Sogni e chimere dei pittori magiari

Sogni e chimere dei pittori magiari ROMA Sogni e chimere dei pittori magiari Marco Vallerà SCRIVEVA U pittore Lajos Gulacsy, ungherese per noi praticamente sconosciuto (e travestito da Amleto al pianoforte, nelle magnifiche fotografie-tableaux vivants «rinascimental-veronesi»): «H passato è venuto a prendermi. Non il Tempo ebbe infuenza su di me, ma l'illusione». Non sono noti, ma sono utili, questi artisti visionari, del malessere e della morbosità, questi narratori trasognati e maledetti d'un mondo immaginario ed irreperibile (Gulacsy aveva il suo, ribattezzato Na' Consypan, «strana patria, situata tra il Giappone e la Luna, di cui solo io conosco la lingua») sono utili per colmare quei vuoti d'una storia dell' arte lacunosa ed arbitraria, e per capire megho il «genius loci» d'un paese per noi ancora così lontano. Di pittori ungheresi, in fondo, si conosce nella nostra Europa soltanto il voluttuoso Bippl-Rònai, qui assente: ma sono convocati artisti minori ed eccentrici, come il crepuscolare Gulacsy, appunto, Csontvary Koszka, Lajos Koszma, autore di melodie che si calligrafa da solo, in stile Beardsley (che è stato a Budapest, nel 1907, per stingere indelebilmente quel mondo, già propenso alle malizie grafiche. Ed anche il cultore Art and Craft Walter Grane, era venuto, nel 1900, a colonizzare queste terre con la sua devozione ebbra alla «linea»). Da cui illustratrici fantasiose, come Anna Lesznai, che magnetizza agh adulti fiabe imprendibili, ove le farfalle dell'inconscio partono in avanscoperta, per reperire la polvere del sogno (e son magari inconsapevoli della coeva Interpretazione dei Sogni del dottor Freud). Sono comunque gh anni di En tire Ady, poeta morto assai giovane, delirando di chimere, di roghi d'amore, d'ebbrezza e voluttà. Ma anche del Luckas prima maniera (prima di trasformarsi in inflessibile marxista), di Bela Balazs, favolista prima di diventare teorico del cinema, delle serate del Circolo della Domenica (e magari mettiamoci pure il Mandarino Meraviglioso di Bartok). Muoiono tutti giovanissiini: chi suicida, chi morfinomane, Csath diventa psicotico, Gulacsy s'ammattisce in laguna, e viene ricoverato schizofrenico a San Servolo. Ma anche la sua pittura, dopo esser stato paesaggista, visionario ed anti-prospettico, a Roma, Como, Bellagio, s'arena neiputridumi esistenziali di Venezia (non sono ancora giunti i futuristi ad urlare: «Uccidiamo il chiaro di luna»). Provando tutte le temibili maschere del carnevale: si dipinge dandy mefistofeheo, o nostalgico rococò delle Feste Galanti di Verlaine e Watteau, abate luciferino alla maniera di Baron Corvo. La sua pittura fa pensare a Kubin e Bosch. Il fumatore d'oppio di Lajos Gulacsy Sogni Dipinti Roma. Accademia d'Ungheria Orano dalle 9 alle 18 Fino a! 28 febbraio