«Finalmente mio figlio ha avuto giustizia»

«Finalmente mio figlio ha avuto giustizia» SODDISFATTI I GENITORI DELLE VITTIME «Finalmente mio figlio ha avuto giustizia» «Sicuri che sarebbe finita così. Questa sentenza ci va bene, ma nessuno mai ci restituirà i ragazzi» reazioni dall'inviata a BUSTO ARSIZIO STASERA «bacerò il cuscino di mio figlio, guarderò le sue foto, resterò \mpoco nella sua cameretta». La cameretta è rimasta perfettamente uguale, «tutto come allora», precisa Michele Tollis, che è il papà di Fabio. Non è cambiato niente neanche negli armadi, «ci sono tutti i suoi vestiti, anche il giubbotto di pelle nera senza maniche che usava quando faceva il cantante heavy metal. Ho dei mucchi di felpe, mucchi di magliette... Qualcosa me lo metto io, perché io e mio figlio abbiamo la stessa stazza». Un attimo dopo si corregge: «Avevamo la stessa stazza». Michele Tollis da ore dichiara alle televisioni che «finalmente ha trionfato la giustizia. Mio figlio ha avuto giustizia, ed io ero sicuro che sarebbe finita così». Tiene per mano la moglie, che è stanca e ripete a tutti die questa «è una grande fatica», ma lo fanno volentieri «per la memoria di Fabio» con chiunque chieda loro un commento, due parole, «siete soddisfatti?», «ce lo fa un collegamento?», e loro avanti, con i nflettori in faccia, «La vita in diretta», «Porta a porta», «Chi l'ha visto», un sacrificio mediatico che finisce tre ore dopo la sentenza, e ancora c'è qualcuno che li prega: «Tra due minuti e mezzo abbiamo la diretta, venite per favore?». «Se siamo soddisfatti? Sì, in un certo senso sì. Ma nostro figlio non ce lo rida nessuno. Vi sembra una considerazione banale? E' proprio eoa». E per questo motivo ci si attacca con le unghie ai ricordi, alle felpe, al cuscino che Fabio ha toccato per l'ultima volta la sera del 16 gennaio 1998, perché la sera dopo è andato nel bosco con i suoi amiciadepti e lì l'hanno ammazzato, e sepolto (con un riccio di castagna ficcato in bocca, come ultimo spregio), forse sepolto vivo, in agonia, ima palata di terra dopo l'altra. Sono riti che probabilmente aiutano a vivere, o sopravvivere, testimoniano questi genitori. Il padre di Mariangela Pezzotta racconta che non si può più essere felici, nemmeno nel clima di eccitazione convulsa - le grida, l'esultanza di alcuni, la rabbia - che prende tutti nei giorni delle sentenze di questo tipo. «Io domattina andrò sulla tomba di mia figlia, e le porterò dodici rose rosse». Perché dodici, e perché rosse, ci deve pensare su un attimo: «Le piacevano le rose rosse, mi sembra un atto d'amore. Non so». Gesti. Rituah di autoconsolazione. Servono? Megho del niente. «Le volevo bene. Era mia figlia». Non c'è molto altro da spiegare, infatti, ma Pezzotta si sforza di raccontare ancora qualcosa, e un amico riferisce al posto suo che dopo, dopo la morte della ragazza, trovarono in casa un biglietto che lei aveva scritto qualche tempo primn: «Papà è forte, papà è meraviglioso». Eh, sono fraisi persino banali, ma dopo. quando si hanno le mani vuote, aiutano a tirare avanti. (do a mia figlia le parlo continuamente. La mattina la saluto: "ciao Chiara, ciao topolina, hai dormito bene?". Poi facciamo colazione. Io, mio marito, e lei. La sera andiamo a dormire insieme, tutti e tre». La mattina se la ritrova seduta al tavolo della cucina, e naturalmente questa Lina Marino non è impazzita dal dolore, come qualcuno può pensare. Solo, «non c'è molto aìtro da fare. Che è morta lo so. Mi hanno restituito quattro ossa. So che c'erano dei pezzi del suo cappotto nero, e gli stivali neri. Si vestiva sempre di nero, la mia Chiara». Tanti «mi hanno dato della pazza. La madre di Paolo Leoni, ad esempio. Lui è uno che aspetto al prossimo processo... Lui è il magjiore responsabile, il vero colpevoe. Lui che un mese dopo la scomparsa di Chiara mi ha detto "Lina stai tranquilla. Chiara sta bene"». Chiara era morta, le Bestie di Satana lo sapevano, la mamma di Chiara no, e la pensava «via, all' estero, magari incinta. Per tutti questi anni ho sperato che avesse due o tre bambini, ma viva». Per sette anni «non sono stata creduta. Mi ricordo quella sera che la madre di Leoni mi diceva "tu sei pazza, sei pazza!"». Che cosa ricorda di sua figlia. «Che era buona. Mi telefonava di continuo per dirmi dov'era e con chi era. Io ero preoccupata perché usciva con questo Leoni, e lui era un tipo che faceva delle cose strane». Strane come. «Una volta ha rincorso un tizio nella metropolitana. Sui binari, mentre stava arrivando il treno. Era così. Gh piaceva il rischio, saltare attraverso l'alta tensione. Adesso è in galera, e questo già mi consola. Spero che gh daranno l'ergastolo, glielo daranno?». A casa sua, nel condominio popolare di via Marzabotto, a Coreico, qualcosa è rimasto, qualcosa è stato cambiato. «Ho buttato isuoi dischi, e i Cd. Quella porcheria di musica metal, via nella pattumiera. Poi ho buttato l'altarino che si era costruita da sola, nella sua camera da letto. Le candele nere... via tutto. Ma guardi che Iho fatto prima di scoprire che era morta. Molto prima, quando speravo che fosse diventata mamma, e che quelle cose non le piacessero più». |bru. gio.] Una madre «Spero che a Leoni daranno l'ergastolo Adesso è in carcere e questo già mi consola E' lui che aspetto con ansia al prossimo processo»

Persone citate: Leoni, Mariangela Pezzotta, Michele Tollis, Paolo Leoni, Pezzotta

Luoghi citati: Busto Arsizio