Un sospiro di sollievo nella Green Zone La gente va a votare

Un sospiro di sollievo nella Green Zone La gente va a votare Un sospiro di sollievo nella Green Zone La gente va a votare Il presidente Al Yawar arriva al seggio qualche minuto prima della apertura, l'impazienza è palpabile. Poi, man mano che daJ Paese arrivano notizie di elettori in fila, Sale l'entUSiaSrnOT Ce l'abbiamo fatta reportage Lucia Annunziata BAGHDAD IL gelo, il disagio si scioglie solo nel primo pomeriggio. E' chiaro da una certa ripresa di attività, dalla frequenza con cui i funzionari escono a vedere i giornalisti. Questo è sicuramente il giorno più lungo dentro la Green Zone. Due anni di guerra e tensioni sono oggi al vaglio di qualcosa che nonostante tutte le preparazioni e le azioni - non può essere controllato: la volontà di singoli individui di decidere se uscire di casa, esporsi alla violenza, o al dubbio, e deporre una scheda. Le ore di questa.giornata passano lente. Di certo è partita sotto i peggiori auspici: la mattina è stata squarciata da esplosioni continue, più vicine, più lontane, tutte fanno pensare a uno stato d'assedio della Green Zone, l'area fortificata dove vivono tutti i diplomatici occidentali e lo stesso governo provvisorio iracheno. Solo poche ore fa è stata colpita l'ambasciata Usa, il sanata sanctorum dell'Iraq, e gli americani contano un militare e un diplomatico morto. Negroponte, l'ambasciatore, naturalmente non ha lasciato la zona. Ma - tanto per farvi capire l'atmosfera - gli americani non si sono tenuti il colpo: nella notte della vigilia elettorale, mentre tutti pensavano al voto, hanno risposto. Hanno esaminato tutto il filmato preso dagli aerei-spia senza piloti che tengono sotto controllo la città e hanno identificato il luogo e il momento della esplosione. Hanno anche arrestato sette uomini. A seggi appena aperti l'immagine in bianco e nero dell'attacco viene passata ai media. Il mattinò trascorre così, di un umore sospeso, nella sala dentro la Green Zone approntata per i risultati dalla Commissione elettorale irachena, una grande stanza dove dominano i blu, con perfetto impianto acustico, perfette poltroncine - se si sceglie di non vedere gli alti muri di cemento, i controlli, i soldati armati fino ai denti, si potrebbe essere in qualunque paese europeo. Salvo per la tensione. Il primo a votare in uno dei quattro seggi approntati dentro questa zona per il personale iracheno e quello del governo provvisorio, è il Presidente Ghazi al Yawar. Arriva addirittura qualche minuto prima delle sette, l'orario di apertura . Siede un attimo in attesa che l'orologio compia il suo giro, poi si appresata a votare. E' venuto nel pieno fulgore del costume nazionale: uno di quegli ampi mantelli bianchi, con finiture di fili dorati che partono dalla testa e coprono fino alle mani, regalando eleganza e distinzione anche ai fisici (come il suo) leggermente appesantiti. Al Yawar, coperto dai flash dei fotografi, non riesce a infilare la scheda che è grande come un asciugamano, per accomodare tutti i 111 fra candidati e liste. Finalmente capisce che deve piegarla, e solo dopo aver votato si rivolge alla stampa con un sorriso. E' facile leggere queste esitazioni con la scheda come lo specchio delle sue difficoltà. Sunnita, capo del paese, vota per un processo elettorale che la maggioranza dei Sunniti non vogliono. Stretto fra la sua convinzione di dover lavorare con gli americani e il rischio di rimanete isolato, ha giocato in questo periodo elettorale tentando di coprirsi da entrambi i lati. Nelle ultime ore prima del voto ha fatto dichiarazioni contraddittorie, affermando prima che pochi voteranno, poi cambiando opinione: un modo per dire un po' di tutto. Però arriva a votare , per primo, in costume arabo formale: è un gesto che questa mattina lo impegna pienamente agli occhi di tutti; è un invito e un incoraggiamento ai sunniti, chiaro come mai prima. Per ore comunque tutto quello che si vede è il vuoto della città e tutto quello che si sente sono le esplosioni. Dal Nord arrivano notizie che i seggi non sono ancora pieni; da Bassora arrivano notizie più ottimiste sull'affluenza, ma ci sono anche notizie di violenza. Terrà Bassora o sarà anche lì una carneficina? Vota a mezza mattina il Primo Ministro Allawi. Lui, sciita, a capo di una coalizione mista, arriva vestito alla Occidentale - non si sa se per caso o convinzione - anzi come un funzionario di Washington: pantaloni kaki e blazer blu. Vota e poi lascia i commenti a un suo assisten- te: «Il voto del presidente e del primo ministro sono molto importanti: sono l'invito a tutti i cittadini a votare», dice l'uomo. Ma il tutto appare ancora freddo, incerto. Poi ancora una volta, come spesso accade, è la stampa a registrare i primi cambiamenti. I giornalisti arabi, iracheni, gli unici che davve- ro girano per Baghdad, e le telefonate dalle varie città dell'Iraq, dai vari quartieri di Baghdad cominciano a dire che, insomma, il voto comincia ad andare bene, in molte zone del paese; nel Nord Curdo e nel Sud Sciita si stanno addirittura formando file. Piano piano cominciano ad arrivare anche notizie dalla città: si vota, si sussurra, si vota in molti quartieri, incluso Kadhamya un quartiere misto sunnita e sciita, e in Sadr City, dove si temeva che gli sciiti radicali vicini a Muqtada Sadr non avrebbero votato. Arrivano voci di voti persino dentro le città maledette, si vota a Mossul, c'è persino chi vota a Fallujah, si contano qualche migliaio di schede. Alla fine arriva un primo un dato: 72 per cento di affluenza. L'entrata del portavoce della Commissione è veloce, non spreca aggettivi ma il sollievo è evidente. C'è sorpresa: 72 per cento è tanto più di quanto ci si aspettasse. Persino il governo comincia a sbilanciarsi, parla ora di una affluenza al di sopra delle ispettative. Ma è presto, e i dati cambiano ancora: il nuovo è un rotondo 60 per cento. Il nervosismo per l'oscillazione è evidente, ma la maggioranza netta alla fine si assesta. Certo, c'è ancora bisogno di tempo per essere certi. Ma il consigliere dell' Onu.presso la Commissione elettorale, Carlos Valenzuela, getta il suo peso a favore di questa percentuale: «L'affluenza pare buona», rassicura. Da Washington arriva la prima dichiarazione di celebrazione da parte di Condoleeza Rice nelle sue nuovissime vesti di Segretario di stato. Nonostante tutto, qui a Baghdad la giornata non finisce tra celebrazioni: da fuori continuano ad arrivare echi di esplosioni, un C-130 inglese è stato abbattuto sulla città. E la guardia nella Green Zone non è stata mai abbassata: si aspetta ancora, prima della notte forse, «The Big One», il grande colpo, l'attacco serio. Quello che, comunque, nonostante le minacce, non è per ora arrivato. Tutto regolare nel turbolento quartiere sdita di Sadr City Persino a Falluja si conta qualche migliaio di schede II consigliere dell'Onu presso la Commissione elettorale Carlos Valenzuela conferma «L'affluenza è buona» Una lunga coda di gente in attesa di votare ad Az Zubayr, nel Sud sciita rPmà'amare nella Gf^nZSnegaàt^tpresiiaeritè iracheno ArVawà? effe sfoggiava un vestitada cerimonia arabo