L'arma scandalosa dell'Occidente di Giuliana Sgrena

L'arma scandalosa dell'Occidente TVIEDI0, GIORNALISTE, SOIIDATESSB: UN ESETCITO f EMMINIL^OP^^ DELL'ISLAM' L'arma scandalosa dell'Occidente Sempre più donne in missione nei paesi musulmani analisi NON so quanto ce ne rendiamo davvero conto, ma forse - l'arma più letale, certo la più destabilizzante, che l'Occidente abbia mai inviato nel mondo musulmano sono le sue donne. Donne Occidentali - non solo senza velo, ma senza nemmeno quella metaforica copertura della arroganza della parità dei ruoli che è la modestia. Se c'è un punto infatti in cui la nostra società e quella musulmana divergono al massimo, un punto in cui si può misurare quanto ampia è la distanza fra gli ordini sociali e le sensibilità dei due mondi, questo punto è il corpo femminile. Nel modo come questo corpo è vissuto, abbigliato, regolato si proietta infatti l'intero ordine universale di una società: una riflessione questa che attraversa la cultura Occidentale moderna - da Karl Marx a Gennaine Greer - ma che non è meno vera per la cultura musulmana. Il velo che noi vediamo come azzeramento di individualità, come espressione di una fobia nei confronti del corpo, è in realtà soprattutto la legittimazione di una società a due cittadinanze. Possiamo immaginare il devastante effetto su questa società dell'arrivo nelle sue file di donne che non hanno la mediazione del drappo? L'effetto è non solo devastante dal punto di vista emotivo, è anche sovversivo da un punto di vista sociale. Le donne occidentali che in numero sempre maggiore le guerre hanno portato in questo ultimo decennio dentro U mondo dell'Islam sono dunque un elemento di frizione emotiva altissima, un irritante permanente e senza soluzione: non meravigha che oggi esse stiano diventando sempre più, come i numerosi rapimenti di donne dimostrano, un terreno di battaglia, che miete vittime anche'tra le stesse donne irachene, assassinate soltanto per avere deciso di presentarsi alle elezioni. Il ricordo forse più lontano che c'è nel mondo arabo della esplosione tra le sue fila di una femminilità diversa è la guerra Arabo-Israeliana dei sei giorni: ricordiamo tutti nelle foto in bianco e nero dell'epoca quel contrasto, così incredibile, fra le soldatesse israeliane in minigonna da una parte e gli arabi con copricapo dall'altra. Queste donne cominciarono a circolare fra gli Arabi con quel passo sciolto di chi è cresciuto con la stessa libertà fisica dei maschi, nei kibbntz, e che come i maschi arrivavano al fronte, maniche di camicie arrotolate, pelle esposta abbronzata dal sole: ancora oggi, quelle soldatesse sono nella memoria dei vecchi combattenti palestinesi un'aggressione, un insulto. Dobbiamo passare poi all'Afghanistan, al lungo periodo di sflenzio sotto il regime dei Talebani per ricordarci quanto le donne occidentali siano state delle vere e proprie provocatrici: tutte loro, dalla Bonino che era un leader politico intemazionale, alle semplici dottoresse delle cliniche dei poveri, obbligate per spregio ad adottare comunque il burka. Ma è dopo ni Settembre, dentro le guerre che da quella data hanno avuto origine, che la contraddizione fra donne Occidentali e mondo musulmano scoppia. Piene di donne sono infatti tutte le tre istituzioni che le guerre mettono in movimento: gli eserciti, i medici e la stampa. Arriva così in Afganistan prima e in Iraq dopo - e sull'onda dell'interesse per il Medioriente in tutti gli altri paesi - un'onda al femminile: pantaloni, maniche corte, con quei capelli oscenamente esposti, suggeritori di altre intimità. Ma non solo: sono donne che comandano, che guidano altri uomini. Immaginiamo il passaggio per strada delle bellissime giornaliste della televisione, immaginiamo come possa apparire una donna come la Amanpour, per citarne una per tutte, al centro di un complesso meccanismo di lavoro, regine di una corte che ruota intomo a loro. E pensiamo alle donne medico che toccano tutti i corpi, inclusi quelli maschili. E alle donne nell'esercito: abbiamo valutato forse fino in fondo l'impatto che ha avuto nell'immaginario del mondo arabo il fatto che fosse una donna a tenere il collare dell'umiliazione di un uomo, che fosse una donna a ridere sulla piramide umana di Abu Graib? Gli Americani che quel giochino organizzarono una qualche idea in merito dovevano averla: come si è poi saputo dai dossier del processo sulle torture, una di queste era costituita dal tentare i detenuti espo¬ nendoli a nudità femminili. Donne scandalose. Donne che magari quando lavorano adottano anche loro il velo: ma quel gesto è esso stesso una provocazione perché il loro travestimento è una sorta di dissacrazione, sia pur non voluta, di un simbolo riverito. Certo, questi sentimenti variano da paese a paese, e hanno vari gradi, a secondo di quanto integralista sia la versione dell'Islam che si segue. Ma non bisogna illudersi: il potere della differenza, in questo campo delle sensibilità è al massimo. Non è strano dunque che le donne occidentali possano divenire oggetto di risentimento, disprezzo, odio persino. Non è difficile capire così perché possano oggi divenire esse stesse un oggetto di contendere, un campo di battaglia. Anche perché la diversità suscita sempre un forte fenomeno imitativo: e chi sa dire davvero quale effetto facciano invece queste stesse dontìe Occidentali sull'universo femminile islamico? E se per alcune donne musulmane si rivelassero uh modello? Quali pensieri, quanti pensieri possono dopotutto albergare dietro la mente di una donna senza che un uomo li indovini? Specialmente se quella mente è, ancora più misteriosamente, nascosta dietro un velo. Sec'è un punto nel quale la nostra società e quella araba divergono al massimo è il modo di trattare il corpo femminile Le occidentali provocatrici ma anche modello per le sorelle di quel mondo Il velo legittima una società a due cittadinanze L'arrivo delle «barbare» dal capo scoperto è vissuto come una sfida ai principi che reggono la legge islamica ^':i:::JO'::^ Due immagini di Giuliana Sgrena in Afghanistan, nel 2002

Persone citate: Amanpour, Bonino, Karl Marx

Luoghi citati: Afganistan, Afghanistan, Gennaine Greer, Iraq, Medioriente