Quando Venorina ricamava il sonetto

Quando Venorina ricamava il sonetto Quando Venorina ricamava il sonetto Marta Morazzoni IN altri tempi e modi deba scuola italiana, nelle antologie, magari all'ombra ingombrante del cardinal Pietro Bembo, maestro del petrarchismo del '500, riusciva a farsi largo anche il nome di Veronica Gambara. Era una brava poetessa, aveva una beba agilità e una naturale propensione ab'armonia, con quella vena malinconica che il poeta aretino aveva lasciato in eredità ai suoi tardi discepoli. Fu il cardinal Bembo a fare di questo genere di lirica una moda a cui era impossibbe sfuggire: Petrarca era il verbo e forse, in quel 1500 spartito equamente tra grande cultura e grandi guerre, gb toccò, caso unico, di superare in fama Dante! Non c'era modo di pensare un verso che non scivolasse per naturale inclinazione verso la levigatura del sonetto, tranne che uno non avesse la personalità anomala e disubbidiente e riottosa per esempio di Ludovico Ariosto. Ma era un caso raro. Veronica Gambara, donna di rigore, di disciplina, di armonia, scoprì invece che la lezione petrarchista le si attagbava perfettamente. Ne frequentò la voce fin da ragazzina, e non si accontentò di leggerla e impararla a memoria come una canzone; ne individuò la chiave di costruzione, si ingegnò di appbcarla e trovò che aveva la mano e il ritmo giusti, la musica neb'orecehio. Ce la immaginiamo, questa ragazzone «grandis et grossa», di beba intelbgenza e di polsi non sottili (erano abora il segno di una certa aristocratica bebezza), aba scoperta di questa difficbe via negb anni dell'adolescenza, quando la sensazione di essere un po' poeti prende molti, per svanire come neve al sole con l'età deba più affilata ragione. Ma per lei le cose andarono diversamente, non era per così dire un fuoco di pagba quel vigore creativo e non era un'acne intebettuale giovanUe. Certo l'aiutava la condizione privilegiata di nobile discendente di una debe famiglie più altolocate di Brescia, in quel fine '400 città forte e fiorente del ducato di Venezia; l'avvantaggiò la stagione ricca di stimoli culturali e modelli femminili prestigiosi, dalla regina di Cipro Caterina Cornare che teneva corte ad Asolo, alla duchessa Isabella, signora di Ferrara. Queste donne, viste o intraviste tra feste e celebrazioni, parvero a Veronica non tanto delle divinità irraggiungibili, quanto degli esempi incoraggianti. E quando cominciò, non ancora ventenne, ad avere cosdenza o sospetto del proprio valore, d rivolse aba massima autorità poetica, a Pietro Bembo, da cui ebbe l'imprimatur che la consacrò signora deba poesia. Così la chiama Daniela Pizzagalb nel suo libro dedicato con puntuale capibarìtà aba signora di Correggio, il titolo che assunse la Gambara quando nel 1508, ormai ventitreenne, età che a quel tempo sfiorava l'incubo debo dtellaggio, andò sposa al cinquantenne Giberto. E fii una febee intesa e un fiorire di poesia tra sentimento e gratitudine da parte deba non beba sposa ma, a quanto pare, avvenente parlatrice, colta e curiosa del mondo. Ne furono conquistati il galante Francesco I e U meno frìvolo imperatore Carlo V, i due colossi che si contendevano il potere deU'Europa. Dab'osservatorìo ritirato del suo castebo in Emilia, la signora seguiva le cose deba pobtica con un occhio di riguardo ai suoi specifici interessi, e poiché in certo senso era certa che la poesia fosse una forma di comunicazione discreta, ma convincente, la mise in campo anche per attirare su di sé l'attenzione di ehi aveva potere, ma lo fece con eleganza. Virtù rara e poco frequentata. Nel quadro complesso che la Pizzagalli documenta, si riconoscono i tratti del mondo politicamente contorto che fecero del nostro Rinascimento un'epoca tutt'altro che equilibrata; ma vi corre anche una vena sotterranea di avvenimenti privati di piccolo cabotaggio, tra le quali la Gambara donna di governo e la Gambara poetessa si configurano in un gioco di variazioni e di controluce. Non fu a quel tempo la sola donna poetessa, ebbe la compagnia solidale dell'alta figura di Vittoria Colonna, ma fu forse, più deba dama amata platonicamente da Michelangelo, una personalità salda nel concreto da cui la sobevava il piacere poetico, ma senza farle dimenticare la necessità e il gusto di vivere bene e in pace con sé, se appena possibile. La Gambara, artista rinascimentale, discendente di una delle famiglie più altolocate di Brescia, non ancora ventenne ottenne da Pietro Bembo l'imprimatur che la elevò a signora della poesia Veronica Gambara Daniela Pizzagalli La signora della poesia Vita e passioni di Veronica Gambara, artista del Rinascimento Rizzoli, pp. 213, Gì 6.50 BIOGRAFIA

Luoghi citati: Asolo, Brescia, Cipro, Correggio, Emilia, Europa, Ferrara, Venezia