Stati Uniti farebbero bene a lasciare che il Libano prenda le sue decisioni e a non tentare di sostituire un'egemonia a un'altra. Piuttosto, mi sorprende l'atteggiamento della Francia che sembra avere perso interesse verso un Paese con cui pure ha legami fortissimi, ma forse non è più tempo di parlare di Francia o Italia ma di Europa, ed in questo caso devo dichiararmi sospreso dell'apparente disinteresse europeo». Vede altri attentati ai potenti nel futuro del Libano? «Vedo molta tensione e la possibihtà di provocazioni di ogni tipo, per questo è il momento di tenere i nervi saldi e cercare un accordo pohtico che consenta al Libano di superare questa fase. Dopodiché sarà possibile ripartire su nuove basi». Walid Jumblatt ed il suo «Psp» insomma sono come sempre pronti a scegliere schieramenti e strategie in base alla convenienza del momento. Fino a pochi mesi fa il «Beg» dei drusi era l'uomo politico libanese più vicino a Damasco, oggi è vicino a nessuno, domani si vedrà. Quanto alle prospettive di durata del fronte delle opposizioni i figli di Rafik Hariri, leader assassinato un mese fa, hanno appena diffuso strane dichiarazioni nelle quali affermano di essere pronti a lottare per tenere viva la memoria del padre, ma di non essere più disposti a pagare un salato «pizzo» a certi compagni di strada. «HezboUah ha il merito di aver resistito contro gli israeliani. Non possono disarmare solo perché lo dicono gli Usa. Non vogliamo una nuova egemonia» Il leader druso Walid Jumblatt nel castello di Muqtara, sulle montagne libanesi dello Chouff