Il nuovo Rumsfeld chiede aiuto alla veccNa Europa

Il nuovo Rumsfeld chiede aiuto alla veccNa Europa IL MINISTRO DELLA DIFESA HA PREPARATO IL VIAGGIO DI BUSH Il nuovo Rumsfeld chiede aiuto alla veccNa Europa «Per battere il terrorismo e per ricostruire l'Afghanistan e l'Iraq ci serve il contributo di tutti. Una nazione da sola non può farcela», dice l'ex falco del Pentagono che fa dell'autoironia sul cambio di linea Marina Verna inviata a MONACO Il tempo delle divisioni e dell'intransigenza reciproca è finito: Stati Uniti ed Europa tornano a sorridersi. «Non sono più il vecchio Rumsfeld che criticava la vecchia Europa», ammicca il capo del Pentagono alla platea della 4Ia Conferenza per la politica di sicurezza - la Davos della Nato e dei suoi strateghi militari - organizzata a Monaco dall'ex consigliere personale di Helmut Kohl, ora presidente di Boeing Germania, Horst Teltschik. «I nostri nemici vorrebbero veliere l'Alleanza Atlantica divisa e irrilevante ..Ma noi sappiamo che la nostra sicurezza collettiva dipende dalla nostra cooperazione e dal reciproco rispetto». Sì, è un Rumsfeld nuovo quello che dice: «Per battere il terrorismo e per ricostruire l'Afghanistan e l'Iraq ci serve l'aiuto di tutti. Una nazione da sola non può farcela». Il segretario di Stato Condoleezza Rice ha appena lasciato l'Europa, il presidente degli Stati Uniti si appresta a venirci - è atteso in settimana a Bruxelles e Mainz - e non sembra ritrovarsi di fronte agli stessi esponenti di quell'Amministrazione Bush che due anni fa decise di fare la guerra a Saddam Hussein nonostante il no di Parigi, Berlino e Mosca. Rumsfeld minimizza le lacerazioni sull'Iraq: «Sono cose che capitano tra amici di lunga data come noi della Nato. Non è certo questa la prima volta. La nostra unità non dev'essere una uniformità di tattiche o di punti di vista. Quello che conta è condividere l'obiettivo». Perché allora gli Stati Uniti danno così scarso peso alla Nato? «E' troppo lenta nei processi decisionali. Ci sono momenti storici in cui si deve agire rapidamente, non c'è tempo per consultare decine di alleati». Sulla Corea del Nord e la sua bomba atomica non una parola. Sull'Iran e il suo uranio arricchito solo diplomazia, niente minacce. La mano tesa di Rumsfeld galleggia però a mezz'aria. Non c'è nessun francese e nessuno spagnolo a stringerla. Almeno non tra i relatori di queste due giornate, dove pure hanno trovato posto il ministro degli Esteri della Polonia e l'inviato speciale del governo giapponese. E il discorso di Gerhard Schroeder - letto dal suo ministro degli Esteri, Peter Struck, perché il cancelliere è malato - è stato durissimo: «La Nato non è più il luogo principale dove i partner transatlantici discutono e coordinano le loro strategie. E il dialogo tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti nella sua forma attuale non rende giustizia né alla crescente importanza della Uè né alle nuove richieste di cooperazione transatlantica». La Germania, è il messaggio, sull'Iraq non ha cambiato politica né la Gambiera: se gli Stati Uniti vogliono la sua collaborazione, dovranno coinvolgerla nelle decisioni. Così come dovranno coinvolgere l'Ue. Se il vecchio Rumsfeld ha cambiato pelle, la vecchia Europa è sempre invece ugual¬ mente coriacea. E l'Italia? Il ministro della Difesa Antonio Martino - invitato a parlare nella sezione «Sviluppo economico e sicurezza» - punta il suo discorso sull'importanza dei commerci: dove le merci non attraversano le frontiere, le attraversano i soldati. La povertà e le disujuaglianze economiche sono il jrodo di coltura del terrorismo». Yaap de Hoop Scheffer, segretario generale della Nato, non dà spazio a tormenti: «L'Alleanza atlantica c'è e non ha bisogno di ossigeno. E' il nostro forum per le consultazioni transatlantiche. Usiamolo appieno. Yavìer Solana, Alto rappresentante Uè per.la politica comune estera e di sicurézza, già pensa a nuovi impegni sul fronte dell'Iran e nel processo di pace in Medio Oriente. Mentre nella grande sala conferenze del Bayerischer Hof -il più bell'albergo di Monaco - va in scena l'alta politica e nella piazza del Municipio i poliziotti fronteggiano una rumorosa manifestazione, nei corridoi si fanno affari: tra gli ospiti di Teltschik ci sono anche molti rappresentanti delle industrie militari e molti mercanti d'armi. Monaco è la città delle grandi industrie belliche - Siemens, Eads, Mtu, Krauss-Maffei - che esportano armi in tutto il mondo. Teltschik ha sempre dichiarato che la conferenza per la politica di sicurezza ha come unico fine la soluzione dei conflitti attraverso il dialogo. Però è un fatto che la Boeing, di cui è presidente, è impegnata in prima linea nella produzione di tecnologia militare e che la cena d'onore di venerdì sera è stata offerta da Eads. La piazza denuncia, ma la sua voce non va lontano: una barriera di poliziotti - cinque uomini per ogni contestatore manganella chi si avvicina alle transenne. «Venite a guastare il soggiorno a Monaco dei signori padroni», era il tam tam su internet dei giorni scorsi. «Saremo tanti, saremo rumorosi». Sono mille, piove e il vento disperde le loro voci. Rumsfeld minimizza le lacerazioni sull'Iraq: «Sono coseche capitano tra amici di lunga data come noi della Nato»