Prodi: sì al ritiro dairiraq, ma con Tegìda deirOnu di Antonella Rampino

Prodi: sì al ritiro dairiraq, ma con Tegìda deirOnu Prodi: sì al ritiro dairiraq, ma con Tegìda deirOnu Casini: «Irresponsabile andar via ora, auspico una convergenza alla Camera» Antonella Rampino ROMA Il via libera di Bertinotti arriva a sera: «Quella di Prodi sull'Iraq è una posizione molto utile». Bertinotti avrà poi modo di articolare la propria riflessione pohtica, ma intanto, alle sette, nell'Ulivo si tira un sospiro di sollievo. Prima che siano le prossime giornate, quando arriverà in Parlamento il voto per il rifmanziamento della missione Antica Babilonia, a rinfocolare gh eventuali venti di guerra nell'Ulivo. Sospiro di sollievo perché, dopo che già sin da domenica sera le sinistre, Bertinotti in testa, avevano cominciato a smantellare quello che Prodi considera «una bella prova di democrazia», ovverosia i quasi otto milioni di iracheni al voto, chiedendo pure conseguenziahnente l'immediato ritiro dei militari italiani, ieri Prodi era sceso in campo. E che aveva detto? «Noi siamo stati coerenti, abbiamo sostenuto sempre la pace». Soprattutto, «siamo uniti nel chiedere che l'Onu predisponga il rientro delle truppe e si impegni in Iraq con una forza multinazionale che garantisca la sicurezza». Perché poi, dice ancora Prodi ai microfoni che gh si serrano attorno, (di problema dell'ordine pubblico in Iraq è serio, importante, e deve essere risolto dalle Nazioni Unite». Ecco, il leader di, coalizione è tornato, e si sente, si vede. Le parole di Romano Prodi arrivano con tempismo a rinserrare le fila dell'Alleanza, e sono le parole giuste. «Ritiro delle truppe», e dunque l'asse che va Mussi a Bertinotti I VERDI; VOTO NEGATO «Niente urne in Italia» m Con un'interrogazione al presidente del Consiglio e al ministro dell'Interno, i Verdi denunciano l'incredibile vicenda del diritto di voto di fatto negato agli iracheni in Italia. «Mentre Berlusconi con toni trionfalistici parlava di successo anche italiano.per l'alta affluenza alle elezioni irachene di domenica scorsa, abbiamo scoperto che pressoché nessun iracheno ospite nel nostro paese aveva potuto votare. Semplicemente perche nessun seggio è stato aperto nel nostro paese, a differenza di quanto è stato fatto negli altri paesi europei. È una vicenda imbarazzante e dai contomi surreali». Così Marco Lion, il parlamentare del «Sole che ride» che ha presentato l'interrogazione, spiega i contenuti della denuncia, «Ci risulta che quasi nessuno dei 21 mila iracheni ospiti del nostro paese - ha aggiunto Lion - abbia potuto votare. Per farlo, infatti, avrebbero dovuto recarsi a Parigi per ben due volte, prima per iscriversi alle liste elettorali e successivamente per votare. Dobbiamo poi considerare che tra gli aventi diritto c'erano non solo gli italo-iracheni e i possessori di carta di soggiorno, ma anche i titolari di permesso di soggiorno, Peccato però - osserva Lion - che, in base alla Bossi-Fini, questi ultimi non possono drcolare oltre i confini nazionali. Quindi avrebbero corso il rischio di non poter più far ritorno in Italia! Oltre il danno, la beffa». L'ex presidente dell'Unione Europea Romano Prodi contento, ma con copertura Onu, formula magica che seda le ansie di quanti, lungo l'asse ampio dei riformisti della coalizione,, di mollare l'Iraq allo sbando non voghono proprio sentir parlare. E sono tanti: soprattutto tra i riformisti diesse, che col congresso alle porte non possono dirla tutta. Oltre a Maccanico. Bianco, Villetti che chiedono un impegno diretto, o almeno un'iniziativa dell'Unione Europea. In serata si aggiunge anche Francesco Rutelli, a sostegno di Prodi, che parla di «fatto straordinario» e chiede che venga data la parola all'Onu. Naturalmente, la formula prodiana crea subito nello schieramento di centrodestra perplessità, che nelle frange estreme e semplificatrici diventa ilarità, avendo il leader del centrosinistra ha anche aggiunto che «noi siamo uniti, anzi imbullonati», mica «come Ja Cdl, che è allo sbando». Per cui, «Prodi ci spieghi bene cosa vuol dire», qua! è la posizione della Gad sull'Iraq, obietta il vicepremier Pollini. Mentre da Oslo, Pier Ferdinando Casini si limita ad osservare che quando, forse già questa settimana se non la prossima, il Parlamento dovrà votare il finanziamento della missione Antica Babilonia, «ci siano convergenze», valutando essere «da irresponsabili parlare oggi di disimpegno dei nostri militari». Prese di posizione autorevoh, alle quali è arrivata la pronta replica prodiana: «Auspico unità delia Gad anche in Parlamento». Parlando ovviamente anche a nuora perché suocera intenda: e la suocera, in questo caso, è Bertinotti che di un solo ritiro non vuol sentir parlare: il proprio, dalle primarie nell'Ulivo. Con ciò, non che anche ieri non si sia compiuta la giaculatoria di richieste, del genere «bene l'Onu, ma via subito i militari», declamate da Diliberto, Cento, Pecoraro Scanio e anche Mussi. Gh è che sullo scenario iracheno rischia di irrompere, nel suo piccolo, il congresso diessino in agenda per questo weekend. Congresso già vinto da Fassino che sarà riproclamato segretario con l'BO per cento del gradimento. Ci sarà però un 20 per cento da spartirsi tra le correnti di Mussi, Bandoli e Salvi. Ma se i giochi son già fatti, non così le prese di posizione, i distinguo e le sfumature : che il voto su Antica Babilonia sia successivo al congresso, quantomeno non aiuta. Anche se potrebbe essere proprio il Polo a togliere le castagne dal fuoco all'Ulivo, ripresentando ai voti la stessa mozione alla quale il 13 luglio scorso il centrosinistra votò compattissimo «no». Proprio quella mozione, scritta pari pari, è rispuntata già ieri in commissione Difesa al Senato, dove verrà votata oggi. La Cdl tende a ripresentare lo stesso scenario, negando ieri all'opposizione in Senato un dibattito sui nuovi scenari che le elezioni aprono in Iraq. Il presidente dei senatori diessini Angius aveva chiesto, com'è ovvio, che il ministro degli Esteri riferisse al Parlamento cosa il governo intende fare nella mutata condizione politica dell'Iraq. Ma Fini non potrà esserci, «ha altri impegni in queUe date», ha detto il ministro per i Rapporti col Parlamento Giovanardi. Dunque, dibattito parlamentare senza Fini. E, almeno per ora, mozione identica a quella del lugho scorso. IL SEGRETARIO Di RIFONDAZIONE COMUNISTA SI DICHIARA SORPRESO DALL'AFFLUENZA Al SEGGI: DOBBIAMO RIFLETTERE