«Oil for Food», due banche mediorientali nel mirino di Paolo Colonnello

«Oil for Food», due banche mediorientali nel mirino ALMENO 24 MILIONI DI BARILI PASSATI DALLE AZIENDE LEGATE AL PRESIDENTE DELLA LOMBARDIA «Oil for Food», due banche mediorientali nel mirino L'inchiesta milanese vuole capire se gli uomini vicini a Formigoni presero tangenti Paolo Colonnello MIUVNO Due banche mediorientali e una società di diritto irlandese. Sono questi gh elementi attorno ai quali gira l'inchiesta milanese su «Oil for Food», il gigantesco scandalo internazionale sulle tangenti pagate al regime di Saddam Hussein montato all'ombra del programma Onu di aiuti all'Iraq prima dell'invasione americana. Sulle due banche, la Franzbank di Beimi e la National Jordan Bank di Amman, sarebbero finiti i soldi versati da un conto di Lugano della Ubs utilizzato dalla Cogep, la società della famiglia Catanese che beneficiò di 24 milioni di barili di petrolio venduti dall'Iraq durante l'embargo grazie ai buoni uffici del presidente della Regione Lombardia, Roberto Fornaigoni. I conti di Beirut e di Amman sarebbero riconducibili a funzio¬ nari della Some,, la società petrolifera irachena controllata da Saddam Hussein, e sarebbero stati alimentati con 943 mila dollari: la tangente, secondo i funzionari della commissione indipendente Onu guidata da Paul Volcher, pagata dalla Cogep per le commesse di petrolio. Una goccia nell'oceano rispetto al fiume di denaro che attraverso il programma Oil for Food sarebbe finito nei conti segreti dell'ex dittatore iracheno e del suo entourage (l'inchiesta ha accertato che ben 266 persone di 52 paesi avrebbero beneficiato del petrolio di Saddam). Ma, per quanto riguarda il versante lombardo delle indagini (un'altra inchiesta è aperta a Livorno sui circa 35 milioni di barili trattati dalla Italtech di Augusto Giangrandi), si tratta di una cifra sufficente per avvalorare l'accusa di corruzione intemazionale che ha colpito finora almeno cinque persone iscritte nel registro indagati della procura, tra cui, appunto, Natalie e Andrea Catanese, padre e figlio, titolari della Cogep. I dati contenuti nella relazione Onu e già anticipati da un'inchiesta del «Sole 24 Ore», sono stati riportati anche in ima relazione della polizia giudiziaria, coordinata dal pm Alfredo Robledo, e depositata l'altro ieri agli atti del tribunale del riesame cui si è rivolto l'avvocato Michele D'Agostino, difensore dei Catanese, per chiedere il dissequestro dei documenti acquisiti dagli inquirenti nel corso di ima perquisizione negh uffici della loro società, avvenuta due settimane fa. Tra le carte al vaglio dei giudici, anche due contratti della Cogep con la Somo ritrovati a Bahgdad nel ministero del Petrolio dopo l'invasione americana: uno dèi 1999 (4 milioni di barili), l'altro successivo al 2000, quando cioè il regime iracheno impose a chi voleva acquistare petrolio ima tangente del 10 per cento sul costo dei barUi. Non ci sono prove che Formigoni e il suo ex collaboratore Marco De Petro (ex onorevole De ed ex sindaco di Chiavari), indicato nelle carte degli investigatori come intermediario tra la Cogep e la Somo, fossero a conoscenza delle tangenti. Però mentre il presidente della Regione Lombardia non è stato ufficialmente coinvolto nell'inchiesta pur avendo firmato delle lettere di «raccomandazione» per la Cogep destinate all'ex ministro degli Esteri iracheno Tarek Aziz -, il suo amico ed ex collaboratore De Petro, che materialmente concluse i contratti, dovrà rispondere della destinazione di quei soldi. Il problema infatti è che per i ((pagamenti in nero», la Cogep si sarebbe servita di una società di diritto irlandese, la Candonly Li¬ mited, registrata a Dublino nel 1991 e con sedi legali nelle Channels Islands e a Cipro. Chiusa nel 1999 e riaperta a Londra da un prestanome di professione, la Candonly vedrebbe tra gli «associati» anche De Petro, che finora ha negato però di avere mai avuto a che fare con essa. Alla Candonly, la Cogep dei Catanese avrebbe pagato su quasi tutte le forniture di petrolio iracheno, una commissione di 3 centesimi per ogni barile di petrolio acquistato: in tutto circa 700 mila dollari, 143 mila dollari in meno di quelli transitati sui conti Somo nelle banche mediorientali. L'inchiesta milanese vuole ora stabilire se oltre alle tangenti «internazionali», assolutamente normali nelle transazioni petrolifere, dei soldi siano potuti tornare anche in Italia. ti presidente Roberto Formigoni l'altro giorno al cantiere della Fiera di Milano