Oggi comincia il ritiro dì Israele da Gerico di Aldo Baquis

Oggi comincia il ritiro dì Israele da Gerico L'ANP ASSUMERÀ' IL CONTROLLO COMPLETO DELLA CITTA' TRA UN MESE Oggi comincia il ritiro dì Israele da Gerico Abu Mazen annuncia di voler liberare due leader dell'intifada, poi fa marcia indietro Aldo Baquis TEL AVIV Ad un mese dal positivo vertice di Sharm el-Sheikh Gerico toma oggi sotto il contrailo dell'Anp. Lo na annunciato ieri notte l'esercito israeliano, dopo la soluzione delle divergenze tra le due parti sulle condizioni del ritira. Il trasferimento della città dovrebbe cominciare oggi alle ore 13 e si concluderà in quattro settimane. Per realizzare questo modesto primo passo di cooperazione (la città conta appena 40 mila abitanti ed è considerata la meno importante della Cisgiordania) israeliani a palestinesi hanno dovuto impegnarsi al massimo. Ci è voluta una notte di trattative per travare una soluzione per i tré posti di blocco alla periferia della città: uno resterà sotto controllo israeliano, gli altri due vanno ai palestinesi. Ma ieri per diverse ore il negoziato è stato vicino a una nuova rattura. A destabilizzare la situazione è stato lo stesso Abu Mazen annunciando che, spariti gli israeliani, avrebbe aperto i cancelli del carcere di Gerico per Ahmed Saadat e Fuad Shubaki. Per Israele una provocazione. Saadat (leader del Frante popolare per la liberazione della Palestina) è stato condannato per aver ordinato l'eliminazione del ministra Rehavam Zeevi, un generale amico di Sharan. E Shubaki è responsabile dell'acquisto, su ordine di Arafat, di una nave carica di sofisticate armi iraniane destinate all'intìfada. «Se tornano liberi, in tempo brevissimo saranno nelle nostre mani», ha avvertito il ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz. E il ministro degli Esteri Silvan Shalom ha osservato che la liberazione dei due «significherebbe un incoraggiamento ai terroristi, non è certo questo lo scopo della consegna di Gerico all'Anp». Che sarà poi seguita dalla consegna anche di Tulkarem e di Kalkilya. Ma a quanto pare la sortita dì Abu Mazen era destinata ad altre orecchie: quelle dei delegati palestinesi giunti ieri al Cairo per discutere della trasformazione della «tahadya» (la calma sul terreno) in una «hudna» (cessate il fuoco) con Israe-. le. H presidente cercava dunque di ammorbidire gli elementi più radicali. Che hanno chiarito che l'obiettivo di una tregua di un anno - perorato dall'Egitto - è troppo ambizioso e comunque il loro assenso ad una pace più breve verrà solo in cambio della liberazione di migliaia di detenuti palestinesi dietro garanzie intemazionali. Raggiunto per telefono, Saadat ha detto che si trova in un carcere palestinese destinato a passare sotto l'autorità dell'Anp. Per cui nessuno, a suo parere, può negare ad Abu Mazen il diritto di liberarlo. Ma in serata fonti vicine a Sharon hanno detto che l'Anp aveva fatto un passo indietro. E Israele ha autorizzato finalmente l'incontro fra comandanti di zona delle due parti per gli ultimi dettagli del passaggio di consegne. Il negoziato è termina¬ to nella notte con un accordo, ma lo scontro sui detenuti è stato un campanello d'allarme per gli israeliani. Al capo della commissione parlamentare Esteri e Difesa Yuval Steinitz (Likud) Abu Mazen ricorda «l'Arafat del dopo-Oslo: amichevole ed espansivo con gh israeliani, ma poi in sostanziale connivenza coni terroristi». Lo stesso Sharon ha avvertito che la calma imposta sul terreno da Abu Mazen non basta perché non vengono smantellati i gruppi armati dell'intifada. Ma nei rapporti dell'intelligence Sharon trova anche informazioni di segno opposto: il leader palestinese è riuscito in due mesi a mutare l'opinione pubblica intema, rafforzando coloro che vogliono chiudere la pagina della lotta armata. Pur consci dei rischi, gh analisti militari spronano Sharon a perseverare nel dialogo con Abu Mazen. Perché se dovesse scomparire di scena, Israele si troverebbe privo di qualsiasi interlocutore palestinese di rilievo.