«Sei il nostro Karol, ti vogliamo un bene immenso» di Giacomo Galeazzi

«Sei il nostro Karol, ti vogliamo un bene immenso» ININTERROTTA PROCESSIONE DALL'ALBA DI IERI. «CHE IL SIGNORE LO AIUTI NELLA MALATTIA E NELLA SOFFERENZA» «Sei il nostro Karol, ti vogliamo un bene immenso» Intorno al Gemelli una folla di fedeli: così lo sentiamo ancora più vicino Giacomo Galeazzi ROMA Mille ragioni diverse per non mancare, un'unica domanda: «Come sta?». H primo giorno di ricovero di Karol Wojtyla al Gemelli si è trasformato in un raduno improvvisato di fedeli che, alia ricerca di informazioni di prima mano sulle condizioni del Papa, hanno affollato spontaneamente l'ospedale, gremito già da martedì notte di microfoni e telecamere. Auto blu e pellegrini in preghiera sotto la finestra di Giovanni Paolo II. Una giungla di antenne paraboliche e le litanie del rosario. Le tv di mezzo mondo e i canti dei cori parrocchiah. Insomma, più che una degenza, il riflesso di un pontificato «giocai», capace di parlare ai vicini e ai lontani. «Appena ho sentito alla radio che avevano ricoverato il Papa, sono scesa a prendere l'autobus per il Gemelli. Sono 'molto preoccupata: con ((uesto freddo e alla sua età doveva riguardarsi di più...» racconta Maria Fioretti, 74 anni, pensionata della borgata di Torrevecchia, parlando del Pontefice con totale familiarità e sincera apprensione come se si trattasse di un parente stretto. «Venire è il minimo che potevo fare - aggiunge Natalina Branche- si, mentre estrae dalla borsa una foto di Karol Wojtyla - ricordo quando ha visitato la mia parrocchia al quartiere Trionfale: sembrava uno di noi, si è fatto raccontare perfino cosa davamo per merenda ai bambini dell'oratorio. Ora che soffre lo sentiamo ancora più vicino: per me è già santo». Mani alzate al cielo e occhi fissi al settimo piano. «Che il Signore lo aiuti nella malattia e nella sofferenza», prega un seminarista americano. Intorno alla processione dei pellegrini, un andirivieni incessante di autorità. «Le sue condizioni sono in miglioramento - rassicura il ministro della Salute Girolamo Sirchia dopo mezz'ora di visita - siamo più ottimisti oggi di ieri». Medici e pazienti, personalilà politiche e anonimi devoti, religiosi e laici, tutti accomunati da ansia e preoccupazione. Pochi i curiosi, chi ha scelto di esserci, sembra fortemente motivato ad esserci, non è passato da queste parti solo per dare un'occhiata allo stato di assèdio creato dal circo mediatico. «Confido che ce la farà anche questa volta, bisogna lasciar lavorare i medici in pace», taglia corto il governatore del Lazio Francesco Storace all'uscita dall'ospedale. Due suore si alternano in una staffetta di solidarietà. «Siamo tutti con il Papa - spiega suor Maria - gli vogliamo un bene immenso e siamo qui per invocare da Dio la sua guarigione». Una devozione assoluta, che diventa testimonianza. «Dietro la sua malattia - precisa suor Felicita c'è la potenza dello Spirito Santo. In queste ore sentiamo tanto la mancanza del Papa, speriamo che tomi prestissimo in mezzo a noi». Nell'aria un incessante sottofondo di Ave Maria per il Pontefice «perché la Madonna ce lo mantenga. A stringersi attorno al paziente più illustre è l'intera «cittadella sanitaria». Nella cappella della Cattolica, padre Decio dedica la celebrazione della messa (particolarmente affollata) alle sofferenze papali, richiamando alla memoria il precedente ricovero per la frattura del femore destro, quando, al rientro in Vaticano proruppe nel grido: «Deve soffrire il Papa, perché ogni famiglia e il mondo vedano che c'è un Vangelo, direi, superiore, il Vangelo della sofferenza». Fuori la maratona della devozione cresce di intensità. I più «rumorosi» sono, senza dubbio, i giovani di una diocesi australiana. La loro udienza in Vaticano è saltata per l'indisposizione del Pontefice ma hanno voluto ugualmente manifestare la loro vicinanza a Giovanni P510I0 II raggiungendo il GemeUi e improvvisando dei canti sul piazzale del policlinico. «Voghamo fargli sentire il nostro affetto e pregare per lui», spiegano prima di intonare il brano degh Oasis «Wonder wall»: «Ci sono molte cose che vorrei dirti, ma non ne sono capace. Forse sei tu che puoi salvarmi, sei il mio muro delle meraviglie». Anche il sindaco di Roma Walter Veltroni è salito al settimo piano del Policlinico per esprimere al «cittadino onorario» Karol Wojtyla gli auguri della città etema. Chiedono notizie sulla salute del Papa pure i tassisti in fila davanti all'ingresso principale. Per un giorno nell'area di sosta le discussioni sul calcio e la televisione cedono il passo ai discorsi a 360 gradi: la guerra, la fame nel mondo, il dialogo fra le religioni. «Non seguo molto questi temi però mi è venuto di passare - racconta Giusy, 17 anni, appena scesa dallo scooter - in chiesa non ci vado quasi mai ma il Papa mi piace, si vede che crede in ciò che fa». Una coppia di anziani arrivati in treno da Viterbo mettono un cero votivo al riparo dalle raffiche di vento, accanto un bigliettino intestato al «Nostro Karol». Il piazzale davanti al Gemelli gremito di giornalisti e telecamere provenienti da tutto il mondo

Persone citate: Francesco Storace, Giovanni P510i0 Ii, Giovanni Paolo Ii, Girolamo Sirchia, Karol Wojtyla, Maria Fioretti, Walter Veltroni

Luoghi citati: Lazio, Roma, Viterbo