Gli sciiti chiedono una costituzione islamica di Maurizio Molinari

Gli sciiti chiedono una costituzione islamica TIMORI PER UNA DERIVA TEOCRATICA IN IRAQ Gli sciiti chiedono una costituzione islamica Cheney e Rumsfeld: il modello iraniano non prevarrà, Al Sistani e un moderato Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK Gli sciiti in Iraq chiedono di inserire nella nuova Costituzione l'Islam come la fonte prioritaria della legge ma l'amministrazione Bush non teme una deriva teocratica a Baghdad e lascia intendere di avere fiducia nella moderazione finora dimostrata dal grande ayatollah Ali Sistani, suprema autorità rehgiosa sciita del Paese. Ad esprimere la richiesta sulT Islam come «fonte della legge» è stato un comunicato redatto da Ibrahim Ibrahimi, portavoce del grande ayatollah Ishaq Al-Fayad, che è assieme a Sistani uno dei quattro maggiori leader spirituali sciiti (gli altri due sono Bashir Al-Najafì e MohammedSaidHakim). «Tutti gli ulema e la maggioranza del popolo fracheno chiedono all'Assemblea nazionale - recita il testo - di fare in modo che l'Islam sia nella Costituzione permanente la fonte della legislazione, rifiutando qualsiasi legge contraria all'Islam». » I risultati che stanno emergendo dalle elezioni di domenica scorsa preannunciano che là nuova Assemblea sarà controllata dagli sciiti - il cui cartello elettorale potrebbe raccogliere fino a 150 dei 275 seggi - e ciò significa che la posizione dell'ayatollah Al-Fayad è destmata ad avere forte impatto politico. Se fosse accolta sarebbe la legge coranica a regolare norme come quelle inerenti a matrimoni, eredità e diritti delle donne. Ma le reazioni giunte ieri da Washington sono state di grande cautela. Durante un'intervista alla tv Nbc il Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld,- ha osservato che «gli sciiti in Iraq sono iracheni e non iraniani» e che quindi «è improbabile il fatto che finiscano per darsi un governo come quello che c'è in Iran dove un pugno di mullah contra l'intera nazione». Simile il giudizio dato dal vicepresidente, Dick Cheney, rispondendo ad una domanda della tv Fox News: «Credo che gli iracheni abbiano osservato bene come hanno operato gli iraniani in questi anni, rendendosi conto che la teocrazia ha penalizzato i diritti degli individui, non credo che in questo momento ci sia- da temere ciò che sarà contenuto nel testo della Costituzione». Tanto Rumsfeld che Cheney ritengono che l'Iraq seguirà l'esempio di altri Stati musulmani nell'in- eludere i principi islamici nella Costituzione senza per questo diventare una teocrazia. Dietro le affermazioni rassicuranti dei due stretti collaboratori del presidente George W. Bush c'èla convinzione che a pesare alla fine sulla posizio¬ ne degli eletti sciiti nell'Assemblea nazionale sarà la parola di Ali Sistani, che dopo il voto si è dichiarato contrario a nominare leader religiosi a qualsiasi tipo di carica pubblica e che nei mesi scorsi è riuscito a domare la ribellione dell'imam Moqtada al-Sadr a Najaf e Kerbala. Anche le elezioni sono in realtà un frutto dell'opera di Sistani, che ottenne di stabilire una data specifica al termine di un braccio di ferro con gli americani che la scorsa primavera vide scendere in piazza decine di migliaia di fedeli in tutto il Paese. Washington dunque scommette sul fatto che Ali Sistani, ancora una volta, riesca ad imporsi. Se ciò non dovesse tuttavia avvenire e l'Iraq dovesse seguire l'esempio iraniano, ammonisce Rumsfeld, si tratterebbe di un «grave errore». Fra i dati politici emersi dalla consultazione elettorale c'è anche il forte desiderio delle regioni curde di ottenere l'indipendenza. In un referendum informale - svoltosi fuori dai seggi - avvenuto nel Kurdistan iracheno infatti il 98,7 per cento dei quasi 2 milioni di •votanti si spno detti a favore di una totale sovranità, mentre i voti contrarsi sono stati appena 20 mila. L'esito della consultazione ha destato forte preoc¬ cupazione ad Ankara - contraria all'indipendenza per il timore di un contagio politico nelle proprie zone curde - ed è toccato al Segretario di Stato Condoleezza Rice rassicurare il premier turco Recep Tayyip Erdogan sul fatto che «l'Iraq resterà una nazione unificata». La somma fra indipendentismo curdo, istanze religiose sciite e guerriglia sunnita disegna uno scenario di incertezze che impedisce al Pentagono di indicare la data del possibile inizio del ritiro delle truppe. «Non siamo in grado di stabilire oggi quando le forze irachene saranno incondizione di garantire da sole la sicurezza senza il contributo delle truppe della coalizione» ha sottoUneato Rumsfeld. Una folla sciita manifesta a Najaf issando ritratti del Grande Ayatollah Al Sistani