Mezzanotte, l'ora delle bombe fugge la bella gioventù di Beirut di Giuseppe Zaccaria

Mezzanotte, l'ora delle bombe fugge la bella gioventù di Beirut UNA GENERAZIONE SENZA MEMORIA SCOPRE LA NUOVA «UBANIZZAZIONE» Mezzanotte, l'ora delle bombe fugge la bella gioventù di Beirut Un'auto è esplosa nel quartiere maronita di Jdeide: otto feriti per un attentato misterioso. Ma ormai i politici evitano di comparire Giuseppe Zaccaria inviato a BEIRUT Al venerdì sera la «crème» di quella stessa Beirut che poche mattine fa riempiva piazza dei Martiri sciama ai suoi mai-gini, invade le stradine del divertimento notturno, tenta di scacciare via i giorni del terrore per riprendere l'esistenza di prima. Era più di un mese, dicono, che la capitale non vedeva una notte così, dopo le lunghe sere buie dei controlli polizieschi e deUe strade deserte Beirut sembra tornare aUa vita, dove un tempo passava la linea verde deUa demarcazione adesso scorre l'invisibUe linea che separa il Libano polveroso di sditi e siriani dalla metropoli luccicante delle banche e deUa bella gioventù. Qui c'è un movimento che farebbe invidia aUe capitali europee, ragazzi e ragazze girano con frenesia fra me Monot, Inglisi Street e Saint Joseph, lo schieramento di auto superlusso è inimmaginabile, le piazze della protesta sono a pochi passi ma stasera non si attraversano. D popolo dei rampanti si ammassa fra «Crystal» e «Cuba libre», «Solea» e «Shakespeare» lì dove le discoteche si alternano a «night-dubs» pietrificati in incredibili atmosfere Anni Sessanta, quei libanesi che già pensano di essersi lasciati il Medio Oriente aUe spaUe bevono, si divertono e fanno rumore trabordando nelle viuzze di Acrafieh. Finché, a mezzanotte in punto, tutto si svuota aUa velodtà del fulmine. Pochi minuti e le «hmousines» caricano in fretta le belle ragazze partendo con stridori di gomme, coppie di giovani corrono verso i taxi in attesa, dalla scalinata del «Solea» la gente si rovesda fuori come sfuggendo a un incendio. Non è scoccata l'ora di Cenerentola ma queUe delle bombe, le radio dei tassisti hanno appena data la notizia di un'esplosione in periferia. Dopo queUa di ottobre che mancò Rafik Hariri e l'altra che ha ucciso l'ex premier nel giorno di San Valentino questa è la terza autobomba e tutti fuggono via perchè una generazione senza memoria si avvede con terrore che U nuovo Libano si sta (dibanizzando». La bomba esplosa l'altra notte nel quartiere maronita di Jdeide, ha fatto otto feriti soltanto perchè a queU'ora e in queUa zona tutti erano a casa, la facciata di un'intero palazzo è venuta giù. Non si riesce ancora a capire quale fosse l'obiettivo ma, se è per questo, a distanza di un mese non si capisce ancora né come né dove era stata piazzata la santabarbara che ha fatto schizzare in alto di venti metri l'auto blindata di Hariri. Nel Libano che i siriani stanno lentamente abbandonando e negh spazi vuoti che nessuno mostra ancora di voler riempire tutti dicono di volere «verità» ma neUo stesso momento tutti la temono, se davvero l'indagine deUe Nazioni Unite dimostrasse che a piazzare l'ordigno sono stati agenti siriani mentre i servizi di sicurezza nazionah volgevano lo sguardo altrove la temperatura pohtica si farebbe ancora più rovente. Da un palazzo presidenziale sempre più trasformato in ridotta il presidente Exmle Lahoud, il grande amico di Assad, tenta di riprendere in mano il gioco pohtico chiamando a raccolta i partiti. Avrebbe dovuto partire aUa volta Algeri per l'imminente vertice della Lega Araba ma ha informato gh organizzatori di non potersi muovere «a causa dell'attuale situazione», chiunque abbia ottenuto posizioni dal potere siriano sta bene attento a non abbandonare poltrone che al ritorno potrebbe non trovare più. Lahoud evita apparizioni pubbliche (come tutti i (deaders») scrive comunicati e chiama le parti «affinchè facciano appello alle loro responsabihtà storiche per proteggere i più alti interessi del Libano in questa fase dehcata, aprendo un dialogo immediato e diretto che deve iniziare oggi in qualunque luogo, compreso uPalazzo Presidenziale». Il palazzo però rimane vuoto, l'opposizione non risponde nemmeno ed anzi dal famoso casteUo suUe colline di Muqtara l'immarcesdbUe Walid Jumblatt convoca i suoi drusi ed un manipolo di giornalisti per ripetere che «con Lahoud non può esistere alcun dialogo» ingiungendogli «di dimettersi pri- ma che si si tengano elezioni». Secondo la Costituzione la scadenza naturale sarebbe a maggio, ma nessuno ha ancora fissato a data. Anzi l'appuntamento sembra sempre più a rischio. Da New York, dove da una settimana si trova in visita, il patriarca maronita Boutros Sfeir si comporta come un vero capo di Stato incontrando George W. Bush e stringendo accordi con U segretario generale deUe Nazioni Unite. Con Kofi Annan U patriarca ha concordato che le prossime elezioni vengano sottoposte al controllo di osservatori intemazionali, mentre inoltre avrebbe dichiarato che «non esiste più ragione per cui U partito Hezbollah, che ha contribuito a difendere il Sud del libano daU'invasione israeliana, debba rimanere armato». Per la prima volta un importante gruppo religioso libanese si schiera apertamente per l'applicazione della risoluzione 1559 anche neUa sua parte più controversa, e questo non era del tutto inatteso, come del tutto prevedibile e la risposta del ((partito di Dio», che ribadisce U suo no. Il leader degh sditi Hanan Nasrallah risponde alle indiscrezioni con parole taglienti: «Avrei preferito che ima simUe questione non venisse trattata in questo modo, prima del viaggio americano di Sfeir avevo ricevuto la visita di suoi emissari e avevo ricordato loro che U problema del disanno resta fatto interno libanese. Né gh Stati Uniti né il Consiglio di sicurezza deU'Onu hanno titolo per occuparsene». Tutto fermo, dunque, anzi tutto che ritoma al punto di prima a parte il barometro deUa sicurezza che invece tende sempre più verso il brutto. Da qualche giorno le ((jeep» dell'eserdto improvvisano blocchi suUe vie prindpali e controllano tutte le auto con i mitra spianati, i guidatori sembrano dimenticare la nota passione libanese per il dacson e sopportano le file in modo disciplinato, o forse impaurito, come se il fragore deUe bombe cominciasse a sovrastare U ritmo degh slogans gridati in piazza, il sogno di un futuro d'indipendenza a cedere il passo aU'incubo di un ritomo al passato. Beirut: la scena dell'attentato dell'altra notte vista dall'interno dell'autobomba esplosa. Non ci sono state vittime