Rogo di Primavalle I pm: fu una strage

Rogo di Primavalle I pm: fu una strage ESCLUSI DALL'INCHIESTA PER ORA PIPERNO, MORUCO E PACE Rogo di Primavalle I pm: fu una strage «Niente prescrizione». Indagati i tre di Potere Operaio chiamati in causa Alemanno: accertiamo la verità prima di un'eventuale soluzione politica ROMA La Procura di Roma ha deciso: il rogo di Primavalle (aprile 1973) è da considerarsi una strage, e quindi un reato che mai potrebbe cadere in prescrizione. Prima, immediata conseguenza: le tre persone chiamate in causa da Achille Lollo (Elisabetta Lecco, Paolo Gaeta, Diana Perrone) sono state iscritte al registro degli indagati e quanto prima saranno interrogate dalla Digos. E' stato deciso di rispolverare il fascicolo processuale, specie gli atti che risalgono alle prime indagini. Saranno acquisiti anche i documenti che nel tempo si sono accumulati in Parlamento, negli archivi della ex commissione Stragi e in quella Mitrokhin. I pm Franco lonta e Salvatore Vitello intendono esaminare le risultanze investigative di quel periodo sotto il profilo dell'ideazione e dell'attuazione dell'attentato e rivedere le testimonianze raccolte. «Risponderò ai magistrati come trent'anni fa», si limita a dire Paolo Gaeta. «Sono comunque tranquillo e sereno». E dunque riparte un'inchiesta su uno dei fatti di terrorismo più sconvolgenti degli Anni Settanta. Sulla posizione di Franco Pipemo (ex capo storico di Potere Operaio), di Valerio Morucci e Lanfranco Pace, invece, denunciati nei giorni scorsi come «mandanti» dall'avvocato della famiglia Mattai, la procura di Roma intende svolgere ulteriori accertamenti prima di decidere se indagarli oppure no. «Achille Lollo - commenta Giampaolo Mattai, uno dei fratelli scampati alla strage, molto soddisfatto di questa svolta - ci ha distrutto la vita, ma ora sono costretto a ringraziarlo perché con le sue dichiarazioni ci sta spianando la strada verso la verità. La mia famiglia ha accolto questa notizia con grande gioia». Anche la destra si compiace di questa decisione della magistratura. Da Francesco Storace («Un atto di coraggio») a Maurizio Gasparri («No ai colpi di spugna») a Gianni Alemanno (alle telecamere di Planet: «L'accertamento della verità deve essere propedeutico a un'eventuale soluzione politica. Il pericolo della strumentalizzazione pohtica c'è sempre ma il problema principale da affrontare riguarda una questione di giustizia»), a Enzo Piagala («Adesso toma tutto. Il livellò di complicità e connivenze istituzionali era altissimo: sia Lollo, sia Alvaro Lqjacono sia Casimirri scappano tutti attraverso lo stesso canale. Il terrorismo in Italia era indotto dai servizi segreti dell'Est per destabilizzare il Paese»). «Ora - dice intanto Francesco Amato, che nel 1973 era giudice istruttore e firmò l'ordinanza di rinvio a giudizio per i tre militanti di Potere Operaio - mi aspetto le scuse da parte di chi mi ha denigrato per anni indicandomi come giudice fascista e come strumento dello Stato repressivo. Da parte di chi, nel '73, scriveva sui muri di Roma "Amato boia" e mi spediva cartoline con sopra scritto: "Da Piazza Fontana a Primavalle, stessi esecutori, stessi mandanti". Ne arrivavano a centinaia. I più zelanti inserivano la cartolina in una busta corredata da cartucce di pistola». Oltre alle minacce, il giudice Amato non può certo dimenticare la massiccia campagna innocentista che si sviluppò con toni molto forti. Campagna condotta in perfetta malafede dai vertici di Potere Operaio. «Se non si può definire copertura - sostiene - si può dire che il confine è molto sottile. Fu tuttavia un'attività che riuscì ad influenzare l'opinione pubblica. A ciò si aggiunga il turbamento del giudice djbattimentale di primo grado per gli episodi di violenza che turbarono l'iter processuale. Da qui l'assoluzione in primo grado degli imputati». [fra. gri.] Paolo Gaeta e Diana Perrone in una foto d'archivio scattata il 18 marzo 1975 durante un'udienza del processo

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