La Siria «arretra» dal Libano di Aldo Baquis

La Siria «arretra» dal Libano DOPO LE PRESSIONI INTERNAZIONALI SEGUITE ALL'ASSASSINIO DI HARIRI La Siria «arretra» dal Libano Annunciato un ridispiegamento delle forze Aldo Baquis TEL AVIV Sottoposta alla pressione congiunta di Stati Uniti, Francia e di diversi Paesi arabi - sull'onda emotiva provocata dall'assassinio a Beirut dell'ex premier libanese Rafie Hariri ii 14 febbraio - la Siria ha annunciato ieri di aver deciso ulteriori ridispiegamenti dei circa 14 mila militari dislocati in Libano. Il viceministro siriano degh Esteri Walid Muallem ha precisato che «gh importanti ritiri effettuati finora e gli altri che avverranno in futuro saranno reahzzati in accordo con il Libano e sulla base degh accordi di Taif», stipulati 16 anni fa. - La Siria non s'impegna dunque a un ritiro totale dal libano (come richiede la risoluzione 1559 delle Nazioni Unite, di sei mesi fa) né precisa i tempi dei suoi ridispiegamenti dalle zone centrali del Paese (in prevalenza cristiano-maronite e druse) verso la vallata delle Beqaa, la cui popolazione è sciita. A Beirut le dichiarazioni di Muallem ha trovato l'immediata comprensione del premier Omar Karameh, secondo cui un ritiro non progettato in maniera meticolosa rischierebbe di destabihzzare il Paese. «Occorre evitare vuoti di potere» ha concordato il ministro della Difesa Abdel Rahim Murad, secondo cui i primi spostamenti di truppe siriane potrebbero essere questione di ore. L'annuncio siriano è arrivato dopo che nei giorni scorsi nuovi e perentori appelli per un ritiro totale dal Libano delle forze siriane (entrate nel 1976, nel. corso della guerra civile) erano giunti da George Bush e Jacques Chirac, nonché da re Abdallah di Giordania. Mercoledì, inoltre, è arrivato a Damasco il generale Omar Suleiman, capo dell'intelligence egiziana, con un messaggio personale di Hosni Mubarak al presidente siriano BasharAssad. Da più parti - in primo luogo dall'opposizione libanese - viene attribuita alla Siria la paternità dell'eliminazione di Hariri. Il leader druso Walid Jumblatt si è detto convinto che la «mente» di quell'attentato sia stato il generale siriano Rustom Ghazaleh, capo dell'intelligence siriano in Libano. Un'altra pista seguita in Libano è che Hariri sia stato ucciso da un kamikaze palestinese (Ahmed Abu Adas) legato ad Abu Mussab alZarkawi. A collegare quest'ultimo all'attentato di Beirut sarebbe il tipo di esplosivo utilizzato. Secondo questa ipotesi gh assassini dello statista, addestrati in Iraq, sarebbero terroristi sunniti entrati in Libano passando per la Siria e poi fuggiti in Australia. I primi risultati dell'inchiesta dovrebbero essere divulgati fra un mese ma già da due settimane nella capitale libanese si respira un'atmosfera di forte ostUità verso la Siria e la settimana prossima le forze dell'opposizione cercheranno di presentare in Parlamento un voto di sfiducia al governo Karameh. Esigono le dimissioni del Gabinetto (considerato succube di Damasco) e il licenziamento dei vertici dei servizi della sicurezza. Ieri, in un'intervista televisiva, un esponente dell'opposizione, Samir Franjyeh, si è detto insoddisfatto dàlie dichiarazioni possibiliste che giungevano da Damasco. «Nel comunicato letto da Muallem - ha notato - manca la precisazione che quel ritiro sarà totale, da tutto il Libano». In Israele gli sviluppi libanesi vengono seguiti molto da vicino. Secondo i responsabili della Difesa l'uccisione di Hariri è stata ispirata dalla Siria mentre sulla sua attuazione esistono ipotesi diverse. «Per quanto riguarda il Libano - ha notato ieri un portavoce governativo - noi abbiamo obbedito alle risoluzioni delle Nazioni Unite nel 2000, quando Ehud Barak completò il ritiro unilaterale e incondizionato. Ora tocca alla Siria fare altrettanto». Ieri Israele ha ricevuto per la prima volta la visita del segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer che ha incontrato il premier Ariel Sharon, i ministri Silvan Shalom (Esteri) e Shaul Mofaz (Difesa) e ha tenuto una conferenza in un istituto universitario di Tel Aviv. Ai dirigenti israeliani de Hoop Schsffer ha confermato che la Nato intende stringere la cooperazione militare con Israele. Ma per ora non si parla di un ingresso dello stato ebraico nella Nato. In un'intervista al quotidiano Haaretz, de Hoop Scheffer ha insistito sul concetto che la Nato non ambisce a fungere da «agente mondiale». La forza d'interposizione nei Territori resta dunque un progetto remoto, la cui realizzazione dipende da un previo assenso del Quartetto (Usa, Russia, Uè, Onu) e dalla firma di un accordo preciso fra israeliani e palestinesi. Se poi le due parti chiedessero alla Nato di inviare truppe, la richiesta sarebbe valutata. ^jJPTripoli MAR MEDITERRANEO /-«Chekka M Batroun Naqour. BEIRUT L I B Sidon, SIRI A .ONAUNOOF I I S R A E L E 'J. In evidenza la valle della Beeka: qui si ridispiegheranno le truppe siriane