Bertinotti : «Le elezioni non sono state una farsa» di Amedeo La Mattina

Bertinotti : «Le elezioni non sono state una farsa» Bertinotti : «Le elezioni non sono state una farsa» «Il voto degli iracheni sotto le bombe ha aperto uno spiraglio tra guerra e terrorismo». «Giusta la posizione dei Professore» intervista Amedeo La Mattina ROMA LE elezioni in Iraq non sono state una farsa». Fausto Bertinotti non si allinea alle posizioni oltranziste di quei partiti e movimenti che liquidano il voto iracheno come ima messinscena made in Usa. Si smarca da valutazioni negative come quelle espresse da altri comunisti, come Diliberto e Rizzo, che parlano di «truffa mediatica». Anzi, per il leader di Rifondazione comunista «francamente bisogna prendere atto che lì è avvenuto qualcosa di molto importante». Onorevole, è stato fulminato sulla via di Baghdad? «Vede, la pohtica, quando si trova di fronte ad un fatto come questo, ha l'obbligo di indagare e interrogarsi. Quelle donne coperte dal velo, in fila davanti ai seggi, sotto la minaccia terroristica e in un Paese devastato dalla guerra, mi tanno colpito. Devo ammettere che non immaginavo una partecipazione così alta alle urne. Lì, in Iraq, c'è un annuncio di democrazia e dobbiamo guardare a questa forza prorompente che smentisce tantissimi luoghi comuni». Per esempio? «Ad esempio, smentisce che la democrazia sia ima prerogativa dell'Occidente. E bisogna trovare la forza di dire che la demo¬ crazia non è esportabile. Vive neUe società una domanda di cui la pohtica può farsi forte per mettere fuori gioco la guerra». Scusi, ma non è stato l'intervento militare a creare le condizioni del voto? E' stato un bene o un male avere deposto Saddam? «Io dico che è un bene che sia stato deposto Saddam, un male che sia stato fatto con la guerra. E' un bene che ci siano delle elezioni, un male che avvengano in un territorio lacerato dalla guerra e dal terrorismo. Tutta la nostra storia ci insegna che mezzi e fini non sono separabili. Considero irrinunciabile la conquista che una parte della sinistra ha fatto dolorosamente su di se, ritenendo di non potere fare ciò che nel Novecento a volte era accaduto, cioè di giustificare qualunque mezzo pur di raggiungere un fine. Allora, queste elezioni avvengono malgrado la guerra e il terrorismo, perché in quella terra c'era e c'è una domanda di democrazia. E' assurdo dire che, siccome gh iracheni hanno avuto il coraggio, la dignità e la forza di prendere nelle loro mani il volo, allora è bene la guerra. Noi rimaniamo sempre contro la guerra, senza se e senza ma». Quale altra strada c'era? «La strada della dissuasione ad un regime di operare, facendo leva su due elementi che vivevano in Iraq: la domanda soffocata della democrazia e quelle fonne non equiparate al terrorismo che si sono manifestate con la resistenza. Queste risorse potevano essere scoperchiate dalla pohtica. Nella spirale guerra-terrorismo si è aperto invece uno spiraglio che è stato acchiappato dal popolo. Questo spiraglio non può essere merito eh chi invece tentava di soffocarlo». Dunque, non sono state elezioni-farsa come dice una parte della sinistra? «Io dico che queste elezioni non sono state né una farsa né una messinscena. Coloro che hanno partecipato al voto compiono un atto di riappropriazione che va guardato non solo con rispetto, ma anche con riconoscimento perché è un elemento di valore». Veniamo alle dichiarazioni di Prodi: qual è il suo giudizio? «Quella di Prodi è una posizione giusta e utile. Giusta per il Paese, utile per l'opposizione. E' l'idea che si debba auspicare e chiedere una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che programmi il ritiro delle truppe dall'Iraq». Lei, però, è tornato a chiedere il ritiro immediato del contingente militare. Si ripresentano le vecchie divisioni che rendono difficile una posizione comune in Parlamento? «L'Alleanza democratica è un'alleanza tra diversi. Ha ragione Prodi: ogni volta il punto di convergenza va cercato non attraverso l'idea del partito unico che cancella tutte le diversità, ma dentro una piattaforma Il segretario di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti ÉLÉL Adesso bisogna ™^ chiedere subito una riunione del Consiglio di Sicurezza Tutta l'Alleanza si è già presentata una volta in Parlamento con una linea A A unitaria 7^ comune. Fuori da questa piattaforma comune, restano le diversità». Il suo partito presenterà o no una mozione per il ritiro delle truppe? «Questo dipende dal lavoro parlamentare. Faccio notare che nell'ultimo dibattito alla Camera, andammo ad un voto comune su una mozione unitaria». Sottoscriverebbe una mozione che rispecchiasse le parole pronunciate ieri da Prodi? «Ho detto che quella di Prodi è una posizione giusta e interessante, su cui però bisogna lavo¬ rare. Non ci sto a ridurre la pohtica al sì e al no: è un cattivo metodo, mi sembra un modo un po' sbarazzino di discutere di pohtica. C'è stata la posizione di un leader, ora cosa facciamo, andiamo tutti a messa? Meglio dire che è una buona posizione, ora discutiamo della mozione, se dobbiamo discuterla...». Discutere cosa? «Intanto Prodi parla di ritiro delle truppe e di fine della guerra. Poi si può ragionare su cosa significhi forza multinazionale. Per me dovrebbero essere escluse le nazioni belligeranti». Già migliorati i rapporti Usa-Europa Emanuele Novazio ROMA Fra i molti messaggi politici inviati dalle elezioni irachene all'Occidente, quello passato più attentamente al vaglio nelle cancellerie europee riguarda le ricadute sulle relazioni transatlantiche. L'alta affluenza, in condizioni difficili ma che hanno smentito le previsioni catastrofiche della vigilia, aiuterà a rimodularle? Alcuni segnali - in attesa di conferme - sembrano indicare che il voto di domenica potrebbe avviare un nuovo ciclo nei rapporti fra Europa e Stati Uniti e all'interno dell'Ue. E' di ieri la notizia che Silvio Berlusconi parteciperà - l'I 1 febbraio a Barcellona - al comizio del premier spagnolo Zapatero per promuovere il sì al referendum sulla Costituzione europea, in programma domenica 20. In un primo momento erano stati invitati alla manifestazione - alla quale il premier spagnolo attribuisce un significato politico di grande rihevo - soltanto il cancelliere tedesco Schroeder e il presidente francese Chirac, in una riedizione del tanto contestato modello «a direttorio» dell'Unione. (Lo scorso settembre, Zapatero aveva ospitato a Madrid Chirac e Schroeder per discutere di temi europei, e 1118 gennaio la presentazione del nuovo Airbus A380 era stata occasione per uno scambio di opinioni su Patto di stabilità e bilancio europeo fra il rodato terzetto e il premier britannico Blair). La presenza di Berlusconi a Barcellona - certo sollecitata anche dall'entusiasmo con il quale il Presidente del consiglio ha sostenuto e sostiene il Trattato costituzionale, firmato a Roma il 29 ottobre e approvato dalla Camera con una straripante maggioranza bipartisan il 25 gennaio - e un segnale politico e simbolico: la «foto di famiglia» che chiuderà il minivertice interra catalana suggerirà un riequilibrio nelle relazioni fra sostenitori e oppositori della guerra d'Iraq e farà da contrappunto nell'iconografia delle riunioni a 4 alla celebre immagine che ritrae Bush, Aznar, Blair e Barroso alle Azzorre il 16 marzo 2003, vigilia dell'attacco a Saddam. Il cambiamento rappresentato dalle elezioni irachene negli umori pohtici europei è confermato dalla prontezza con la quale Jacques Chirac ha telefonato a George W. Bush all'indomani del voto: «La strategia del terrorismo ha in parte perso. Le elezioni rappresentano un passo importante nella ricostruzione pohtica dell'Iraq», si è indirettamente felicitato il presidente francese con un collega da tre anni oggetto di una metodica disistima a Parigi. Anche questo è un messaggio politico e simboheo: perchè riapre il dialogo diretto fra la Casa Bianca e un Eliseo e perchè ripropone la mediatica «famigliarità» della conversazione telefonica fra due leader da anni visibilmente a disagio in ogni loro incontro. A legare e cementare segnali per ora sparsi ma potenzialmente convergenti sarà la visita che Condoleeza Rice farà in Europa la settimana prossima, una sorta di preparazione del viaggio di Bush a Bruxelles, Mainz e Bratislava dal 22 al 25 febbraio. Il nuovo segretario di Stato farà tappa a Berlino, Roma, Bruxelles e Parigi: e proprio nella capitale francese terrà un discorso dedicato alle relazioni transatlantiche che - si dice a Washington - «traccerà le linee di un nuovo avvio». Quand'era Consigliere per la sicurezza nazionale, Condy Rice aveva tracciato linee differenti per trattare con la «vecchia Europa» ostile alla guerra a Saddam: «Ignorare la Germania e punire la Francia», aveva suggerito a Bush. Il dialogo di Washington con gh alleati più ostili è avviato e a trame beneficio - a Roma - sarà Silvio Berlusconi.